Il racconto

Vedi Roma, poi Napoli: Fico come Zingaretti. E Manfredi sbuffa tipo Gualtieri

I giallorossi alla prova del Vesuvio: i grillini sono pronti alla faide interne. Lo scranno più alto di Montecitorio fa gola a molti

Simone Canettieri

Pd e M5s rischiano il patatrac come nella Capitale. Il presidente della Camera tentenna come il governatore del Lazio, ma Di Maio lo spinge. Se salta l'ex ministro ecco Amendola

Occhio a Napoli. Storia divertente. Per Pd e M5s, e dunque per Letta & Conte, si prospetta un altro pasticcio. Un’altra Roma. Il bis. In più: qui siamo nei feudi di Luigi Di Maio e Vincenzo De Luca, non secondari. In sintesi: il presidente della Camera Roberto Fico segue le orme di Nicola Zingaretti. Cioè: è il miglior candidato sulla piazza, tiene tutti sulla corda, ma è pronto al “no, grazie”.

 

E così, piano B: il Roberto Gualtieri partenopeo è Gaetano Manfredi, anch’egli ex ministro. Piace a Conte, ma non a Di Maio.  
Manfredi, che è ritornato tra i suoi studenti dell’Università Federico II, deve aver letto le ultime cronache romane sul Campidoglio. E così inizia a farsi qualche domanda. E soprattutto a darsi qualche risposta: non sono una ruota di scorta, non mi ficco in mezzo alla guerra dei grillini, ho una carriera universitaria adamantina e, soprattutto, mi venite a cercare adesso, ma quando c’era da formare il governo Draghi dove eravate? Seguirebbe un salutame a soreta generale.

 

Ma siccome Manfredi è un signore in serata manda una nota in cui dice che declina l’invito come candidato e poi entra nel merito. E spiega che servirebbe una legge speciale per la città. Le casse comunali, dopo la cura De Magistris, sono scassate: 5 miliardi di passivo. “Al momento la mia disponibilità, in queste condizioni – scrive Manfredi - sarebbe inutile perché non potrei fare quello che credo si debba fare: rispondere concretamente alle aspettative dei napoletani”. 


Letta, che si trova a Parigi per sbrigare un po’ di faccende dell’istituto Jacques Delors di cui è presidente, spera in un ripensamento. Giuseppe Conte, che si trova a Roma alle prese con le cause contro Davide Casaleggio, prova a dare un verso a questo ennesimo caos. Ovviamente tutti fanno ammuina.

 

Bisogna ripartire da Fico: il presidente della Camera, inviso a Vincenzo De Luca che di lui cose non proprio lusinghiere, sulla carta non ha rivali a Napoli. Ma non si vuole candidare, nonostante ci abbia pensato eccome e si sia fatto una chiacchierata anche con il ministro dell’Economia Daniele Franco. Argomento: i conti dissestati del comune. Come Zingaretti, il grillino rosso teme per quello che potrebbe accadere per la sua successione.

 

Eleggere il presidente della Camera – il voto è segreto – diventerebbe una partita ingestibile. Un campo di esercitazione per franchi tiratori e manovre a favore del centrodestra. Quando si parla di queste cose, tutti i deputati nel cortile di Montecitorio si guardano e in coro ripetono una parola sola: Renzi. Meglio non rischiare, pensa Fico. La cui permanenza, raccontano fonti del Pd, sarebbe (condizionale d’obbligo, dal M5s sostengono il contrario) anche motivo di serenità per il Quirinale. 


Il maggiore sponsor del sindaco Fico si chiama Luigi Di Maio, una volta l’arcinemico, ma adesso come “un fratello”, dice il ministro degli Esteri. Che se riuscisse nell’operazione avrebbe una postazione da trattare (Conte sta pensando a Rousseau) e soprattutto in prospettiva non si ritroverebbe in più un competitore interno tra i piedi. Telefonata di una deputata M5s: “Giggino tiene sempre la seconda e terza mossa incorporata”. 

 

Chissà se Fico sa queste cose. Comunque, per il momento, si tiene defilato. E accoglie e rilancia il grido di dolore di Manfredi. Si affaccia anche Conte: rilancia il patto per Napoli, dice di voler aiutare tutte le altre città metropolitane in difficoltà e annuncia che con il Pd “costituiremo un fronte ampio, che permetterà a persone di valore, come nel caso di Manfredi, di restituire a Napoli i doni ricevuti”. 

 

Mentre tutti dicono così Valeria Ciarambino, zarina di Di Maio in Campania, dichiara a favore di Fico. Nel Pd Francesco Boccia chiede la disponibilità a Enzo Amendola, sottosegretario agli Esteri. Per oggi c’è da convincere Manfredi, il Gualtieri di Napoli. C’è materiale per Eduardo. 
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.