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Domande a Veltroni

Paolo Cirino Pomicino

No, non convince la versione dell’ex leader Pd su Moro e la storia interrotta del PCI

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Qualche giorno fa Walter Veltroni, dopo una serie di interviste in particolare alla sinistra Dc e ad autorevoli socialisti, ricorda sul Corriere della Sera come l’uccisione di Moro abbia interrotto un grande disegno politico che, a suo giudizio, era il compimento della democrazia compiuta con l’arrivo del vecchio Pci al governo del paese o in alleanza o con la democrazia dell’alternanza. Restiamo sgomenti da questa ricostruzione postuma. Aldo Moro era il teorico delle cosiddette convergenze parallele, convergenze che appunto non si sarebbero mai incontrate nel governo del paese ma che potevano collaborare in momenti drammatici per tutelare la Repubblica e le sue istituzioni. Il governo della solidarietà nazionale, infatti, non fu una scelta ma una necessità, visto che dopo le elezioni politiche del 1976 nessuno dei partiti laici e socialisti volevano partecipare al governo con la Dc ma tutti volevano che la Dc governasse da sola per le garanzie che essa dava, in attesa delle decantazione delle tensioni interne di tutti gli altri partiti. Una solidarietà peraltro legata a tre grandi questioni che affannavano il paese. Il terrorismo brigatista, la crisi economica (per avere un prestito dalla Bundesbank dovemmo dare in pegno l’oro della banca d’Italia) e l’inflazione a due cifre. Di qui l’appello al senso dello Stato cui non potevano che rispondere affermativamente le forze costituenti della Repubblica, comunisti compresi. Una fase transitoria, dunque, cui sarebbe succeduto il ripristino della dialettica tra maggioranza e opposizione. La morte di Moro accelerò questo sbocco che era peraltro nell’ordine naturale delle cose. Noi crediamo che l’intelligenza politica di Veltroni debba misurarsi storicamente su altre vicende come ad esempio il ritardo politico del Pci che ancora a quell’epoca era strettamente legato con l’URSS di Breznev, anche se con posizioni dialettiche. Quel ritardo di 15 anni fu drammatico per la storia politica della sinistra italiana e qualcuno del Pci dovrebbe spiegarci perché dovettero attendere la caduta del muro di Berlino per abiurare una ideologia autoritaria che nel mondo aveva creato solo miseria, morte e oppressione. Non basta ripetere il ritornello che i comunisti italiani erano diversi. Certo che lo erano, anche perché c’era una maggioranza democratica guidata dalla Dc che avrebbe impedito qualunque avventura, ma quel che nessuno spiega è perché nel 1989 Veltroni e tutti gli altri erano ancora comunisti, così come nessuno spiega perché dopo il congresso di Rimini del 1991 i comunisti rinunciarono ad essere ancora tali ma non si sono mai dichiarati socialisti né in Italia né in Europa. E qui il ritardo è di cento anni esatti. Affidare ai vinti la storia di questo paese più che un errore è una tragica comicità. Forse è giunto il momento di chiedere noi a Veltroni una lunga intervista sine ira et studio. Nell’interesse del paese e della sua dignità storica e politica.

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