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Il patto del tritacarte

Le "cartelle pazze" del Dl Sostegni: asse M5s-Lega contro Pd

Si chiude venerdì in Cdm ma è scontro sulla natura dello stralcio

Carmelo Caruso

Laura Castelli e Claudio Durigon da una parte e il Pd dall'altra. E' divisione sulla cancellazione delle cartelle. Per la sinistra apparirebbe un condono: "Servono criteri selettivi". Intanto ciascun ministro rivendica sostegni per la sua parte

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Roma. Si sono divisi per la prima volta perché per  Lega e  M5s non è altro che uno “stralcio necessario” mentre per Pd, Iv e Leu non può trasformarsi in un “condono indiscriminato”. I partiti di governo si contendono “la cancellazione delle cartelle” che è la materia incendio: la carta e il fuoco. Alle 17 di ieri, i capi delegazione non conoscevano ancora il testo del decreto “Sostegni” che il ministro dell’Economia, Daniele Franco, non ha voluto condividere se non con Roberto Garofoli che è “l’uomo ci pensa lui”. Arriverà nel Cdm convocato per domani dove si vuole davvero chiudere e dove si sperimenterà la novità vecchia. C’è infatti un asse Lega-M5s che è un inedito edito. E’ il patto del “tritacarte”. Non è vero che la misura dello stralcio è una misura condivisa da tutti i partiti come si è provato a dire fingendo. C’è una separazione di identità che è anche  di parole.

 

“Rottamazione” o  “sanatoria”? Per il Pd, ad esempio, questo sostegno, nella variante gialloverde, sarebbe più la seconda che la prima. E nessuno nel Pd nega che la stessa misura era stata annunciata durante il governo Conte II, ma “quella era uno stralcio selettivo e non tombale a differenza di questa”. Era stato l’ex sottosegretario Antonio Misiani a lavorare a “un intervento per arginare una montagna”. E raccontano infatti che ci fosse alla fine lui dietro alla posizione che ha tenuto il Pd, “caro presidente, ragioniamo almeno su qualche criterio di selettività”.

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Ieri pomeriggio, di fronte a Draghi, c’erano Andrea Orlando, Giancarlo Giorgetti, Renato Brunetta, Stefano Patuanelli, Elena Bonetti e Roberto Speranza. Tutti hanno cercato risorse per i propri ministeri e non c’è nulla di male, anzi. Franceschini, da fuori, chiedeva di riaprire il dl “Sostegni” e inserire ristori alla Cultura. Garavaglia prometteva una misura ad hoc per la montagna. La ministra Bonetti chiedeva di estendere il voucher baby sitter per chi opera in smart working. Ma è al ministero dell’Economia che il decreto si scrive e in quelle stanze, tolto il ministro, sono solo due i rappresentanti politici con potere di interdizione e intervento.

 

E’ accaduto quello che molti nel Pd prevedevano. Si è ricostruita una speciale intesa gialloverde che ha in Laura Castelli e Claudio Durigon i due protagonisti. Sono l’una viceministra dell’Economia, l’altro sottosegretario. Appartengono a due partiti diversi ma non troppo e condividono la stessa urgenza: la cancellazione di tutti “i ruoli”, cartelle non saldate fino a 5.000 euro. 15 anni di crediti (dal 2000 al 2015) uno stralcio che include bolli e multe ma che secondo l’altra sottosegretaria all’Economia, Cecilia Guerra serve a poco: “Perché se non si garantisce una riscossione efficiente non ci sarà mai un efficace sistema tributario”.

 

Sono circa 50 milioni di cartelle. E’ un tema popolare e trasversale. Non è un azzardo in questo caso provare ad allargare. FdI perché non dovrebbe applaudire? Un parlamentare della Lega l’ha suggerito come provocazione ma non troppo: “Se Il Pd non ci sta c’è sempre FdI”. Nella Lega c’è la convinzione di incassare un successo che è poi la ragione che spinge il Pd a prendere le distanze. Il cattivo esempio dato, far passare l’idea che è meglio non pagare, ma soprattutto il timore che la Lega si intesti e rivendichi la più grande operazione di “ecologia delle sofferenze” sono tutti motivi che ieri hanno spinto Orlando a chiedere un ordine nel disordine.

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Luigi Marattin di Iv e presidente della commissione Finanze dice che “fino a quando si discute se cancellare si perde solo un’occasione”. Il problema è “il magazzino” dell’Agenzia delle entrate. Su 987 milioni di crediti fiscali ben il 91 per cento è inesigibile. Deceduti, aziende fallite. Di fatto sono crediti già cancellati. Hanno ragione dunque Lega e M5s? “Eh no, io non cancello tutto. Mi concentro su quello che posso riscuotere, il 9 per cento” risponde Marattin che ci aveva pure provato nei lavori preparatori dell’ultima legge di bilancio. E significa che si ripropone la solita contesa fra “condono cieco” e “condono mirato”. Meglio il fiammifero o il falò? C’è un impegno per lo scostamento di bilancio di 32 miliardi di euro e potrebbe non bastare. Lo chiamano ancora “testo aperto”. Fino a domani si proverà a fare entrare tutto quello che ci può stare. E non stare.  
 

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