L'intervista

"La sospensione di AstraZeneca è stata ingiustificata". Parla l'ex capo di Ema

I casi in Germania, Inghilterra e l'effetto domino

Carmelo Caruso

"L'effetto emotivo peserà. I casi sospetti non giustificavano un blocco così eccessivo. Difetto di comunicazione. Decisione in parte politica", dice Guido Rasi. "Io farei AstraZeneca anche domani"

Sospendere la vaccinazione AstraZeneca? “I casi sospetti registrati in Italia non giustificavano la sospensione”. Germania, Francia, Spagna e infine noi. Cosa è accaduto? “Si è scatenato un effetto domino a livello europeo che avrà  un impatto emotivo e che genererà insicurezza. Non si interrompe una campagna in questo modo”. La decisione è stata politica o scientifica? “C’è stata una componente politica ma a mancare è stata soprattutto una comunicazione adeguata”. Ex direttore di Aifa,  Ema, l’Agenzia europea per i medicinali. Il Foglio intervista Guido Rasi.


Professore, chi non si ammalerà di Covid si ammalerà dunque di paura? In sede Ema i nostri rappresentanti Aifa avevano approvato il vaccino e il voto era stato unanime. Poi la marcia indietro. Si erano forse sbagliati? Gli italiani che adesso rinunceranno saranno più di quelli che si contageranno di Covid? “Di sicuro è un episodio che andrà gestito e meglio di come è stato gestito. E’ un episodio che ha minato, non c’è dubbio, la capacità di comprensione sugli effetti dell’immunizzazione. Anche l’emotività ha un costo”. E infatti, per Rasi, “è mancata una faccia istituzionale che spiegasse e motivasse agli italiani questa scelta repentina di interrompere la campagna AstraZeneca”.

 

In Germania, su un milione e ottocentomila vaccinati, i casi di trombosi sospetti sono stati sei. L’agenzia tedesca che vigila sui farmaci non ha suggerito di fermare la campagna. Lo possiamo dire per aiutare a capire meglio? “Non solo lo possiamo, ma lo dobbiamo dire”. C’è la sensazione che la politica, i governi, abbiano scavalcato degli organi come Ema, Aifa che sono agenzie scientifiche, imparziali. Era possibile farlo? “E’ tutto legittimo. Nessuno ha scavalcato nessuno, ma nello stesso tempo è corretto precisare che l’Ema non ha consigliato di sospendere”.

 

Funziona in questo modo: ogni agenzia nazionale del farmaco adotta quanto indica l’Ema. E’ l’Ema l’organo più alto. Le agenzie nazionali possono solo varare misure più restrittive come del resto è avvenuto qui con Aifa. Ieri l’Ema ha ribadito, ancora, che i “benefici sono maggiori degli effetti collaterali del vaccino”. Servirà una campagna per ricordarlo? “Sì, così come andrebbe ricordato che siamo di fronte a una malattia reale contro dei rischi ancora assolutamente non dimostrati. Il potenziale di rischio è un caso su 300 mila. In Italia non c’è neppure un caso che può essere collegato alla somministrazione della dose. Sappiamo invece, e con certezza, che chi rinuncerà al vaccino è candidato ad ammalarsi e morire per le cause del virus”.

 

Nessuno pensa che i casi sospetti non vadano studiati ma per Rasi “è il solito dilemma che esiste fra la caduta di un albero e l’incendio di una foresta intera”. E’ stato eccessivo, imprudente, prendere questa decisione da parte di Aifa e governo italiano? “Sono uno scienziato e ragiono sui numeri. Con i numeri in possesso, parlo di quelli che oggi è possibile scorrere, posso dire che è stata una misura che giudico molto forte. Forse troppo forte”.

 

In Inghilterra sono stati vaccinati ben 24 milioni di anglosassoni e il sessanta per cento ha ricevuto la dose AstraZeneca. Vigilano quindi meno di noi? “Per niente. E’ la nazione che ha inventato la farmacovigilanza. Ha registrato un importante calo di morti per Covid e di ospedalizzati. Non vigilano meno di noi, lo assicuro”. Professore, lei accetterebbe una dose AstraZeneca? “Anche domani, meglio subito. Per me, mia moglie e i miei figli”. Supereremo anche questa? “Può essere una lezione. Un’interruzione utile ma solo se serve a controllare l’automobile e riprendere questo viaggio lungo e difficilissimo”.
 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio