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Il Garante della privacy certifica l'ennesimo fallimento di Tridico a capo dell'Inps

Luca Roberto

L'Autorità garante della privacy ha sanzionato l'Istituto di previdenza con 300 mila euro per le violazioni nella raccolta e nel trattamento dei dati dei beneficiari del bonus alle Partite Iva (in seguito allo scandalo furbetti)

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Non bastava la figuraccia per la gestione fallimentare del bonus da 600 euro alle Partite iva: quello che ad aprile dello scorso anno mandò in tilt il sito dell'Inps, esponendo i dati sensibili di migliaia di persone alla navigazione casuale sulla piattaforma. E che l'istituto di previdenza diretto da Pasquale Tridico giustificò con una mai provata intrusione di un gruppo di hacker. E neppure bastavano le polemiche per l'erogazione, sempre del bonus 600 euro, a parlamentari, consiglieri comunali e regionali, che al presidente dell'Inps fece dire, sulla difensiva: “Non sono stato io a rivelarlo, ma una gola profonda”. L'ultimo capitolo delle disfatte dell'istituto di previdenza al cui vertice siede l'economista di riferimento del Movimento 5 stelle è la multa da 300 mila che l'Autorità Garante della Privacy gli ha inflitto oggi. Proprio per la gestione opaca nel rintracciare chi avesse davvero i requisiti per accedere a quel bonus, e correre ai ripari dopo che lo scandalo era montato, nell'agosto scorso, a ridosso del referendum sul taglio dei parlamentari che proprio sulle pulsioni anti-politiche aveva fatto leva.

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Non bastava la figuraccia per la gestione fallimentare del bonus da 600 euro alle Partite iva: quello che ad aprile dello scorso anno mandò in tilt il sito dell'Inps, esponendo i dati sensibili di migliaia di persone alla navigazione casuale sulla piattaforma. E che l'istituto di previdenza diretto da Pasquale Tridico giustificò con una mai provata intrusione di un gruppo di hacker. E neppure bastavano le polemiche per l'erogazione, sempre del bonus 600 euro, a parlamentari, consiglieri comunali e regionali, che al presidente dell'Inps fece dire, sulla difensiva: “Non sono stato io a rivelarlo, ma una gola profonda”. L'ultimo capitolo delle disfatte dell'istituto di previdenza al cui vertice siede l'economista di riferimento del Movimento 5 stelle è la multa da 300 mila che l'Autorità Garante della Privacy gli ha inflitto oggi. Proprio per la gestione opaca nel rintracciare chi avesse davvero i requisiti per accedere a quel bonus, e correre ai ripari dopo che lo scandalo era montato, nell'agosto scorso, a ridosso del referendum sul taglio dei parlamentari che proprio sulle pulsioni anti-politiche aveva fatto leva.

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Nel comunicato diffuso in mattinata, il Garante scrive che alla base della sanzione comminata ci sarebbero la “mancata definizione dei criteri per trattare i dati di determinate categorie di richiedenti il 'bonus Covid', un uso di informazioni non necessarie rispetto alle finalità di controllo, il ricorso a dati non corretti o incompleti, un'inadeguata valutazione dei rischi per la privacy”. L'autorità, insomma, rimarca come pur sussistendo l'interesse pubblico rilevante nello svolgimento dei controlli da parte dell'Inps, quest'ultimo non abbia agito predisponendo un corretto trattamento dei dati. “Dopo aver acquisito da fonti aperte i dati di decine di migliaia di persone che ricoprono incarichi di carattere politico, l’Istituto ha effettuato elaborazioni e incroci tra i dati di tutti coloro che avevano richiesto il bonus con quelli dei titolari dei predetti incarichi. Ciò senza però aver prima determinato se ai parlamentari e agli amministratori regionali o locali spettasse o meno tale beneficio, anche in considerazione delle differenti caratteristiche delle cariche ricoperte. In questo modo l’Inps ha violato i principi di liceità, correttezza e trasparenza stabiliti dal Regolamento Ue in materia di protezione dei dati personali”, scrive il Garante. Che denuncia anche come l'Inps non abbia rispettato il principio della “minimizzazione dei dati”, che è quanto viene per esempio disposto in fase di raccolta e trattamento dal nuovo regolamento europeo adottato nel 2016 (Gdpr).

 

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Leggendo il dispositivo, quindi, rimane evidente il triplice errore compiuto dalla struttura diretta da Tridico. Che per prima cosa è stata incapace di allestire un sistema informatico che gestisse i flussi delle richieste aperte a tutte le Partite iva già dalla scorsa primavera (flussi ampiamente preventivabili). Poi non è stata in grado di vigilare su chi avesse diritto ad accedere a questo fondo, scatenando una caccia alle streghe alimentata anche dalle informazioni fatte filtrate in maniera ufficiosa dallo stesso istituto di previdenza. Infine, per porre rimedio a una gestione inefficiente e una toppa al danno di immagine, ha perseguito i controlli ex post su chi aveva fatto richiesta del bonus da 600 euro in spregio della normativa sulla privacy, rimettendoci 300 mila euro di multa. Un fallimento dietro l'altro, da un anno a questa parte.

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