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Giù le mani dal Pd!

Giuliano Ferrara

Non è di moda, ma è il prêt-a-porter della buona politica, il veicolo di un nuovo interessante trasformismo democratico. Deve solo capire che per avere successo deve riprendersi tutti: da Renzi a Bersani

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Il Pd è il peggior partito italiano, a eccezione di tutti gli altri. Giù le mani dal Pd. Non si porta, lo so. Ma il rimasuglio della grande sconfitta renziana, in cui mi sento intimamente coinvolto, perché è il blasone delle anime bennate, ci porta. Con il Bisconte e il Trisconte con Drago ci ha portato tutto il modesto bene di cui abbiamo goduto in pandemia, più l’Europa ricca e spendacciona, più la rigenerazione, punto di riferimento di tutti i progressisti di sostanza non iacobonica, del grillino cialtrone divenuto garante di europeismo e competenza. E che Di Maio non faccia esclusivismi vantando le sue amicizie dissidenti, anche noi abbiamo un legame indistruttibile con Dibba, wait and see. And believe me, undersecretaries will be enough (solo per questa battuta di De Filippi qui ieri, umorismo globalizzato e liberale di purissima acqua frondista, la manovra politica del Pd valeva la pensa di essere consumata).

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Il Pd è il peggior partito italiano, a eccezione di tutti gli altri. Giù le mani dal Pd. Non si porta, lo so. Ma il rimasuglio della grande sconfitta renziana, in cui mi sento intimamente coinvolto, perché è il blasone delle anime bennate, ci porta. Con il Bisconte e il Trisconte con Drago ci ha portato tutto il modesto bene di cui abbiamo goduto in pandemia, più l’Europa ricca e spendacciona, più la rigenerazione, punto di riferimento di tutti i progressisti di sostanza non iacobonica, del grillino cialtrone divenuto garante di europeismo e competenza. E che Di Maio non faccia esclusivismi vantando le sue amicizie dissidenti, anche noi abbiamo un legame indistruttibile con Dibba, wait and see. And believe me, undersecretaries will be enough (solo per questa battuta di De Filippi qui ieri, umorismo globalizzato e liberale di purissima acqua frondista, la manovra politica del Pd valeva la pensa di essere consumata).

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Giù le mani dal Pd e dai suoi attivisti. Franceschini, alla pari ormai con Andreotti, si conferma un number one della stabilità, e tiene i Montanari fuori dalla porta, spasmodici. Zingaretti, a parte che nel Lazio di Enea ha siringato chi so io in un tempo fulminante, no code con lui, riabilita il Pci alla radio e voleva fare i complimenti a Guido Dorso, liberale classico di epoca togliattiana, con quel post su Barbara D’Urso o D’Urss (cit). Bettini è un teorico finissimo, marxista ingraiano di tendenza asiatica, altro che Foucault. E poi una generosa intendenza, donne e sottosegretari, e il caro Orlando, di cui fu mentore Macaluso, ma scherziamo? Non sarà di moda, ma è il prêt-à-porter della buona politica, il veicolo di un nuovo interessante trasformismo democratico e costituzionale, deve solo fare un passettino nella direzione da me auspicata, con o senza congresso, con o senza le dimissioni di Zinga. Deve cioè capire, che odi teologici a parte, non può tenere Renzi, D’Alema, Prodi, Rutelli, Veltroni, Bersani e altro bendidio fuori dell’uscio. Non se lo può permettere. Quello che non sono stati capaci di fare per imbrigliare l’inevitabile bullaggine del Rottamatore, ecco, devono farlo adesso in molte direzioni diverse.

 

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L’amalgama mal riuscito, cioè il Pd, ha l’amalgama nel suo destino. Se digerisce l’alleanza strategica con Bisconte et sibilia, non ha senso che delimiti il perimetro del progressismo escludendone i magnifici di una lunga storia di guerra tra i capi. Deve esserci spazio per tutti, ovvio. Perché il campo da occupare è molto largo, e la destra rimpannucciata, riformata, rigenerata anche lei da Draghi e Berlusconi, vecchi compagnons de route, minaccia di presentarsi vincente con un Salvini perdente e recalcitrante, posto che non vengano rinviate le elezioni a nuova data costituzionale, tecnicamente predefinita (forse sarebbe un azzardo da vogliamo i colonnelli). Sotto con il Pd, i tecnici, i grilli biscontiani e garantiti dal garante e il Recovery, forza e coraggio. Non è detto che al momento giusto, risolti problemi elettorali alle amministrative, magari con l’aiuto e non con il corruccio del riposatissimo Calenda, un largo campo di forze che hanno salvato il paese dalla regressione trionfalista populista e lo hanno rilanciato come era possibile, visto che non mi risulta l’Italia sia una cosa comparabile alla Danimarca, salvo che nell’Ideale amletico, alla fine prevalga. E se non prevalesse, l’opposizione ai popolari non populisti alleati con Meloni e Berlusconi non sarebbe una tragedia. Sicuro è che va stroncata sul nascere la tendenza al birignao antipiddino, ultimo rifugio di libbberali e canagliette varie.

 

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