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L'intervista

Marcucci al Foglio: "Orlando si deve dimettere da vicesegretario del Pd"

David Allegranti

"De Micheli lasciò il suo incarico quando divenne ministro dei Trasporti. E poi il ministero del Lavoro ha bisogno di un ministro a tempo pieno", dice il capogruppo del Pd al Senato

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“Andrea Orlando? Al suo posto mi sarei già dimesso da vicesegretario. Però, certo, sono rispettoso delle valutazioni di tutti”. Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, non ha apprezzato molto le ultime sortite di Andrea Orlando, neo ministro del Lavoro, che in un’intervista alla Nazione ha attaccato duramente i riformisti del Pd. “Nardella e gli altri sindaci? Vedo tornare rigurgiti centristi ormai fuori tempo”, ha detto Orlando, che a proposito di Matteo Renzi ha aggiunto: “C’è la rimozione delle ragioni della sua fine: l’isolamento politico e sociale. Un’esperienza mai rielaborata dal partito. In questi giorni stanno riemergendo le scorie di un processo di riflessione non portato davvero a compimento”.

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“Andrea Orlando? Al suo posto mi sarei già dimesso da vicesegretario. Però, certo, sono rispettoso delle valutazioni di tutti”. Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, non ha apprezzato molto le ultime sortite di Andrea Orlando, neo ministro del Lavoro, che in un’intervista alla Nazione ha attaccato duramente i riformisti del Pd. “Nardella e gli altri sindaci? Vedo tornare rigurgiti centristi ormai fuori tempo”, ha detto Orlando, che a proposito di Matteo Renzi ha aggiunto: “C’è la rimozione delle ragioni della sua fine: l’isolamento politico e sociale. Un’esperienza mai rielaborata dal partito. In questi giorni stanno riemergendo le scorie di un processo di riflessione non portato davvero a compimento”.

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Dice Marcucci al Foglio: “Devo dire con estrema franchezza che non ho assolutamente compreso le motivazioni politiche e neanche personali, se ne ve sono. Abbiamo gestito una fase difficilissima del partito, lavorando per far proseguire il governo Conte. È andata come tutti sappiamo e quindi abbiamo aderito all’appello di Mattarella per fare tutti insieme il governo Draghi. I toni e le dichiarazioni di Orlando mi lasciano perplesso. Sventola ombre del passato che però non ci riguardano”.

  

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Per Marcucci il Pd deve avere una chiara prevalenza riformista ma ci deve essere spazio per “culture politiche diverse e per una dialettica interna rispettosa di tutti. Tutti noi – Dario Nardella, Lorenzo Guerini, Luca Lotti, Alessandro Alfieri – siamo fondatori del Pd e abbiamo una storia politica precedente il Pd, ma siamo ancora convinti che nei migliori riformismi del passato ci siano le radici per le ricette future. Orlando invece mi sembra, con i suoi toni, fuori dalla realtà”.

  

Nel Pd dicono che siete le quinte colonne di Renzi. “Chi dà etichette non ha altri argomenti. Il modo in cui ci siamo mossi in Parlamento, la nostra capacità di tenuta di fronte alle dinamiche parlamentari, il confronto franco e collaborativo dopo il congresso con il segretario Zingaretti, dovrebbero aver insegnato qualcosa a qualcuno. Invece si usano timbri per semplificare il dibattito, che però è stato complicato, e di molto”.

  

Orlando si deve dimettere da vicesegretario? “Prendo atto di alcuni fatti. Il primo è che la vicesegretaria Paola De Micheli ha lasciato il suo incarico quando è andata a fare il ministro dei Trasporti. Il secondo è che un ministero così importante come quello affidato ad Andrea Orlando, persona che reputo in grado di fare un ottimo lavoro, ha bisogno di un ministro del Lavoro a tempo pieno, perché l’elenco di questioni rilevanti è lungo. Ma ognuno farà le sue valutazioni, Zingaretti compreso. Io al suo posto non avrei avuto dubbi e mi sarei dimesso. Poi però sono sempre rispettoso delle decisioni dei singoli”.

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Comunque, dice Marcucci, “la nostra priorità è superare il momento di difficoltà nel paese. Adesso che il governo Draghi è partito, dobbiamo ritrovare l’unità come partito. Per questo mi preoccupano le dichiarazioni del vicesegretario. Anche perché dobbiamo concentrarci sulle prossime amministrative, una scadenza importantissima anche se non si sa ancora quando si voterà. Si vota in città di primissimo piano. Roma, Torino, Milano, Napoli. Fatto questo passaggio, inevitabilmente dovremo avviare un confronto interno che si concluderà in un congresso. Non do per scontato però che si riesca a farlo entro l’anno. Un congresso non è un dramma ma una necessità riconosciuta da tutti. Quando Zingaretti è stato eletto segretario, il quadro politico era molto diverso da quello di oggi. Quindi abbiamo l’esigenza di dare una nuova linea in una situazione diversa, con i tempi e i modi che Zingaretti deciderà”.

   

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Stefano Bonaccini le piacerebbe come candidato segretario? “E’ persona autorevole. Se dovesse decidere di candidarsi, avrebbe la statura necessaria per farlo. Ha sconfitto Salvini in una fase difficile per il Pd e in un territorio in cui eravamo dati perdenti. Detto questo, è prematuro parlare di candidature. Bisogna capire prima quale sarà il quadro politico, quale saranno le alleanze, quale sarà la legge elettorale”.

    

Senta Marcucci, ma Simona Bonafè, segretaria del Pd, ha avuto ragione a congedare il vicesegretario Valerio Fabiani? “Secondo me sì. Anche lì non ho compreso l’uscita di Fabiani. Ci deve essere un problema con i vicesegretari… Ha fatto un’uscita molto aggressiva, le cui motivazioni sono oscure e mi pare che fossero artificiali, fatte per provocare una rottura”.

 

Tutto nasce da Giuseppe Conte candidato a Siena. Lei che ne pensa? “Penso, come ha detto il segretario del Pd di Siena, che forse è giunto il momento che per i collegi uninominali si esprima il partito locale. Ipotizzare che qualcuno venga paracadutato dall’esterno senza avere consenso sul territorio non è corretto”.

 

Gli zingarettiani ricordano che ai tempi anche Renzi furono paracadutati dei candidati da Roma… “Beh, se è stato fatto uno sbaglio nel passato bisogna ripeterlo? Oltretutto, non mi risulta che Conte sia un nostro iscritto. E lo dice uno che ha voluto creare il criticatissimo intergruppo al Senato insieme al M5s e Leu. Non posso essere certo accusato di non essere propenso a un certo schema, almeno a livello parlamentare”.

  

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