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Panico nella megaditta Senato

Com'è umano lei

Michele Masneri

L'arrivo di Draghi crea una mostruosa confusione tra gli haters della borghesia

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Com’è umano lei! Così l’Italia sgangherata e attonita seguiva ieri il format “la fiducia”, con Draghi che parla ai cari inferiori senatori come uno di quei megadirettori fantozziani, nella sua alterità antropologica, e l’aura e la musica celestiale, con l’uditorio rustico e squinternato di Calboni e Filini ad applaudire colui che pure li accusava col sorriso sulle labbra di non averne azzeccata una.

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Com’è umano lei! Così l’Italia sgangherata e attonita seguiva ieri il format “la fiducia”, con Draghi che parla ai cari inferiori senatori come uno di quei megadirettori fantozziani, nella sua alterità antropologica, e l’aura e la musica celestiale, con l’uditorio rustico e squinternato di Calboni e Filini ad applaudire colui che pure li accusava col sorriso sulle labbra di non averne azzeccata una.

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Primo premier repubblicano a sapere veramente l’inglese, a dire gap ma non ghèp, plan ma non plane, aeroplano. Non parla come un verbale di polizia, né come un annuncio ferroviario di Italo. Nessuna metafora, nessun accento, pochissimi aggettivi, una lingua parlata e non scritta. I cari inferiori presi contropiede. Mancava poco che dicesse: e poi però fermatevi pure per la lezione sull’uso del coltello da pesce, o per Istituzioni Europee II. O anche “su smidollati, adesso andiamo tutti a fare una biciclettata a Pinerolo, per la coppa Draghi!”.

 

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E i senatori, i cari inferiori, ad applaudire. Silenzio, chi prega? Ha parlato di piani a lungo termine, ha parlato di rapporti transatlantici. Un leader da esportazione, gran riserva della repubblica, extra brut. Noi, abituati alla Prunella Ballor. Com’è umano, lei, però, perché anche Draghi ha un cuore: si è impappinato, ha sbagliato le cifre, forse apposta per dimostrare d’essere come noi. Poi, addirittura: ditemi voi quando mi devo sedere. Non è di sinistra, chiaramente: ha il coraggio di nominare le due parole più brutte della lingua italiana, che non sono: “è maligno”, bensì “istituto tecnico”, in un paese di umanisti neoanalfabeti che sognano romanzi pesanti come il Rocci.

 

Insomma, veramente Draghi è l’alieno, è “l’altro”. Romano ma non romano, non va né è cresciuto nei circoli sul Tevere (l’equivalente delle Bocconi milanesi in quanto a formazione di classe dirigente); si è americanizzato, ha viaggiato, e adesso è tornato qui per salvarci però cambiandoci. E’un discorso, il suo, sull’Italia vista dall’estero (siam tanto carini, noi italiani, e c’è molto di più oltre a the pasta and the pizza; basta aggiustare quelle due o tre cose che non vanno, la giustizia, la burocrazia, la sanità, poi tutto a posto). Evoca il 2030 e il 2050 in un paese che decide a mezzanotte per la mattina dopo e noi tutti a pensare: sire, rimanga con noi fino a quella data. Rimanghi!

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L’alterità antropologica: perché in Italia era ormai scomparsa questa borghesia, parlante le lingue, con questi vestiti anche non nuovissimi anzi meglio se vecchiotti: pochissimo rappresentata al cinema, nei libri, in televisione ancora meno. Forse ha perso definitivamente la partita negli anni Ottanta, come sostiene Enrico Vanzina, o forse proprio non è mai esistita, in un paese di antagonisti con gli assegni familiari. Dunque si va a tentoni: borghesi come macchiette, sono appunto il mega direttore naturale di Fantozzi, o i genitori nevrotici dei film di Muccino; sono “i banksters”, cioè i complottisti della gran finanza, così se li immaginano i Folagra alla Christian Raimo. Forse, sire, anche lei è comunista? Tuoni. “Proprio comunista no, Fantozzi. Diciamo medio progressista”.

 

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Parole sui diritti civili calpestati, ma niente su quelli LGBT. Sarà mica di destra? Invoca il Papa e Dio. E però, si capisce che tiene più al  coefficiente di Gini. Anche Neri Marcoré non riesce a decodificarlo, Draghi: a “Di Martedì” ne fa una strana imitazione, lui che dà i numeri a tombola, e ogni tanto parla come Gianni Agnelli, ma l’insieme non funziona. Decrittare questa borghesia è difficilissimo: non siamo proprio abituati. Per adesso applaudiamolo, Draghi: e magari un giorno ci porta a giocare con sé a Montecarlo.   

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