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Draghi e la via ignaziana al governo

Michele De Feudis

Padre Giuseppe Spadaro, direttore de La Civiltà cattolica commenta il discorso del premier a Palazzo Madama. L'elogio alla sua “sobrietà con un’anima”, l'interesse alla visione geopolitica

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La visione ignaziana al governo con Mario Draghi? "Il presidente è stato studente dei gesuiti. La formazione che ha avuta tende sempre ad avere chiare le questioni. Si parte dal concreto per compiere una valutazione. E’ una visione non ideologica dell'azione e della comunicazione, molto esperienziale, fondata sull’osservazione diretta. Poi sull'esperienza si riflette: non sulle idee astratte ma sui dati dell'esperienza. L'obiettivo è l'azione, che deve sempre essere seguita da una adeguata valutazione. Questa è l’essenza del metodo educativo dei gesuiti": padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà cattolica, offre una lettura profonda del discorso del premier.

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La visione ignaziana al governo con Mario Draghi? "Il presidente è stato studente dei gesuiti. La formazione che ha avuta tende sempre ad avere chiare le questioni. Si parte dal concreto per compiere una valutazione. E’ una visione non ideologica dell'azione e della comunicazione, molto esperienziale, fondata sull’osservazione diretta. Poi sull'esperienza si riflette: non sulle idee astratte ma sui dati dell'esperienza. L'obiettivo è l'azione, che deve sempre essere seguita da una adeguata valutazione. Questa è l’essenza del metodo educativo dei gesuiti": padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà cattolica, offre una lettura profonda del discorso del premier.

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“Fin dalla prime parole pronunciate a Palazzo Madama è emerso un uomo che sente un senso di responsabilità e lo dimostra visibilmente”, aggiunge Spadaro. È emerso lo statista. E sul quadro parlamentare precisa: “Ha invocato lo spirito repubblicano, disconoscendo il fallimento della politica. In controtendenza ha sottolineato che i partiti non perdono la propria identità, ma sono chiamati a lavorare in sinergia in un inconsueto perimetro di collaborazione”. Diventa centrale “il concetto di cittadinanza”: “Vedo - spiega ancora - un interessante punto di incontro con la visione di papa Francesco in “Fratelli tutti”: prima delle appartenenze ideologiche, c’è il dovere della cittadinanza, in grado di armonizzare le differenze per il bene comune”. Assistiamo a una trasformazione delle forze politiche in campo, chiamate a una collaborazione inedita. Niente sarà come prima”. 

 

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“Draghi riflette su una “dimensione di futuro” - puntualizza Spadaro - come speranza da trasmettere ai giovani che verranno dopo di noi. Questo mi colpisce innanzitutto: il suo è stato un discorso molto aperto al futuro e a chi verrà dopo di noi. In questa direzione ha dato un posto centrale alla scuola e alla formazione". Quando Draghi parla di “investire in una transizione culturale”, per Spadaro, “interpreta il cambiamento in corso e auspica un percorso educativo che combini il patrimonio di cultura umanistica proprio del nostro Paese e le grandi sfide, quelle dalla globalizzazione, del digitale e dell’ambiente, a cui ha riservato una citazione del Papa”. La sfida è - come per i gesuiti del Cinquecento - coniugare formazione umanistica e sfide nuove.

 

“La geopolitica? Draghi contestualizza l’azione dell’Italia nell’area europea e atlantica - prosegue Spadaro - e parla di sensibilità mediterranea. Evidenzia come il sovranismo non sia una soluzione perché isola i paesi. E non c'è vera sovranità nella solitudine. L'approccio di Draghi è chiaramente aperto al multilateralismo. Interessante anche l'accenno alle tensioni in Asia attorno alla Cina e la nuova fiducia nei rapporti con gli Usa”. 

 

C’è chi individua una consonanza tra il “Whatever it takes” e il “todo modo” di Ignazio di Loyola: “Francamente non mi soffermerei su questo”, afferma Spadaro. “Semmai insisterei sul fatto che la sobrietà per Draghi ha un’anima e capovolge la narrazione costruita sulla presunta freddezza del “tecnocrate”, conclude Spadaro.

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