PUBBLICITÁ

Il caso

Assi e triangolazioni: così i partiti (nel pallone) provano a prendere le misure a Draghi

Le grandi manovre nella nuova maggioranza XXL. Dove tutti sono utili, ma nessuno sembra indispensabile

Simone Canettieri

Alla vigilia della fiducia del premier in Senato, Pd-M5s-Leu varano un intergruppo parlamentare in memoria di Conte. Renzi si sfila e guarda ai riformisti. Salvini ormai si muove da destra a sinistra

PUBBLICITÁ

Matteo Salvini che telefona a Matteo Renzi. I capigruppo   Pd-M5s-Leu che si incontrano al Senato in ricordo del Conte II (rimembranze rossogialle) per scrivere un documento programmatico e varare l’intergruppo parlamentare. E poi  Salvini che fa gli auguri ai ministri di Forza Italia e incontra Mariastella Gelmini. E   sempre il leader della Lega che ieri l’altro, alla Camera, si è visto per “parlare di lavoro” con Nicola Zingaretti. Oggi c’è il varo della nuova maggioranza. La vigilia   è stata all’insegna dell’attivismo più sfrenato. Consapevolezza comune: nessuno si salva da solo. Come da chi? Oggi  in Senato si vota la fiducia al premier Mario Draghi.  
E’ chiaro come dietro a questa forsennata ricerca di fare squadra, cercare sponde, stringersi a coorte, resuscitare coalizioni scassate  in versione subgoverno si nascondano le paure. Quelle dei partiti di questa maggioranza taglia XXL. Fantasmi che si sono già affacciati durante la composizione della squadra. La consapevolezza e il timore che il nuovo presidente del Consiglio, così silenzioso ma iper-politico, possa continuare anche in futuro “a non farci toccare una palla”, come dicevano un po’ tutti i partiti mentre davanti alla tv lo osservavano venerdì scorso intento a leggere la lista dei ministri.
E c’è dunque il terrore del Palazzo in tutto questo agitarsi. Andare tutti a destra e poi tutti a sinistra.  Insomma, parola d’ordine: facite ammuina. Ma con l’Amuchina. 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Matteo Salvini che telefona a Matteo Renzi. I capigruppo   Pd-M5s-Leu che si incontrano al Senato in ricordo del Conte II (rimembranze rossogialle) per scrivere un documento programmatico e varare l’intergruppo parlamentare. E poi  Salvini che fa gli auguri ai ministri di Forza Italia e incontra Mariastella Gelmini. E   sempre il leader della Lega che ieri l’altro, alla Camera, si è visto per “parlare di lavoro” con Nicola Zingaretti. Oggi c’è il varo della nuova maggioranza. La vigilia   è stata all’insegna dell’attivismo più sfrenato. Consapevolezza comune: nessuno si salva da solo. Come da chi? Oggi  in Senato si vota la fiducia al premier Mario Draghi.  
E’ chiaro come dietro a questa forsennata ricerca di fare squadra, cercare sponde, stringersi a coorte, resuscitare coalizioni scassate  in versione subgoverno si nascondano le paure. Quelle dei partiti di questa maggioranza taglia XXL. Fantasmi che si sono già affacciati durante la composizione della squadra. La consapevolezza e il timore che il nuovo presidente del Consiglio, così silenzioso ma iper-politico, possa continuare anche in futuro “a non farci toccare una palla”, come dicevano un po’ tutti i partiti mentre davanti alla tv lo osservavano venerdì scorso intento a leggere la lista dei ministri.
E c’è dunque il terrore del Palazzo in tutto questo agitarsi. Andare tutti a destra e poi tutti a sinistra.  Insomma, parola d’ordine: facite ammuina. Ma con l’Amuchina. 

PUBBLICITÁ

E se le consultazioni tra il premier incaricato e i gruppi parlamentari hanno avuto in alcuni casi risvolti fantozziani (“com’è umano, lei, presidente”), adesso la questione si fa seria. Anche perché l’allestimento della squadra ha attraversato come un tornado tutti i partiti: spaccandoli tra correnti (vedi la vecchia e la nuova Lega), tra umori (Forza Italia), tra bande (il M5s), scindendoli (Leu) e mettendo le donne contro gli uomini (il Pd). 
Sicché in questa maggioranza parlamentare così ampia tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile.

Meglio quindi unirsi per contare di più. Assi, triangolazioni e quadrilateri. “Sta nascendo qualcosa di importante”, dicono, non senza enfasi, dalle parti di Pd-Leu-M5s, orfani di Conte ma “non di quella agenda”. “Sappiamo che abbiamo fatto bene a entrare e che magari dovremo rinunciare ad alcune nostre battaglie come la Flat tax o Quota 100, ma non potevano non vedere le carte di questa partita”, spiegano i colonnelli di Matteo Salvini, il più attivo in queste ore nel cercare alleati ovunque. Con Luigi Di Maio, d’altronde, c’è una consuetudine da parte del leader della Lega, per non parlare di quella con Matteo Renzi. I due si sono sentiti al telefono anche ieri, questa volta senza nemmeno troppi misteri.

Su tanti argomenti, a partire dalla giustizia, la maggioranza variabile dei due Matteo più Forza Italia è pronta a essere servita. E magari a incidere, se spuntasse fuori la zampata di FdI. 
“Con Salvini ci potremmo divertire”, dice in giro l’ex rottamatore, rimasto anch’egli fuori dal governo come tutti gli altri leader. Zingaretti oggi assisterà al discorso del premier Draghi in Senato dal suo ufficio di governatore del Lazio sulla Cristoforo Colombo. E magari si scatterà una foto da mettere sui social come fece per Conte II, altra operazione non proprio gradita all’inizio, dove però sapeva di contare e incidere. Questa volta non è così. Da qui l’idea di lanciare l’intergruppo con i vecchi sodali di maggioranza (eccetto Iv). Ma anche questo tentativo sortisce effetti collaterali. Per esempio si rifà vivo il prof. Giuseppe Conte: “Iniziativa giusta e opportuna per valorizzare il lavoro comune”. Un pezzo di Pd scalpita: “Non servono fughe in avanti né forzature: il Pd deve ritrovare la sua identità”, dicono i senatori Vincenzo D’Arienzo, Tommaso Nannicini e Francesco Verducci. Stappa prosecco, invece,  Ettore Rosato, presidente di Italia viva: “La scelta di andare verso una coalizione strutturale tra Pd, M5s e Leu, codificata anche nell’intergruppo parlamentare appena annunciato, apre una prateria per chi vuole costruire la casa dei riformisti. Iv c’è e ci sarà. Per il riformismo, contro il populismo”. Ma magari, in ottica giallorossa, l’intergruppo è anche un modo per evitare un’eruzione stile etna del M5s.
Un grande movimento, insomma. Un sudare di qua e di là da parte di tutti, sperando di poter avere in qualche modo una golden share nei confronti di Palazzo Chigi. Dove questi rumori del Parlamento finora  arrivano ovattati. Come lo stormire delle fronde.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ