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Tormento a sinistra

Draghi, Salvini e il dubbio geometrico-identitario in casa LeU

Sulla convivenza in prospettiva con la Lega corre la crepa lungo la linea di confine tra Articolo 1 e Sinistra italiana

Marianna Rizzini

De Petris: "Abbiamo un dibattito nel gruppo ma siamo qui insieme". Fassina: "No a maggioranze Ursula" (vorrebbe sia Salvini sia Meloni per un governo di scopo). Fratoianni: "Con la Lega non si può" e "non abbiamo deciso". Muroni: "Partiamo da una sconfitta politica. Draghi sa come scrivere un Recovery in linea con il Green Deal. Da deputata voterò squadra e programma". 

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Era dai tempi de “L’altra Europa con Tsipras”, quando ci si interrogava sull’animo felice ma triste dell’uomo di sinistra nei video de “Il Terzo segreto di Satira”, che non capitavano giornate di simile dubbio e tormento, nelle formazioni politiche della sinistra-a-sinistra del Pd. Formazioni che ieri avevano altri nomi e simboli e oggi vanno sotto il nome di LeU, sigla unitaria per due (Articolo 1 e Sinistra Italiana). E se la natura bifronte, nei mesi di governo Conte rossogiallo, non si era manifestata come tale, tanto più avendo al governo il segretario nazionale di Articolo 1 Roberto Speranza, per giunta nelle vesti di ministro della Salute, ora, nell’anticamera del governo Draghi, l’essere uni e bini interroga le coscienze.

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Era dai tempi de “L’altra Europa con Tsipras”, quando ci si interrogava sull’animo felice ma triste dell’uomo di sinistra nei video de “Il Terzo segreto di Satira”, che non capitavano giornate di simile dubbio e tormento, nelle formazioni politiche della sinistra-a-sinistra del Pd. Formazioni che ieri avevano altri nomi e simboli e oggi vanno sotto il nome di LeU, sigla unitaria per due (Articolo 1 e Sinistra Italiana). E se la natura bifronte, nei mesi di governo Conte rossogiallo, non si era manifestata come tale, tanto più avendo al governo il segretario nazionale di Articolo 1 Roberto Speranza, per giunta nelle vesti di ministro della Salute, ora, nell’anticamera del governo Draghi, l’essere uni e bini interroga le coscienze.

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La dice chiara la senatrice di LeU-Sinistra Italiana Loredana De Petris, a margine delle consultazioni con Mario Draghi: “Abbiamo un dibattito dentro il gruppo. Io sono di SI, Federico Fornaro è di Articolo 1, ma siamo qui insieme. Ovviamente c’è una discussione, come in tutte le altre forze politiche”. Qui insieme. E però dietro c’è un mondo. E c’è la questione: come fare ad appoggiare felicemente Draghi, chiamati a raccolta dal presidente Sergio Mattarella, se si rischia di governare tristemente con Matteo Salvini? La dice chiara anche Nicola Fratoianni, segretario nazionale di SI: “Discutiamo di tutto, occorre confrontarsi nel merito, ma non si fa il governo insieme a chi sta dalla parte opposta su qualsiasi cosa. Con la Lega non si può” (dire sì a Draghi in assenza di nomi e programmi sarebbe “decisione esoterica”, dirà poi Fratoianni in radio a “Un giorno da Pecora”). Ma hai voglia a lanciare alto un “niet”, quando nel governo uscente siede ancora, per affari correnti, pandemia in testa, l’altro segretario nazionale, il suddetto ministro Speranza. La dice in modo articolato Stefano Fassina, deputato di LeU ed ex viceministro dell’Economia nel governo Letta.

 

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Domenica scorsa, sul Manifesto, Fassina invitava i compagni a sposare la linea “meglio tutti che Ursula”, cioè la causa di un “governo di scopo, a tempo” con dentro sia Lega sia Fratelli d’Italia. E oggi, interpellato in proposito, Fassina aggiunge che “prima di parlare degli elementi programmatici, si deve affrontare il discorso della natura del governo: se ritieni di dover contribuire a costruire un governo del presidente devi essere aperto a tutti. Certo, i punti programmatici non devono essere divisivi. Su questa linea possiamo trovare ampia convergenza e continuare a lavorare insieme tra LeU, Pd e Cinque stelle, anche se dovessero emergere divergenze. E Draghi è consapevole di quello che sta cercando di fare: mettere in piedi un governo con forze politiche distanti”. E insomma è un problema geometrico – di perimetro – ma anche esistenziale e identitario, di quelli che neanche ai tempi della traversata del deserto di Fausto Bertinotti, per non dire delle “fabbriche” di Nichi Vendola. Il quale al momento (saggiamente?) tace.

 

Tacciono anche i padri nobili di area ex Pd poi Articolo 1 Pierluigi Bersani e Vasco Errani, propendendo più per il sì che per il no, nell’imminenza del più difficile “indovina chi viene a cena?” degli ultimi governi, ché a tavola sta arrivando Salvini. Tacciono come non non si è taciuto nella riunione che, due giorni fa, ha fotografato la crepa lungo il confine tra le due metà della mela in  LeU, un po’ perché avere un ministro della Salute ancora lì non è come non averlo, un po’ perché bisogna fare pur sempre i conti con il suddetto tema identitario (e si torna a Fratoianni).  E insomma il malcontento serpeggia, ma non sgorga, pur celandosi dietro ai “non abbiamo deciso”. Poi c’è chi non si nasconde, come la deputata LeU ed ex presidente di Legambiente Rossella Muroni: “Bisogna partire dalla considerazione di una sconfitta politica. I voti per il Conte ter non sono stati trovati. E Draghi sa come scrivere un Recovery in linea con il Green deal, conosce lo schema di gioco europeo. Io, da deputata, voterò su squadra e programma. Se al governo, in prospettiva, c’è qualcuno che voleva uscire dall’euro e trattava come sembra non voler più trattare il tema migranti la contraddizione è sua, non mia”. 
 

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