PUBBLICITÁ

le angosce del segretario

Zingaretti prova a sondare Draghi sulla Lega. E lui: "Fidati di me"

Valerio Valentini

Renzi scrive a Merkel e Obama: "Visto?". Giorgetti se la ride: "Grazie al leader di Iv, in 3 settimane facciamo quello che volevamo fare in 3 anni". E il premier incaricato sonda i partiti per ministri politici. Ma per il Pd la convivenza col Carroccio resta un problema

PUBBLICITÁ

Lì dove il sì suona, nella sala della Regina di Montecitorio, risuona in verità con tre diversi echi. E di certo il più sfacciatamente allegro, gonfio di un’euforia quasi irridente, è quello di Matteo Renzi. Che l’allegria che prova la dimostra già prima di entrare a colloquio col presidente incaricato. “Andiamo a far nascere il Conte ter, no?”, sorride con chi gli sta accanto, con un sorriso che gli stringe gli occhi, che si vede anche da sotto la mascherina. Sono passate poche ore appena da quando si è scritto personalmente con Angela Merkel e con Barack Obama, con entrambi rivendicando il merito di aver contribuito a portare a Chigi quel Draghi che loro ben conoscono.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Lì dove il sì suona, nella sala della Regina di Montecitorio, risuona in verità con tre diversi echi. E di certo il più sfacciatamente allegro, gonfio di un’euforia quasi irridente, è quello di Matteo Renzi. Che l’allegria che prova la dimostra già prima di entrare a colloquio col presidente incaricato. “Andiamo a far nascere il Conte ter, no?”, sorride con chi gli sta accanto, con un sorriso che gli stringe gli occhi, che si vede anche da sotto la mascherina. Sono passate poche ore appena da quando si è scritto personalmente con Angela Merkel e con Barack Obama, con entrambi rivendicando il merito di aver contribuito a portare a Chigi quel Draghi che loro ben conoscono.

PUBBLICITÁ

 

E quindi insomma se la ride, Renzi. E sfoggia  una disinvoltura quasi impertinente quando dice che “il sostegno di Italia viva a Draghi sarà a prescindere da quale sarà la maggioranza”. Sa che è quello il nervo più sensibile di Nicola Zingaretti. Che davanti ai giornalisti si presenta invece col volto tirato. Ha appena provato a scalfire la sfinge, a risolverne l’enigma che tanto l’angoscia. Coi suoi capigruppo Marcucci e Delrio, ha accennato al coinvolgimento della Lega. “Presidente, sulla riforma della giustizia, sul milleproroghe e sui ristori,  per stare ai tre provvedimenti più urgenti al momento in Parlamento - spiegano dal Pd - difficilmente si può trovare un’intesa col Carroccio”. E Draghi allora alza lo sguardo: “Fidatevi di me, della mia capacità di fare sintesi”.

 

PUBBLICITÁ

Rassicurazione che suona un po’ liquidatoria, in verità, rispetto alle ansie del segretario. Che prima  di recarsi alle consultazioni si confronta per telefono col capo dello stato, prova a trovare una strada da percorrere per evitare che il piano dell’alleanza col M5s  venga travolto dal governissimo. Ma pare rassegnato alla convivenza con la Lega, tanto più che ai suoi emissari Giancarlo Giorgetti ha fatto sapere, come a voler mettere sale sulla ferita, che sì, “stavolta ci stiamo davvero, perché grazie a Renzi ci sta riuscendo in tre settimane quel che speravo di riuscire a fare in tre anni”. E cioè mondarsi dalle stigma sovranista che ancora rende il Carroccio, a Bruxelles come a Washington, .un partito di appestati. 

 

Per di più, Draghi pare orientato verso  un governo politico: e quindi il peso di un accoppiamento così poco giudizioso, per il Pd, andrà sopportato fino in fondo. Magari con lo stesso Zinga in Cdm, se è vero che Draghi, cautissimo durante i colloqui ufficiali, sta invece facendo arrivare ai leader di partito dispacci che mirano al sodo: chi sono i vostri che volete mettere dentro?

 

Dalle parti di Forza Italia si sono convinti che saranno almeno un paio, le caselle destinate a loro. E forse anche da qui passa la contentezza del Cav., il suo Sì  donato a Draghi per telefono, prima che la delegazione di FI andasse a incontrarlo. Rischiava di innescare l’insubordinazione nei  gruppi, la prospettiva di un governo istituzionale. E’ invece finita col ricompattare le truppe, e anche questo fa gioire il Cav. “Qualcuno pensava di spaccare FI e il centrodestra. Gli è andata male”, dice, raggiante, Giorgio Mulè.

PUBBLICITÁ
PUBBLICITÁ