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Ieri l'incarico all'ex governatore della Bce

Draghi e l'Italia: è l'ora dei veri responsabili

Claudio Cerasa

Draghi, l’altro Papeete e quella grande occasione per la destra:  immergersi nel governo istituzionale per archiviare la stagione dell’impresentabilità

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Il formidabile ingresso sul palcoscenico della crisi di governo di un sogno istituzionale chiamato Mario Draghi ha costretto le forze politiche presenti in Parlamento a porsi improvvisamente delle domande  importanti relative al proprio futuro, al proprio orizzonte, alla propria traiettoria, alla propria dimensione e più semplicemente alla propria identità. Nelle prossime ore, gli occhi dei retroscenisti saranno puntati sulla supernova del Movimento 5 stelle e non c’è dubbio che per determinare il perimetro della maggioranza che potrebbe sostenere il governo guidato dall’ex governatore della Bce sarà importante capire se il M5s si dividerà, se il M5s si asterrà, se il M5s ci ripenserà.

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Il formidabile ingresso sul palcoscenico della crisi di governo di un sogno istituzionale chiamato Mario Draghi ha costretto le forze politiche presenti in Parlamento a porsi improvvisamente delle domande  importanti relative al proprio futuro, al proprio orizzonte, alla propria traiettoria, alla propria dimensione e più semplicemente alla propria identità. Nelle prossime ore, gli occhi dei retroscenisti saranno puntati sulla supernova del Movimento 5 stelle e non c’è dubbio che per determinare il perimetro della maggioranza che potrebbe sostenere il governo guidato dall’ex governatore della Bce sarà importante capire se il M5s si dividerà, se il M5s si asterrà, se il M5s ci ripenserà.

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A guardar bene, però, la vera rivoluzione che potrebbe innescare la presenza sulla scena dell’opzione Draghi riguarda un tema  più gustoso del futuro del M5s che coincide con quello che sarà il destino del centrodestra. E’ possibile oppure no utilizzare la carta Draghi per archiviare il salvinismo,  superare gli abbagli del sovranismo,  mettere da parte l’agenda Borghi e Bagnai,  provare a fare entrare il centrodestra nella stagione della non irresponsabilità e  trasformare l’occasione del governo istituzionale in una seconda puntata del Papeete? Il discorso riguarda naturalmente quella che sarà la scelta che farà il partito di Silvio Berlusconi, che non si capisce come non possa sfruttare l’occasione per emanciparsi dal nazionalismo salviniano, ma riguarda in primo luogo quello che faranno Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che dando al governo Draghi la possibilità di nascere potrebbero riuscire a fare quello che finora a Salvini e Meloni non è particolarmente riuscito: dimostrare di aver superato la sbandata anti euro, dimostrare di avere messo da parte le fesserie sull’Europa, dimostrare di voler archiviare una parte del proprio estremismo, dimostrare di voler lasciarsi alle spalle la dottrina del complottismo, dimostrare di voler essere altro dal pericoloso lepenismo, dimostrare di voler passare dalla sterile stagione della ricerca del capro espiatorio alla più feconda stagione della ricerca delle soluzioni e dimostrare in definitiva di essere pronti a mettere gli interessi dei propri follower su un piedistallo più basso rispetto agli interessi del paese.

 

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Resettare la destra, offrendogli nuove coordinate e mostrandogli nuovi orizzonti, permetterebbe alla coalizione che presto o tardi potrebbe governare l’Italia non solo di avere un peso nella scrittura del Recovery plan ma anche di far proprio un modello seguìto anni fa, nel 2015, da un’altra destra la cui esperienza sta a cuore tanto a Sergio Mattarella quanto a Mario Draghi. La destra in questione è quella portoghese che nel 2015, poco prima delle elezioni, in una delle stagioni più difficili della sua storia, decise di sottoscrivere, insieme con il maggior partito progressista del paese, un programma di riforme da attuare in modo condiviso indipendentemente dall’esito elettorale. L’occasione del Recovery fund in fondo è un’occasione simile che solo una destra dissennata potrebbe non sfruttare: un patto trasversale per le riforme per utilizzare al meglio  i molti soldi che arriveranno dall’Europa per progetti che l’Italia dovrà presentare entro il 30 aprile, un patto trasversale per creare le autostrade giuste per rendere possibile l’attuazione di quei progetti, un patto successivo per portare al Quirinale lo stesso presidente del Consiglio che guiderà quel processo e poi magari un ritorno alle urne. Tagliare gli estremismi provando a ridefinire per quanto possibile le identità dei partiti presenti in Parlamento: la rivoluzione di Draghi, in fondo, passa anche da qui, e nelle prossime ore l’Italia capirà quanto il centrodestra avrà il coraggio di fare un salto per allontanarsi dalla stagione dell’irresponsabilità. Incrociare le dita, please.

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