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Con Draghi si riapre la partita del Recovery

Maurizio Maresca

Infrastrutture, politica industriale, giustizia e ricerca: quattro pilastri da cui ripartire con progetti e riforme per usare al meglio i fondi del Next Generation EU

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Ora davvero non abbiamo più scuse. Il senso dell’incarico a Mario Draghi è essenzialmente di mettere mano all’impianto di progetti e di riforme da concordare con la Commissione europea nel contesto del Next Generation EU (NGEU). Non troveremo funzionari europei aggressivi o diffidenti, come molti temono, ma persone di alta levatura professionale, e spesso scientifica, pronti ad aiutare il nostro Paese: giuristi, economisti e managers, italiani  prevalentemente, che contano di collaborare con i loro colleghi dell’amministrazione italiana per costruire anzitutto un progetto fatto di investimenti per la crescita e la competitività (e per la transizione ecologica e digitale) che producano un effetto misurabile al 2026 e specialmente di riforme. 

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Ora davvero non abbiamo più scuse. Il senso dell’incarico a Mario Draghi è essenzialmente di mettere mano all’impianto di progetti e di riforme da concordare con la Commissione europea nel contesto del Next Generation EU (NGEU). Non troveremo funzionari europei aggressivi o diffidenti, come molti temono, ma persone di alta levatura professionale, e spesso scientifica, pronti ad aiutare il nostro Paese: giuristi, economisti e managers, italiani  prevalentemente, che contano di collaborare con i loro colleghi dell’amministrazione italiana per costruire anzitutto un progetto fatto di investimenti per la crescita e la competitività (e per la transizione ecologica e digitale) che producano un effetto misurabile al 2026 e specialmente di riforme. 

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Occorrerà in primo luogo rivedere i progetti corredandoli da sicure analisi di risultato, ma specialmente collocandoli dentro a scelte di politiche industriali e dei trasporti precise (che oggi non si derivano). Così, occorre evitare gli stanziamenti a pioggia governati da intese politiche o distributive: la scelta deve essere di alto profilo e corrispondere alle esigenze del Paese. Il collegamento con le riforme, il secondo capitolo del NGEU, alle quali ogni erogazione è condizionata, è fondamentale. 

 

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In secondo luogo, quanto alle riforme se ne segnalano quattro.

  •  Anzitutto una riforma delle infrastrutture. (I) Iniziando dal mare: 40/50 porti, divisi in 17 autorità portuali di dubbia natura, nessuno dei quali oggi davvero significativo nello scenario dei traffici e in grado di alimentare i corridoi europei, sono il segno della incapacità di esprimere una politica di Paese stabile per il mediterraneo. (II) Il completamento dei corridoi sulle direttrici europee: l’Unione ha scelto una politica dei trasporti comune che il nostro paese è tenuto (art.4.3, Tue) a rendere possibile adottando tutti i comportamenti necessari (oggi invece è ferma la realizzazione della  Lione - Torino e della Venezia - Lubiana  ed in ritardo Brennero e Terzo  valico). (III) Sul c.d. riequilibrio modale occorre il coraggio che hanno mostrato invece Svizzera e Austria nel governare l’intermodalità.

 

  •  La politica industriale. (I) Malgrado l’inserimento nel Mise di alcuni direttori di inequivoca professionalità, vi è da domandarsi perché gli European Champions a guida italiana (Fincantieri/Stx) non passano il vaglio della Commissione europea mentre quelli a guida francese (Psa/Fca) non hanno difficoltà. Occorre inoltre sul tema essere pronti, eventualmente, a modificare le norme in materia di concorrenza (anche considerando il tessuto italiano prevalentemente fatto di imprese medio piccole). (II) Così forse occorrono idee un po’ più chiare per quanto riguarda le misure di difesa nel caso di investimenti stranieri (golden power ecc.) non dimenticando che il commercio internazionale è materia dell’Unione . E non può succedere che il nostro Paese sia sei mesi a favore della Cina e sei mesi contro. 

 

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  • In terzo luogo il capitolo della giustizia non deve essere sottovalutato. Da una parte occorre promuovere la qualità specialmente in materia di diritto internazionale, diritto internazionale privato e diritto europeo. Dall’altra occorre che la progressione nella carriera dei giudici prescinda del tutto da meccanismi “politici” o di corrente  per essere impostata sul merito. 

 

  • È indispensabile cambiare la ricerca. I nostri atenei, persino i migliori, sono poco significativi nelle classifiche internazionali perché spesso limitati da norme che frenano la crescita e il merito. Quindi, non solo gli atenei devono essere lasciati liberi di investire e crescere per essere più competitivi, ma occorrono anche misure che presidino la concorrenza come, ad esempio, il superamento dei concorsi per la docenza  e il valore legale del titolo di studio. Inoltre la proliferazione di corsi inutili va frenata. 

 

Ecco, il NGEU, che deve indirizzarsi proprio ai giovani, impone percorsi di cambiamento rispetto ai quali mettere le risorse previste nel bilancio a lungo termine europeo approvato lo scorso novembre 2020. 

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