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Il personaggio

Usa, Europa e Quirinale: così Gualtieri al Mef è diventato più saldo di Conte

Le manovre di via XX Settembre tra sponsor pesanti e rapporti politici

Simone Canettieri

Il titolare del Mef  si difende  dalle mire di Renzi forte delle sue relazioni internazionali, e non solo. E Draghi e Panetta? “Ci va a cena”

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Matteo Renzi gli vuole far ballare la rumba? E lui risponde con la bossa nova, musica brasileira che ama, avvolgente, da camera (con vista su via XX Settembre).

Venerdì il partito di Roberto Gualtieri ha segnato un punto con il tweet di Paschal Donohoe, presidente dell’Eurogruppo. Domenica ecco la prima cosa bella di Confindustria con Carlo Bonomi e ieri, oh yes, sono arrivati gli americani: “cordiale” telefonata con Janet Yellen, capo del dipartimento Tesoro dell’amministrazione Biden. 

E voi che eravate fermi all’immagine del ministro dell’Economia che con la chitarra suona “Bella ciao”. Invece no. Da quando una mattina si è svegliato, e ha sentito odor di invasor, il prof. di Storia contemporanea ha organizzato una resistenza per vincere la guerra lampo. Ma sempre a suon di bossa nuova. E dunque ma che lindo, il ragazzo di Ipanema. In nemmeno 72 ore ha messo in campo tutti gli sponsor possibili e immaginabili. Relazioni, politica. “Niente di strano, è tutto frutto dei rapporti di Roberto”, dicono dal Mef i Gualtieri-boys. Gli Ignazio Vacca e i Claudio Mancini che con lui condividono passati figicciotti e solide passioni gramsciane. Ah, l’egemonia culturale dei post dalemiani.

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D’altronde sono ore precarie per tutti, ma con importanti differenze. Non c’è un ministro uscente del Conte bis che non compulsi i mondi e le categorie con cui ha lavorato fino a questo momento. “Esci con una nota per dire che sono stato bravo?”.

Servono sostegni. I ministri grillini li chiedono ai parlamentari di riferimento, ai sindacati più attigui, magari anche alla portiera del palazzo: “Ah che bel ministro”.

Per Gualtieri, che ha i cordoni della borsa, è diverso. E’ più complicato ma anche più semplice. In queste ore, in cui tutti sono quirinalisti, la carta del Colle è come l’asso di briscola. Ma nel caso del Mef è vero: l’input è quello di non cambiare i ministri chiave in un eventuale ter di Conte. Il tutto, nonostante le critiche di Renzi precipitate sul Mef per la gestione del Recovery.

Ma la colpa, semmai, “è stata di Palazzo Chigi”, dicono ancora da via XX Settembre ricordando che l’iniziale bozza del disagio e della rabbia è stata partorita dalla squadra di Conte, in particolare da Riccardo Cristadoro, consulente economico del premier e sarto di un Recovery subito stretto e subito con le spalle deformate. E poi? “Siamo arrivati noi”. Cioè loro, quelli del Mef che adesso si stringono intorno a Gualtieri. E le ombre di Panetta e Draghi? Ottimi rapporti, antiche consuetudini. Si ricorda perfino di una cena estiva a quattro (quando si poteva andare a cena) in un ristorante romano con Paolo Gentiloni.

La mejo Europa, insomma. Dunque nessuna rivalità né ombre. E Renzi perché fa Renzi anche con l’Economia? Con la freddezza dei burocrati del Pci, la mossa dell’ex Rottamatore è bollata come una classica “tecnica negoziale”. Nel mezzo potrebbe spuntare una delega al fisco per Luigi Marattin sottosegretario. Tutto vero, forse. Nel dubbio sono scattate le contromosse di Gualtieri: attestati di stima pubblica dall’Europa e anche dall’America, come la telefonata (che caso!) di ieri con la ex presidente della Fed, che sarà la prima donna alla guida del dipartimento del Tesoro dell’amministrazione Biden. E quindi il Mef si fa isola e repubblica a se stante. E se nel Pd qualcuno vorrebbe il ministro sindaco di Roma, ecco la risposta di chi gli sta vicino: “Discorsi da ragazzini all’aperitivo”. In mancanza di prove, è più saldo un Gualtieri bis di un Conte ter.

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