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Il racconto

Il "non ora" di Renzi a Conte diventerà sì se il M5s riprenderà Italia Viva. Forse

Ventisei minuti di discorso al Quirinale, mille depistaggi: alla fine il senatore di Scandicci si è impegnato con il Colle

Simone Canettieri

Verso un mandato esplorativo a Fico, se i pentastellati non saranno antirenziani. Ma la soluzione del puzzle è ancora lontana.

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"Ao, ma quindi?”. Dopo ventisei minuti di show - tempi e modi non proprio quirinalizi - Renzi chiude il microfono. E un operatore tv osserva perplesso la  delegazione di Italia viva guadagnare l’uscita del Salone del feste. Premessa: il pover’uomo si fa interprete di uno smarrimento collettivo. E quindi raccoglie a tulipano le cinque dita della mano destra e le altalena in una gaddiana ipotiposi digito-interrogativa. “Ao, ma che ha detto Renzi? Lo vole er Conte ter o no?”. In effetti lo gnommero è ancora tutto lì. Negli appunti c’è scritto a proposito di Renzi: evoca il nome di Mario Draghi; dice che il governo dimissionario è stato tra i peggiori al mondo nel gestire la pandemia e la scuola;   l’economia va a rotoli; è pronto a un governo politico con questa maggioranza ma anche istituzionale; i responsabili sono “scandalosi”, il premier è vanitoso. Ma nella propaganda ha dato una notizia: Giuseppe Conte, su pressing di Mattarella, lo  ha chiamato prima di salire al Colle. Ragionare su questo indizio. 

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"Ao, ma quindi?”. Dopo ventisei minuti di show - tempi e modi non proprio quirinalizi - Renzi chiude il microfono. E un operatore tv osserva perplesso la  delegazione di Italia viva guadagnare l’uscita del Salone del feste. Premessa: il pover’uomo si fa interprete di uno smarrimento collettivo. E quindi raccoglie a tulipano le cinque dita della mano destra e le altalena in una gaddiana ipotiposi digito-interrogativa. “Ao, ma che ha detto Renzi? Lo vole er Conte ter o no?”. In effetti lo gnommero è ancora tutto lì. Negli appunti c’è scritto a proposito di Renzi: evoca il nome di Mario Draghi; dice che il governo dimissionario è stato tra i peggiori al mondo nel gestire la pandemia e la scuola;   l’economia va a rotoli; è pronto a un governo politico con questa maggioranza ma anche istituzionale; i responsabili sono “scandalosi”, il premier è vanitoso. Ma nella propaganda ha dato una notizia: Giuseppe Conte, su pressing di Mattarella, lo  ha chiamato prima di salire al Colle. Ragionare su questo indizio. 

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Infatti, facendo lo slalom tra veline e polpette avvelenate, Mes sì o no, si scopre che Renzi a Mattarella ha detto: no all’incarico a Conte, ora, prima serve un mandato esplorativo. No, ora. La mano dell’operatore tv ancora ruota.  I parlamentari di Italia viva che lo hanno seguito in diretta hanno bisogno di un supplemento di spiegazione dal loro capo. E così il leader di Italia viva scrive nella chat: “E’ no a Conte ora, non è un no a Conte. Voglio l’incarico esplorativo per farmi dire se sono ancora nella maggioranza”. 
Tutto chiaro?

Meglio. La situazione è tesa. Nel Pd lo capiscono subito. Tanto che Nicola Zingaretti legge una dichiarazione di 4 minuti (“sì al Conte ter”, estrema sintesi) e taglia la corda con gli altri delle delegazione dem. Segretario, possiamo farle una domanda? Manina. Ciaone. Zingaretti è così: un gatto.

Abbiamo lasciato un attimo, Conte sullo sfondo. La giornata del presidente del Consiglio non è iniziata benissimo: Luigi Vitali, dopo avergli detto di sì notte, dopo poche ore ha cambiato idea ed è ritornato tra le braccia di Silvio Berlusconi. “Hanno vinto gli affetti”.
Il premier dal suo bunker di Palazzo Chigi, un vero e proprio porto di mare in questi giorni, alla fine lo ha fatto. Nel pomeriggio dietro la gentile raccomandazione del Colle e di chissà quanti ambasciatori del Pd (su tutti Dario Franceschini) è andato a pescare nella sua rubrica che quel numero che si era ripromesso di non digitare più: “Matteo Renzi”. Cosa si si saranno detti? Il leader di Iv, e bisogna riandare a pescare gli appunti della sua conferenza stampa perché questa è stata,  più volte ribadisce che “non è uno scontro tra caratteri”. Come dire: caro Giuseppi, niente di personale.

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In una ricostruzione complicata e piena zeppa di agguati - ci sono ministri che mandano messaggi spaesati: insomma? - si capisce che il pensiero di Renzi, epurato dal fiume di parole, è quello di non rompere sul Conte ter. Di farne maturare, semmai, le condizioni. Tenendosi aperto - l’ex premier è così - un piano B. Che va dal governo istituzionale a un esecutivo con questa maggioranza ma forse ancora più allargata. Ma non è un no secco a Conte, anzi è il contrario.

Anche perché è convinzione comune, compreso del Quirinale, che a forza di giocare di tattica e con i dadi alla fine alle elezioni rotolando rotolando ci si va a finire. Unica opzione che proprio Renzi scaccia pubblicamente terminate le consultazioni.

Nel Pd lo chiamano “il leone in gabbia” che tanto “ha parlato perché non poteva dire nettamente sì a un nuovo incarico del premier”. Parentesi: c’è un grado di insofferenza nel Partito democratico nei confronti del leader di Italia viva, ma non dei suoi parlamentari, che chissà cosa accadrebbe se certi dirigenti dem incontrassero Matteo di notte. Va bene, colore. “Io sto qui per fare politica”, ripete il senatore di Scandicci per tutto il tempo durante il suo intervento al Quirinale. Con Davide Farone, Maria Elena Boschi nella parte delle statue e un piccolo intermezzo per Teresa Bellanova (ma sono dichiarazioni di pochi secondi). Il fatto è che in questa storia c’è anche il M5s, il primo partito del Parlamento.

Cosa dirà oggi Vito Crimi al presidente della Repubblica a proposito del ritorno a casa di Italia viva? “Da parte nostra non ci sarà alcun veto su Italia viva se il nome sarà Conte”. Insomma, rientrate pure, purché non vi inventiate strani giochi, colpi di prestigio per uccellare il fu avvocato del popolo. Questa è la linea dei vertici del Movimento, partito frastagliato e schizofrenico con così tanti galli e qualche volpe che spesso ci scappa l’incidente. Stando sempre alle dichiarazioni, gli unici che non vorrebbero Renzi nella maggioranza sono gli irriducibili: l’ala oltranzista di Alessandro Di Battista e Danilo Toninelli, Barbara Lezzi e qualche altro senatore. Stop. Poi ci sono i retropensieri e le ambizioni attribuite, seppur sempre smentite, a Luigi Di Maio. La riserva di Palazzo Chigi. Ma difficilmente si arriverà a questo. Intanto, oggi tocca al Movimento 5 stelle e alla delegazione chilometrica del centrodestra. Poi toccherà a Mattarella tirare le somme. Due opzioni sul tavolo: il reincarico a Conte, secco, con tanto di pacca sulle spalle, oppure un mandato esplorativo, magari sempre a Conte oppure a Roberto Fico per dare tempo a questa maggioranza così litigiosa di fare pace per tornare su Conte. Per il ter. Qualche giorno potrebbe aiutare. Ma meglio non pensare a cosa potrebbe succedere in caso di semaforo verde per il premier nell’allestimento della nuova squadra. Un pezzo per volta. 
 

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