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Oggi le dimissioni

Risolvere la crisi con la mossa del canguro

Una maggioranza più forte, più europeista, meno populista, meno giustizialista. Sul dopo BisConte si vedrà, ma sul futuro del governo ci sono buone ragioni per essere ottimisti: il salto in avanti è possibile. I segnali da cogliere

Claudio Cerasa

Se l’esito di questa fase di instabilità prodotta in buona parte dai narcisismi della politica coinciderà con l’avere un governo un po’ più europeista, un po’ meno populista, un po’ meno inefficiente, un po’ più forte, un po’ più adulto, un po’ meno giustizialista si potrà dire che non tutte le crisi vengono per nuocere

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Siamo degli inguaribili ottimisti, è vero, ma la sintesi di tutta la storia in fondo potrebbe essere questa: una crisi sbagliata nata per cause giuste potrebbe aiutare una maggioranza del tutto innaturale a fare ciò che un paese come l’Italia avrebbe il dovere di fare per affrontare con naturalezza una delle stagioni più complicate della sua storia recente. La crisi molto sbagliata nata per cause molto giuste è quella che hanno messo in scena Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Ed è quella che salvo sorprese e salvo colpi di scena potrebbe concludersi così. Con Giuseppe Conte che, finalmente, capisce che in questa legislatura governare senza i voti di Renzi significa voler stare in piedi senza avere idea di come poter camminare (e Conte sembra averlo capito). Con il Pd che, finalmente, capisce che specie durante una pandemia unire le forze europeiste presenti in Parlamento è più importante che volere dare lezioni di politica a Renzi (e il Pd sembra averlo capito). Con il M5s che, finalmente, capisce che specie durante una crisi economica e sanitaria il solo modo per evitare di dare ossigeno all’unica alternativa europeista al governo delle destre sovraniste è quello di costruire compromessi con i partiti europeisti guidati dall’odiatissimo Renzi (Italia viva) e dall’odiatissimo Berlusconi (Forza Italia). Con Renzi che, finalmente, capisce che governare senza l’aiuto di Conte significa voler togliere al M5s l’unico filtro in grado di non rendere l’irresponsabilità del grillismo del tutto incompatibile con il principio di realtà (ma una volta ottenute le dimissioni di Conte Renzi farà certamente un tentativo per archiviare la stagione di Conte provando a spingere il Pd a fare quello che il Pd oggi non sembra essere intenzionato a fare: richiedere per sé il ruolo di guida del governo).

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Siamo degli inguaribili ottimisti, è vero, ma la sintesi di tutta la storia in fondo potrebbe essere questa: una crisi sbagliata nata per cause giuste potrebbe aiutare una maggioranza del tutto innaturale a fare ciò che un paese come l’Italia avrebbe il dovere di fare per affrontare con naturalezza una delle stagioni più complicate della sua storia recente. La crisi molto sbagliata nata per cause molto giuste è quella che hanno messo in scena Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Ed è quella che salvo sorprese e salvo colpi di scena potrebbe concludersi così. Con Giuseppe Conte che, finalmente, capisce che in questa legislatura governare senza i voti di Renzi significa voler stare in piedi senza avere idea di come poter camminare (e Conte sembra averlo capito). Con il Pd che, finalmente, capisce che specie durante una pandemia unire le forze europeiste presenti in Parlamento è più importante che volere dare lezioni di politica a Renzi (e il Pd sembra averlo capito). Con il M5s che, finalmente, capisce che specie durante una crisi economica e sanitaria il solo modo per evitare di dare ossigeno all’unica alternativa europeista al governo delle destre sovraniste è quello di costruire compromessi con i partiti europeisti guidati dall’odiatissimo Renzi (Italia viva) e dall’odiatissimo Berlusconi (Forza Italia). Con Renzi che, finalmente, capisce che governare senza l’aiuto di Conte significa voler togliere al M5s l’unico filtro in grado di non rendere l’irresponsabilità del grillismo del tutto incompatibile con il principio di realtà (ma una volta ottenute le dimissioni di Conte Renzi farà certamente un tentativo per archiviare la stagione di Conte provando a spingere il Pd a fare quello che il Pd oggi non sembra essere intenzionato a fare: richiedere per sé il ruolo di guida del governo).

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Tutto può succedere, dunque, e quando si apre una crisi chi entra Papa spesso esce cardinale e i mille dubbi di Conte sulle dimissioni nascono ovviamente da qui e nascono dalla preoccupazione che una volta aperte le consultazioni sia possibile che la simmetria tra l’agenda di Conte e quella del Pd e del M5s mostri qualche inaspettato elemento asimmetrico. Ma se si ha la pazienza di fissare sul terreno di gioco gli unici paletti che sembrano essere certi in questa pazza crisi di governo e se si ha la pazienza di passare in rassegna le poche certezze consegnate finora dallo scazzo tra Renzi e Conte (le elezioni sono un’opzione che non c’è, l’allargamento del perimetro della maggioranza a Salvini è un’idea che non esiste, la possibilità che sia un Parlamento sovranista a eleggere il prossimo presidente della Repubblica è un’alternativa remota) si capirà che gli effetti inaspettati che potrebbero essere prodotti da questa crisi potrebbero essere più interessanti della stessa crisi. Conte o non Conte, la maggioranza che si farà strada dopo questa crisi, sempre che Conte non abbia intenzione di governare davvero con la Ciampolillo associati, sarà una maggioranza decisamente più ampia rispetto a quella conosciuta finora e sarà una maggioranza che proverà a mettere insieme non tutti i possibili senatori europeisti ma tutte le possibili forze europeiste presenti in Parlamento.

 

Conte o non Conte, la maggioranza che si farà strada dopo questa crisi, sempre che le scintille tra i protagonisti del duello non si trasformino improvvisamente in un incendio, sarà una maggioranza in cui l’agenda del grillismo conterà probabilmente un po’ meno e in cui l’agenda dell’europeismo conterà probabilmente un po’ di più. Conte o non Conte, la maggioranza che si farà strada dopo questa crisi, alla luce delle fibrillazioni prodotte dal destino della mozione Bonafede, sarà una maggioranza in cui, sulla giustizia, l’agenda delle manette conterà un po’ meno dell’agenda delle riforme, specie se la crisi di governo dovesse costringere la maggioranza a sacrificare il più che sacrificabile ministro della malagiustizia Alfonso Bonafede.

 

Conte o non Conte, la maggioranza che si farà strada dopo questa crisi, alla luce dei nuovi equilibri che potrebbero emergere nel rapporto tra i partiti di governo, potrebbe essere una maggioranza desiderosa di recuperare sui temi del lavoro l’agenda del Jobs Act, desiderosa di accelerare sui temi delle riforme istituzionali il percorso interrotto all’indomani del referendum sul taglio dei parlamentari, desiderosa di affidarsi alla saggia guida dell’Europa, e del commissario Paolo Gentiloni, per evitare di diventare un freno ai programmi comuni europei e per evitare di presentare il prossimo 30 aprile un piano del Recovery che somigli più a una lista della spesa per accontentare le correnti dei partiti che a un progetto per cambiare i connotati del paese. La crisi è stata decisamente pazza, i duellanti non sono apparsi sempre lucidi e ovviamente le sorprese potrebbero continuare a esserci nei prossimi giorni. Ma se l’esito di questa fase di instabilità prodotta in buona parte dai narcisismi della politica coinciderà con l’avere un governo un po’ più europeista, un po’ meno populista, un po’ meno inefficiente, un po’ più forte, un po’ più adulto, un po’ meno giustizialista si potrà dire che non tutte le crisi vengono per nuocere e si potrà dire che alla fine dei conti anche i negoziati più disordinati possono trasformarsi in una buona opportunità per raddrizzare la traiettoria di un paese e fare un balzo in avanti  in stile mossa del canguro. Vale quando si parla di pandemia, vale quando si parla di economia, vale quando si parla di politica: peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla. Claudio Cerasa

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