PUBBLICITÁ

Con il vicesindaco Bergamo e Cafarotti, Raggi fa il record di assessori cacciati. Quasi 4 all’anno

Gianluca De Rosa

Epurazioni in Campidoglio, è roba da Guinness. Gli ultimi due ad essere cacciati si erano opposti alla ricandidatura della sindaca grillina, che spera in un bis (ma sembra avere poche possibilità)

PUBBLICITÁ

Marcello Minenna, Paola Muraro, Paolo Berdini, Massimo Colomban Adriano Meloni, Andrea Mazzillo, Pinuccia Montanari, Laura Baldassarre, Flavia Marzano, Margherita Gatta, Rosalba Castiglione. L’elenco è davvero lungo. Se si escludono Daniele Frongia, vicesindaco per pochissimo tempo e ancora delegato allo Sport, e Linda Meleo (passata comunque dalla Mobilità ai Lavori pubblici) al fianco di Virginia Raggi non è rimasto nessuno degli otto assessori che con lei il 7 luglio del 2016 si presentarono all’aula Giulio Cesare. La prima (e per ora unica) giunta a 5 stelle della Capitale. L’antipasto dei grillini al potere. A poco, a poco, come i dieci piccoli indiani, gli assessori sono usciti di scena: chi sbattendo la porta dietro di sé, chi cacciato in modo più o meno elegante. L’ultimo atto si è consumato ieri sera. La sindaca di Roma con un messaggio ha riferito ai consiglieri 5 stelle la sua decisione: “Volevo informarvi direttamente prima che lo apprendeste dalla stampa. Sto riprendendo le deleghe della cultura e delle attività produttive”. Tradotto: il vicesindaco e delegato alla Cultura Luca Bergamo e l’assessore al Commercio Carlo Cafarotti sono fuori dalla giunta, anche se, scrive la prima cittadina: “La mia stima nei loro confronti resta immutata”. La decisione di Virginia Raggi riguarda da molto vicino le elezioni 2021 che si avvicinano e la campagna elettorale imminente. Con Bergamo, ha scritto la sindaca: "Ci sono diversità di visioni politiche per il futuro di Roma. Ne abbiamo discusso di recente senza riuscire a trovare una sintesi". 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Marcello Minenna, Paola Muraro, Paolo Berdini, Massimo Colomban Adriano Meloni, Andrea Mazzillo, Pinuccia Montanari, Laura Baldassarre, Flavia Marzano, Margherita Gatta, Rosalba Castiglione. L’elenco è davvero lungo. Se si escludono Daniele Frongia, vicesindaco per pochissimo tempo e ancora delegato allo Sport, e Linda Meleo (passata comunque dalla Mobilità ai Lavori pubblici) al fianco di Virginia Raggi non è rimasto nessuno degli otto assessori che con lei il 7 luglio del 2016 si presentarono all’aula Giulio Cesare. La prima (e per ora unica) giunta a 5 stelle della Capitale. L’antipasto dei grillini al potere. A poco, a poco, come i dieci piccoli indiani, gli assessori sono usciti di scena: chi sbattendo la porta dietro di sé, chi cacciato in modo più o meno elegante. L’ultimo atto si è consumato ieri sera. La sindaca di Roma con un messaggio ha riferito ai consiglieri 5 stelle la sua decisione: “Volevo informarvi direttamente prima che lo apprendeste dalla stampa. Sto riprendendo le deleghe della cultura e delle attività produttive”. Tradotto: il vicesindaco e delegato alla Cultura Luca Bergamo e l’assessore al Commercio Carlo Cafarotti sono fuori dalla giunta, anche se, scrive la prima cittadina: “La mia stima nei loro confronti resta immutata”. La decisione di Virginia Raggi riguarda da molto vicino le elezioni 2021 che si avvicinano e la campagna elettorale imminente. Con Bergamo, ha scritto la sindaca: "Ci sono diversità di visioni politiche per il futuro di Roma. Ne abbiamo discusso di recente senza riuscire a trovare una sintesi". 

PUBBLICITÁ

 

Bergamo e Cafarotti, dunque, vanno arrichire una lista già decisamente densa. Il primo ad andare via fu Marcello Minenna: il 1 settembre del 2016, poche settimane dopo l’insediamento della giunta. Il dirigente della Consob, insieme alla capo di gabinetto Carla Romana Raineri, lasciò il Campidoglio per i duri scontri con Raffaele Marra, il vicecapo di gabinetto che è costato a Virginia Raggi un lungo processo. Pochi mesi dopo, a dicembre fu il turno di Paola Muraro: la prima assessore ai Rifiuti della giunta fu costretta a dimettersi per un’indagine che la Procura di Roma che la riguardava. Poco dopo, a febbraio del 2017, toccò a Paolo Berdini. L’urbanista se ne andò in polemica: “Le periferie affondano, ma si qui si pensa solo allo stadio della Roma”.

  

PUBBLICITÁ

Poi, dopo una primavera e un’estate di pace, a settembre a mollare fu Massimo Colomban, il manager veneto a cui era stato il compito impossibile di razionalizzare le partecipate comunali. A Maggio 2018 lasciò l’assessore al Turismo e al Commercio Adriano Meloni. E ancora, nel febbario 2019, una delle rotture più clamorose, quella con Pinuccia Montanari: l’amica di Beppe Grillo che aveva sostituito Muraro ai Rifiuti promettendo una raccolta differenziata al 70 per cento entro il 2021 (sigh). A costringerla all’addio il braccio di ferro con l’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti (terzo per quella delega dopo Minenna e Andrea Mazzillo sostituito nell’agosto 2017) sui conti di Ama: quel bilancio 2017 bloccato ancora oggi. A settembre 2019 fu invece Virginia Raggi ad ordinare il rimpastone. Via l’assessora alle Politiche sociali Laura Baldassare, quella al Patrimonio Rosalba Castiglione e anche quella ai Lavori Pubblici Margherita Gatta. Dentro per far pace con i consiglieri del gruppo grillino in Assemblea capitolina due di loro: Pietro Calabrese (alla Mobilità) e Valentina Vivarelli (Patrimonio e Politiche abitative). Mentre a Veronica Mammì, già assessore municipale, e sposata con un altro di consigliere di peso, Enrico Stefàno, toccarono le Politiche sociali.

  

Anche quella di ieri è una scelta strategica. Dietro, dicevamo, l’avvicinarsi delle elezioni comunali. La sindaca ha bisogno di portare più consiglieri e militanti M5s dalla sua parte. Per le deleghe di Bergamo e Cafarotti, non è un caso, in pole ci sono Andrea Coia per il Commercio (attualmente è presidente dell’omologa commissione), e Lorenza Fruci alla Cultura (ora delegata alle Pari Opportunità). Mentre il posto di vicesindaco potrebbe essere riservato proprio a Pietro Calabrese, già promosso assessore a settembre 2019.

    

Il sogno proibito di Virginia Raggi è quello di diventare la candidata dell’alleanza giallorossa in città, la Giuseppe Conte di palazzo Senatorio. La strada però – la sindaca lo sa – è praticamente impercorribile. La prima cittadina comunque le sue pedine le ha mosse: su Twitter ammicca a Zingaretti – “Bravo Nicola… servono costruttori di speranza” – mentre in Campidoglio ha lanciato a tutti i gruppi una “tricamerale” per i poteri di Roma, un obiettivo alto di lungo periodo degno di un profilo “presidenziale” ed ecumenico. Un modo per interpretare la “visione strutturale” e la “fase costituente” che almeno 5 grillini dell’Assemblea capitolina (Enrico Stefàno, Marco Terranova, Donatella Iorio, Angelo Sturni e Alessandra Agnello) chiedono, insieme ad un’alleanza con il centrosinistra. Ma non è solo il Pd a non volere Virginia Raggi, anche i cinque consiglieri, dopo aver osservato le sue mosse, in un post inequivocabile sulla loro pagina Facebook – “Piano di Roma” – l’hanno scaricata: “Serve un candidato sindaco capace di unire, una figura terza rispetto alle varie forze politiche in campo, replicando lo schema del livello nazionale su Roma. Per questo motivo non possiamo immaginare che dopo mesi di veti incrociati, anatemi lanciati all'insegna del mai con tizio o mai con quel partito, si possa pensare di riuscire a costruire una maggioranza promossa da figure divisive che hanno imposto dall’alto la propria candidatura”. Virginia Raggi, appunto. La sindaca dunque deve pensare ad altre strade: la maestra la vuole candidata in solitaria. Serve dunque rinsaldare le forze. Fuori Luca Bergamo, che la vede in modo non troppo dissimile dai cinque consiglieri dissidenti, dentro un consigliere e un’altra militante da portare dalla sua parte. La campagna elettorale, almeno per Virginia Raggi, è cominciata.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ