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Un'altra "Ursula" è possibile? Parla il deputato pd Claudio Mancini

L'allargamento a Forza Italia, il recupero eventuale di Renzi, la legge elettorale, la regia unica del Mef

Marianna Rizzini

"Conte intanto faccia quello che ha promesso", dice il dem vicino a Gualtieri e Bettini. "Legge con sbarramento al cinque per cento e collegi uninominali" su base regionale. E disegna anche un identikit del possibile sindaco di Roma

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Roma. I pochi giorni che separano il voto di fiducia (traballante) dal prossimo orlo del baratro – mercoledì prossimo, in Senato, in occasione della relazione sulla Giustizia del Guardasigilli a Cinque stelle Alfonso Bonafede – sono anche i giorni della costruzione di un eventuale “allargamento”. Come e con chi, questo è il problema. E ieri il vicesegretario del Pd Andrea Orlando ha dato rango di ipotesi percorribile all’idea di una “coalizione Ursula”, quella che in Europa ha visto convergere Pd, M5s e Forza Italia attorno alla presidente Ursula von der Leyen: “Può valere anche in Italia”, ha detto Orlando, “se c’è la volontà di tutti e se ci si rende conto che questo obiettivo si può realizzare partendo da questa maggioranza”. E Claudio Mancini, deputato pd molto vicino al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (che conosce fin dai tempi della comune militanza nella Fgci) e a Goffredo Bettini, dice di vederla “come una maggioranza per le riforme: il dialogo con Forza Italia può avvenire sulla legge elettorale, sul Recovery fund e, in prospettiva, per creare le condizioni migliori per eleggere un presidente della Repubblica europeista”. E però intanto bisogna trovare i numeri. La strada è stretta, dicono a Conte i titoli dei giornali e i consiglieri nascosti e non nascosti. Come si fa? “Si procede passo dopo passo”, dice Mancini: “Prima di tutto il premier deve fare quello che ha detto di voler fare in Parlamento e su cui ha ottenuto la fiducia: procedere alla nomina del ministro dell’Agricoltura e di un’autorità per i servizi, dare impulso alla nuova legge elettorale e portare in Parlamento il Recovery Plan. Sono passaggi immediati, questi, che possono dare corpo al suo appello alle forze europeiste. Più si avanza in questo processo politico, più il sostegno si manifesterà”. Ma, dice Mancini, per quanto riguarda l’emergenza economica, la cornice d’azione dovrebbe vedere “un’unica regia” del Mef: “Il dibattito parlamentare sullo scostamento ha messo in evidenza il nesso tra Recovery e politica di bilancio. E se l’obiettivo è la ripresa, e ci si aspetta un rimbalzo del Pil del 5,1 per cento, dopo il calo del 9 nel 2020, le risorse del Recovery, che devono essere impiegate entro due anni, e quelle che derivano da una maggiore flessibilità di bilancio, hanno bisogno di una gestione coordinata”. Il Recovery è anche il tema da cui partire per il suddetto e sperato “allargamento”? “Un conto è il consolidamento dei numeri della maggioranza, cosa che riguarda la volontà dei singoli parlamentari al momento di valutare gli atti del governo”, dice Mancini, “un conto è l’eventuale nascita di nuovi gruppi parlamentari e un conto è il dialogo con Forza Italia su Recovery e legge elettorale”. Proporzionale, ha promesso e ribadito Conte in Parlamento. Dopo la vittoria del “sì” al referendum per la riduzione dei parlamentari, la legge elettorale, dice Mancini, dovrebbe prevedere “una soglia di sbarramento nazionale al 5 per cento, per evitare l’eccessiva frammentazione; e circoscrizioni regionali con collegi uninominali, sul modello dell’elezione del Senato della Prima Repubblica. Considerato che avremo un deputato ogni 150 mila abitanti e un senatore ogni 300 mila, i collegi risulterebbero sufficientemente ampi da legittimare la rappresentanza parlamentare ma non così grandi da avere costi eccessivi”. Intanto però, lungo il percorso del governo, c’è il tema dell’eventuale “recupero” di Matteo Renzi. E’ possibile? “Dipende da quello che farà Renzi nei prossimi giorni: se sceglie l’opposizione e il Vietnam parlamentare dovrà isolarsi, e non credo che tutti nei suoi gruppi lo seguiranno. Se mantiene l’astensione e non cerca imboscate, beh allora è diverso”. All’orizzonte si stagliano anche (si fa per dire, visto il rischio di rinvio per pandemia) le elezioni a Roma, città che Mancini conosce bene. Il Pd non ha ancora un nome: “Raggi si ricandida con i Cinque stelle, Calenda non cerca il nostro sostegno ma punta a una sua lista liberal-democratica. Il Pd, con gli alleati di centrosinistra, lavorerà a una candidatura unica del partito alle primarie, un uomo o una donna di alto profilo, ma che sia espressione di rinnovamento”. Intanto è partita “Next generation Roma”, campagna pd di tesseramento che ha per claim “iscriviti e partecipa alle scelte per la tua città”. “Abbiamo ottenuto che si definisca una cabina di regia per il Giubileo”, dice Mancini: “Il prossimo sindaco dovrà governare dieci anni con grandi obiettivi davanti. Non li sacrificheremo in direzioni di Raggi, Calenda o di varie alchimie tattiche”. 

 

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Roma. I pochi giorni che separano il voto di fiducia (traballante) dal prossimo orlo del baratro – mercoledì prossimo, in Senato, in occasione della relazione sulla Giustizia del Guardasigilli a Cinque stelle Alfonso Bonafede – sono anche i giorni della costruzione di un eventuale “allargamento”. Come e con chi, questo è il problema. E ieri il vicesegretario del Pd Andrea Orlando ha dato rango di ipotesi percorribile all’idea di una “coalizione Ursula”, quella che in Europa ha visto convergere Pd, M5s e Forza Italia attorno alla presidente Ursula von der Leyen: “Può valere anche in Italia”, ha detto Orlando, “se c’è la volontà di tutti e se ci si rende conto che questo obiettivo si può realizzare partendo da questa maggioranza”. E Claudio Mancini, deputato pd molto vicino al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (che conosce fin dai tempi della comune militanza nella Fgci) e a Goffredo Bettini, dice di vederla “come una maggioranza per le riforme: il dialogo con Forza Italia può avvenire sulla legge elettorale, sul Recovery fund e, in prospettiva, per creare le condizioni migliori per eleggere un presidente della Repubblica europeista”. E però intanto bisogna trovare i numeri. La strada è stretta, dicono a Conte i titoli dei giornali e i consiglieri nascosti e non nascosti. Come si fa? “Si procede passo dopo passo”, dice Mancini: “Prima di tutto il premier deve fare quello che ha detto di voler fare in Parlamento e su cui ha ottenuto la fiducia: procedere alla nomina del ministro dell’Agricoltura e di un’autorità per i servizi, dare impulso alla nuova legge elettorale e portare in Parlamento il Recovery Plan. Sono passaggi immediati, questi, che possono dare corpo al suo appello alle forze europeiste. Più si avanza in questo processo politico, più il sostegno si manifesterà”. Ma, dice Mancini, per quanto riguarda l’emergenza economica, la cornice d’azione dovrebbe vedere “un’unica regia” del Mef: “Il dibattito parlamentare sullo scostamento ha messo in evidenza il nesso tra Recovery e politica di bilancio. E se l’obiettivo è la ripresa, e ci si aspetta un rimbalzo del Pil del 5,1 per cento, dopo il calo del 9 nel 2020, le risorse del Recovery, che devono essere impiegate entro due anni, e quelle che derivano da una maggiore flessibilità di bilancio, hanno bisogno di una gestione coordinata”. Il Recovery è anche il tema da cui partire per il suddetto e sperato “allargamento”? “Un conto è il consolidamento dei numeri della maggioranza, cosa che riguarda la volontà dei singoli parlamentari al momento di valutare gli atti del governo”, dice Mancini, “un conto è l’eventuale nascita di nuovi gruppi parlamentari e un conto è il dialogo con Forza Italia su Recovery e legge elettorale”. Proporzionale, ha promesso e ribadito Conte in Parlamento. Dopo la vittoria del “sì” al referendum per la riduzione dei parlamentari, la legge elettorale, dice Mancini, dovrebbe prevedere “una soglia di sbarramento nazionale al 5 per cento, per evitare l’eccessiva frammentazione; e circoscrizioni regionali con collegi uninominali, sul modello dell’elezione del Senato della Prima Repubblica. Considerato che avremo un deputato ogni 150 mila abitanti e un senatore ogni 300 mila, i collegi risulterebbero sufficientemente ampi da legittimare la rappresentanza parlamentare ma non così grandi da avere costi eccessivi”. Intanto però, lungo il percorso del governo, c’è il tema dell’eventuale “recupero” di Matteo Renzi. E’ possibile? “Dipende da quello che farà Renzi nei prossimi giorni: se sceglie l’opposizione e il Vietnam parlamentare dovrà isolarsi, e non credo che tutti nei suoi gruppi lo seguiranno. Se mantiene l’astensione e non cerca imboscate, beh allora è diverso”. All’orizzonte si stagliano anche (si fa per dire, visto il rischio di rinvio per pandemia) le elezioni a Roma, città che Mancini conosce bene. Il Pd non ha ancora un nome: “Raggi si ricandida con i Cinque stelle, Calenda non cerca il nostro sostegno ma punta a una sua lista liberal-democratica. Il Pd, con gli alleati di centrosinistra, lavorerà a una candidatura unica del partito alle primarie, un uomo o una donna di alto profilo, ma che sia espressione di rinnovamento”. Intanto è partita “Next generation Roma”, campagna pd di tesseramento che ha per claim “iscriviti e partecipa alle scelte per la tua città”. “Abbiamo ottenuto che si definisca una cabina di regia per il Giubileo”, dice Mancini: “Il prossimo sindaco dovrà governare dieci anni con grandi obiettivi davanti. Non li sacrificheremo in direzioni di Raggi, Calenda o di varie alchimie tattiche”. 

 

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