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L'intervista

Delrio non chiude a Renzi

Parla il capogruppo del Pd alla Camera

David Allegranti

"Con questi numeri è complicato anche solo gestire l'ordinario, figuriamoci lo straordinario". Per il capogruppo del Pd alla Camera "le forze europeiste, liberali, popolari devono organizzarsi in un gruppo parlamentare"

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“Con questi numeri, per questo lavoriamo a un allargamento vero, è complicato anche solo gestire l’ordinario, figuriamoci lo straordinario”, dice al Foglio Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, sinceramente preoccupato per la piega della crisi politica. L’uscita di scena di Italia viva pone problemi che non si possono risolvere con i Ciampolillo: “Serve un progetto strutturato. Le forze europeiste, liberali, popolari, alle quali si è rivolto legittimamente il presidente del Consiglio Conte devono organizzarsi in un gruppo parlamentare. Altrimenti non riusciremo a fare un patto di legislatura che abbia obiettivi precisi”. Anche perché la crisi politica, dice Delrio, “ha interrotto un percorso di cambiamento che avevano intrapreso, tutti insieme, i partiti della maggioranza. Il Pd mirava  al rilancio dell’azione riformista. Laddove per riformista non si intende una parola vuota, una formula politicista. Significa ridare forma alle questioni strutturali in cui il nostro paese è più debole. Per dire, il funzionamento della Pa che non si risolve commissariando tutto; una riforma fiscale, per un fisco più giusto dove tutti pagano le tasse ma meno; una riforma della giustizia”.

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“Con questi numeri, per questo lavoriamo a un allargamento vero, è complicato anche solo gestire l’ordinario, figuriamoci lo straordinario”, dice al Foglio Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, sinceramente preoccupato per la piega della crisi politica. L’uscita di scena di Italia viva pone problemi che non si possono risolvere con i Ciampolillo: “Serve un progetto strutturato. Le forze europeiste, liberali, popolari, alle quali si è rivolto legittimamente il presidente del Consiglio Conte devono organizzarsi in un gruppo parlamentare. Altrimenti non riusciremo a fare un patto di legislatura che abbia obiettivi precisi”. Anche perché la crisi politica, dice Delrio, “ha interrotto un percorso di cambiamento che avevano intrapreso, tutti insieme, i partiti della maggioranza. Il Pd mirava  al rilancio dell’azione riformista. Laddove per riformista non si intende una parola vuota, una formula politicista. Significa ridare forma alle questioni strutturali in cui il nostro paese è più debole. Per dire, il funzionamento della Pa che non si risolve commissariando tutto; una riforma fiscale, per un fisco più giusto dove tutti pagano le tasse ma meno; una riforma della giustizia”.

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Vasto programma, e Delrio lo sa: “Ma senza ambizioni alte non si sopravvive nel fango. Anche nel Dopoguerra, quando eravamo nella miseria, ne uscimmo grazie a obiettivi elevati: la comunità europea, la democrazia, l’educazione per tutti. La grande azione riformatrice dei partiti popolari degli anni Sessanta aveva questo obiettivo: rendere più sicura la vita delle persone. Fare politica voleva dire provvedere e proteggere: provvedere ai bisogni, proteggere dai pericoli. Adesso però il cammino si è interrotto con la scelta di IV e per questo siamo tutti un po’ smarriti. Un primo passo è stato fatto, con il voto di fiducia alle Camere, adesso dobbiamo dare solidità a questo cammino”.

   

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Ma se l’appello di Conte non dovesse sortire effetti, quali strade ci sarebbero? “Per adesso non diamoci subordinate. Il Pd ha sempre detto due cose: no a una crisi al buio, no a elezioni. Non perché entrambe le cose non siano possibili, ma perché dobbiamo avere lo sguardo rivolto ai più deboli. La democrazia non fa male, ma il tempo elettorale metterebbe in secondo piano i bisogni del paese in primis il contagio che ancora è il dramma principale”.

   

Ma Conte è davvero insostituibile? “Conte è il punto di equilibrio che si è determinato nel 2018 con la vittoria del M5s”. Quindi? “Bisogna lavorare al rilancio di questa coalizione, allargandola”.

 

Conte dice “mai più con Renzi”. Davvero è impossibile recuperare il rapporto con Italia viva? Delrio soppesa bene le parole e decide di non chiudere: “Vengo da una cultura che non ha mai tollerato né le purghe staliniane, né la demonizzazione dell’avversario, né il linciaggio sui social come fanno i populisti. Non metto mai veti. Certo, c’è una ferita aperta e la ferita sta sanguinando. E, lo dico da medico, le ferite si rimarginano col tempo. Per questo Conte si è rivolto ai singoli parlamentari. Anche perché il dialogo lo hanno chiuso loro aprendo la crisi in questa maniera”.

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Il caso Cesa rischia di interrompere l’allargamento della maggioranza? “Non sono abituato a commentare le decisioni della magistratura, il cui lavoro rispetto, e non ho contatti con l’Udc. Quindi non so dirle che conseguenze avrà su di loro”.

 

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Con la destra non c’è possibilità di interlocuzione? “Non è questione di pregiudizio, ma per noi c’è un discrimine fondamentale che è l’europeismo. Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per imprimere una svolta europeista al governo e aver fatto capire all’Unione europea che la solidarietà deve essere un destino comune, non possiamo rimettere tutto in discussione se ci sono forze che non credono a questi valori. Detto brutalmente: Trump e Biden non sono la stessa cosa”. Questo però andrebbe detto anche a Conte, che è stato sostenitore di Trump… “Ognuno ha la responsabilità delle proprie posizioni. È legittimo cambiare idea. Non c’è dubbio che nel Conte 1 sia stata una debolezza e noi la considerammo infatti già all’epoca un errore. Ci fa piacere che la posizione che avevamo suggerito oggi sia invece condivisa”.

   

Delrio, ma invece il Pd come sta? Leggiamo continui appelli di Goffredo Bettini a terze o quarte gambe da coinvolgere. “Legittimo e giusto in questa fase .Ma senza dimenticare che il Pd è nato per essere la casa di socialisti liberali e cattolici. Una casa grande, direi, o anche una piazza grande come direbbe Zingaretti. Le culture cattoliche, democratiche, popolari storiche sono già confluite nel Pd. Le culture e le storie politiche: non singoli credenti. Pensi che in Parlamento qualcuno (Meloni ndr) si è scandalizzato sentendo nominare il liberalsocialisti come se non esistessero  i Rosselli o Bobbio. Pensi che Togliatti a Bergamo nel suo discorso sul destino dell’uomo disse che non si tendono le mani ai cattolici per annetterli con un espediente ipocrita. Il nostro partito continua a essere la casa principale di queste culture. Non possiamo esternalizzare la genetica del Pd. A meno che qualcuno non pensi di tornare ai Ds e alla Margherita. Ma in quel caso si aprirebbe un problema enorme sull’esistenza stessa del Partito democratico”.

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