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Come allargare

“Per convincere i liberali serve un nuovo governo e un nuovo Recovery”. Parla Enrico Borghi (Pd)

Valerio Valentini

“È arrivato il momento di rafforzare il profilo riformista del Pd e della maggioranza, specie se vogliamo davvero attrarre forze liberali. E il Recovery è il banco di prova di questo riassetto: così com’è, non funziona. È scritto male, è fragile", dice il deputato dem

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La sua convinzione, per come ce l’ha anticipata, è che “per risolvere in fretta e per bene questa crisi, c’è bisogno di riscrivere il Recovery plan con un approccio riformista, e fare un nuovo governo insieme alle forze politiche che in quella riscrittura andranno coinvolte”. Ma questa è appunto la soluzione finale. “Per arrivarci, però, servono delle premesse”, dice Enrico Borghi, deputato del Pd di rito gueriniano. “Il mondo intorno a noi non s’è fermato perché qualcuno ha aperto una crisi. Ed è per questo che il vuoto di potere, tanto più in una fase come questa, è preoccupante”, spiega Borghi. “E’ preoccupante per quel che riguarda il settore bancario e finanziario”, prosegue, citando quel rapporto del Copasir sul rischio di scorribande straniere a Piazza Affari e dintorni che ben conosce, essendone stato uno dei relatori. “In quegli ambienti la vacanza di un esecutivo forte e con una visione chiara può essere una tentazione. Penso a Mps, a Telecom, a Fincantieri, a Mediaset e a Stellantis: tutte vicende delicate che richiedono un governo nel pieno delle sue funzioni”. E poi? “E poi c’è un’emegenza sociale, come ci ricorda l’ultimo rapporto del Censis. Una tensione latente che potrebbe trasformarsi in un’onda anomala quando verrà sospesa l’anestetico della cassa integrazione e del blocco dei licenziamenti”.

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La sua convinzione, per come ce l’ha anticipata, è che “per risolvere in fretta e per bene questa crisi, c’è bisogno di riscrivere il Recovery plan con un approccio riformista, e fare un nuovo governo insieme alle forze politiche che in quella riscrittura andranno coinvolte”. Ma questa è appunto la soluzione finale. “Per arrivarci, però, servono delle premesse”, dice Enrico Borghi, deputato del Pd di rito gueriniano. “Il mondo intorno a noi non s’è fermato perché qualcuno ha aperto una crisi. Ed è per questo che il vuoto di potere, tanto più in una fase come questa, è preoccupante”, spiega Borghi. “E’ preoccupante per quel che riguarda il settore bancario e finanziario”, prosegue, citando quel rapporto del Copasir sul rischio di scorribande straniere a Piazza Affari e dintorni che ben conosce, essendone stato uno dei relatori. “In quegli ambienti la vacanza di un esecutivo forte e con una visione chiara può essere una tentazione. Penso a Mps, a Telecom, a Fincantieri, a Mediaset e a Stellantis: tutte vicende delicate che richiedono un governo nel pieno delle sue funzioni”. E poi? “E poi c’è un’emegenza sociale, come ci ricorda l’ultimo rapporto del Censis. Una tensione latente che potrebbe trasformarsi in un’onda anomala quando verrà sospesa l’anestetico della cassa integrazione e del blocco dei licenziamenti”.

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E dunque, che fare? “E dunque bisogna innanzitutto prendere atto, tutti insieme, che il Recovery plan, così com’è, non funziona. E’ scritto male, è fragile. E cominciano a dircelo anche da Bruxelles, anche da Berlino”. Alt: ma allora tutti i torti non ce li aveva Matteo Renzi nel picconare il Recovery. Eppure voi non lo avete assecondato, anzi. “Benjamin Disraeli diceva che “in politica, come nella musica, il tempo è tutto, e avere ragione al momento sbagliato provoca danni più rilevanti che aver torto al momento giusto”. E dunque il tempo di modificare il Recovery è arrivato proprio adesso? “E’ arrivato il momento di rafforzare il profilo riformista del Pd e della maggioranza, specie se vogliamo davvero attrarre forze liberali. E il Recovery è il banco di prova di questo riassetto: quel piano non può essere fondato su una logica interventista, cara a chi prefigura una specie di fusione tra Pd e M5s e vagheggia la rifondazione dell’Iri e della Cassa del Mezzogiorno”. Sta picchiando contro un pezzo del governo, onorevole Borghi. “Sto dicendo che le risorse del Next Generation Eu non vanno gestite come un grande Fondo di coesione, vanno utilizzate come incentivo per favorire investimenti privati di valore e su larga scala. Sto dicendo che non è sposando un credo massimalista che questa maggioranza può essere allargata”.

  

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Ma se è questo lo scenario che prefigura, perché non coinvolgere tutti, in un’ottica di governo di solidarietà nazionale? “Perché non è vero che tutti vogliono starci, in questo solco. Fare un governissimo con la destra sovranista? Cioè con la Meloni che definisce l’Unione europea come una congrega di strozzini? O con Salvini che paragone il Recovery all’invasione della Polonia? L’europeismo non è un gargarismo per trovare qualche responsabile un più, è un valore concreto”. Ma se la dorsale del nuovo governo è riformista ed europeista, perché porre veti su Italia viva? “Io mi limito a prendere atto che è stato Renzi a chiamarsi fuori. Dopodiché, da parte mia non c’è alcuna pregiudiziale verso nessuno. E sono certo che dentro Iv ci siano tante persone che stanno riflettendo su come il senso profondo della loro battaglia sia stato tradito dall’atto sconsiderato di Matteo”.

   

E dunque l’invito si restringe a Forza Italia, par di capire. Ma la sola proposta di sedersi al tavolo del nuovo Recovery, può bastare a convincere gli azzurri a separarsi dalla destra sovranista? “Io credo che ci dovrà essere una chiara corrispondenza tra la base parlamentare che lavora al nuovo Recovery e la rappresentanza nell’esecutivo che di quella nuova maggioranza sarà espressione. E la responsabilità di questa operazione sta in capo al presidente del Consiglio”. Che però lascia intendere che preferirebbe solo piccoli aggiustamenti, una redistribuzione dei posti di governo rimasti vacanti. “Col piccolo cabotaggio non si va lontano. Bisogna compiere una lunga, complicata traversata. E la capacità di indicare la giusta rotta è un requisito fondamentale per chi vuole guidare un governo”. Sta alludendo per caso a un esecutivo a guida Pd? “Niente affatto. Su questo meglio spazzare via gli equivochi: Giuseppe Conte è un punto di equilibrio che non può essere messo in discussione”. Ma un altro governo, questo sì che lo chiedete? “Si fa un gran parare del ritorno dei riti democristiani, in questi giorni. Ecco, secondo le logiche della politica di un tempo, il passaggio verso un nuovo esecutivo sarebbe scontato”. Con dentro i leader dei partiti, magari? “Un governo con un alto tasso politico mi parrebbe necessario, sì”.

 

A proposito di nuovi assetti: Conte ha finalmente accettato di cedere la delega ai Servizi. Meglio tardi che mai? “Di queste cose non parlo sui giornali”. Neppure, dunque, della scelta del Copasir di convocare il premier, il segretario generale di Palazzo Chigi e il portavoce Rocco Casalino per fare chiarezza sulla fuga di notizia dalla Libia e sul presunto hackeraggio dei profili social di Conte? “Neppure di questo, ovviamente”.

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