PUBBLICITÁ

Emanuele Macaluso, il conversatore che conosceva la lingua stridula dell’esperanto politico

Giuliano Ferrara

Aveva predilezioni semplici, l’edicola, il caffè, ristoranti o osterie, ma era un uomo di mondo.  Aveva amato il potere come pratica e come teoria all’ombra del togliattismo. Era un antieroe, e uno stupendo amico 

PUBBLICITÁ

Un uomo che ha raccontato in mille modi la storia che ha fatto e che l’ha fatto non ha specialmente bisogno di ripetizioni in morte. Emanuele Macaluso (1924-2021) era un camminatore. Per anni lo si incontrava e lo si ammirava nei dintorni romani, a Testaccio dove viveva e da dove partiva, lungo il Tevere. Era di bassa statura, antico e bello, dritto come un fuso a novant’anni, vestito in sobrietà come un lord emerso da una solfatara. Aveva predilezioni semplici, l’edicola, il caffè, quello e solo quello, ristoranti o osterie. Sembrava solitario, come tutti i camminatori, ma non era solo. Era socievole, conversatore, conosceva la lingua stridula e spesso incomprensibile dell’esperanto politico, specie in un’Italia che aveva perso ogni libro di grammatica. Non dispensava lezioni, ma si dissipava nella passione sua e comune, scriveva libri, raccontava, interpretava sul filo di ricordi anche generosamente sentimentali.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Un uomo che ha raccontato in mille modi la storia che ha fatto e che l’ha fatto non ha specialmente bisogno di ripetizioni in morte. Emanuele Macaluso (1924-2021) era un camminatore. Per anni lo si incontrava e lo si ammirava nei dintorni romani, a Testaccio dove viveva e da dove partiva, lungo il Tevere. Era di bassa statura, antico e bello, dritto come un fuso a novant’anni, vestito in sobrietà come un lord emerso da una solfatara. Aveva predilezioni semplici, l’edicola, il caffè, quello e solo quello, ristoranti o osterie. Sembrava solitario, come tutti i camminatori, ma non era solo. Era socievole, conversatore, conosceva la lingua stridula e spesso incomprensibile dell’esperanto politico, specie in un’Italia che aveva perso ogni libro di grammatica. Non dispensava lezioni, ma si dissipava nella passione sua e comune, scriveva libri, raccontava, interpretava sul filo di ricordi anche generosamente sentimentali.

PUBBLICITÁ

 

Scrivendo delle sue visite in Unione sovietica, diceva alludendo alla tragedia del comunismo internazionalista: milioni e milioni di morti, eppure si sprigionava in quell’ambiente storico una straordinaria fraternità. Sorrideva bonario e umile quando qualcuno per questo surreale relativismo lo sfotteva con rispettosa amabilità. Aveva una fissazione senile, senile in senso alto e nobile, perdonabile fra lampi di intuizione intelligente e sempreverde del reale: avrebbe voluto che qualcosa dell’esperienza dei partiti, e del partito, fosse rimasto in vita, una direzione politica, un comitato centrale, uno scontro tra mozioni, una classe dirigente, un’analisi informata e misurata dei fatti a scapito delle ubbie, e invece sbatteva sempre contro la desolazione del generico, del noioso, dello slabbrato discutere contemporaneo, un discorso rigoroso intorno al nulla, un pavoneggiarsi di piccole vanità. Restava combattivo, ma era disilluso, désabusé. Negli ultimi tempi era un soffio d’uomo, un tremulo ferrigno di voce, sempre autorevole, sopra tutto interessante, che è poi l’essenziale di un tipo di persona come lui. Continuava a essere il corsivista Em.Ma. o Emma, ma aveva scritto tanti libri. Non ebbe paura di dire che Craxi aveva governato bene, che un suo fratello come Berlinguer aveva sbagliato a odiarlo moralisticamente, che Andreotti era male accompagnato, ma non tutta la corruzione della politica è mafia, che i processi devono essere una cosa seria, non la riscrittura di una storia, compito difficile per dei magistrati, che una forma di socialdemocrazia con garanzie liberali era ormai da molti anni un orizzonte che non si può oltrepassare. Lui poteva pensarle senza complessi, quelle cose, amico come fu di Cesare Terranova, ammazzato dalla mafia con il suo scudiero Lenin Mancuso, predecessore come fu di Pio La Torre, altro martire di mafia, compagno di gioventù di Girolamo Li Causi e di una generazione di combattenti nell’Italia contadina della prima ricostruzione in cui il nemico era l’agrario e il bandito, e spesso la loro alleanza impura.

 

PUBBLICITÁ

L’Italia repubblicana ricostruita, sviluppata e poi incivilita fino a una precoce decadenza l’aveva frequentata, amata, tutta. L’aveva fatta, quell’Italia, con il sindacalismo, l’apparato comunista in compagnia del Principale, la manovra siciliana e nazionale nelle assemblee, perfino il Milazzismo, un governo antidemocristiano costruito con l’appoggio della destra, un “connubio” cavouriano nella terra di Garibaldi conquistatore.

 

Intellettuali, nobildonne, compagne di vita, artisti, giornalisti, scrittori. Macaluso era un uomo di mondo, aveva amato il potere come pratica e come teoria all’ombra del togliattismo, questa squisita riedizione, carica di errori, di ritardi, di menzogna e di verità, del machiavellismo come bassezza e come sogno. Le passioni di chi appare disilluso in vecchiaia, tanto più in un uomo del sud profondo, in un’incarnazione della Sicilia moderna, devono essere state proporzionalmente grandi, devono aver nutrito mille illusioni sulla vita, nonostante il realismo e la freddezza di un uomo tutto politico. Adulterio come processo, e famiglia come codice penale, amore incriminato, persecuzione bigotta, sospetti da portineria, perfino un periodo di rifugio clandestino dal comune senso del pudore, niente gli era stato risparmiato. Ne parlava poco, quasi niente. Era un uomo saggio e posato nella sua scorza dura. Con gli occhi felini, il sorriso sotto il baffo, la parlata meravigliosa di Caltanissetta, l’italiano ormai in disuso della politica come inganno, verità (anche doppia), riservatezza, conoscere e agire in modo perspicuo, comprensibile a tutti: questo antieroe della nostra terra e razza ti estorceva un’ammirazione infinita a viva forza. Stupendo amico, senza compiacimento, certo non era un sughero.

 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ