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Bolgia in Senato

Ora il premier è nelle mani di Cesa che vuole il Conte ter e due ministeri

Il premier: "Mai più con Renzi e Italia viva". I costruttori, dai centristi ai socialisti, dettano le condizioni

Simone Canettieri

Gelo dei grillini sul partito di Giuseppi: "Finora solo casi umani in Italia23".  E Di Maio: costruttori anche in Iv

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Se perfino uno come il senatore Danilo Toninelli, grillino d’ebano, dice che “con i colleghi di Italia viva nelle commissioni si lavora bene” si capisce come tutto sia in movimento. A caso. Ma a tutti i livelli. Tra i ministri M5s, il più attivo per soffice indole, è Vincenzo Spadafora, che apparecchiò il salotto di casa sua con pizza scrocchiarella e vino bianco a Nicola Zingaretti e  Luigi Di Maio: nacque così il Conte bis. Solo che adesso i senatori costruttori non si accontentano degli aperitivi. Sicché Lorenzo Cesa, che nel carnet porta in dote tre fondamentali voti udiccini, dopo aver rifiutato il ministero della Famiglia ieri sera rilanciava: vogliamo il Conte Ter.  La sottile differenza tra costruttori di boschi verticali e palazzinari. Poteva mancare poi l’italo-argentino Riccardo Merlo? “Eccomi,  sono il centravanti del governo”.  
Il sottosegretario del Maie dice che “è dura ma conta di farcela”: ieri il suo gruppo ha toccato quota cinque, sempre dal Misto è arrivato Maurizio Buccarella, espulso dal M5s perché, come ebbe a confessare, “3 mila euro al mese non mi bastano per fare il parlamentare”.

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Se perfino uno come il senatore Danilo Toninelli, grillino d’ebano, dice che “con i colleghi di Italia viva nelle commissioni si lavora bene” si capisce come tutto sia in movimento. A caso. Ma a tutti i livelli. Tra i ministri M5s, il più attivo per soffice indole, è Vincenzo Spadafora, che apparecchiò il salotto di casa sua con pizza scrocchiarella e vino bianco a Nicola Zingaretti e  Luigi Di Maio: nacque così il Conte bis. Solo che adesso i senatori costruttori non si accontentano degli aperitivi. Sicché Lorenzo Cesa, che nel carnet porta in dote tre fondamentali voti udiccini, dopo aver rifiutato il ministero della Famiglia ieri sera rilanciava: vogliamo il Conte Ter.  La sottile differenza tra costruttori di boschi verticali e palazzinari. Poteva mancare poi l’italo-argentino Riccardo Merlo? “Eccomi,  sono il centravanti del governo”.  
Il sottosegretario del Maie dice che “è dura ma conta di farcela”: ieri il suo gruppo ha toccato quota cinque, sempre dal Misto è arrivato Maurizio Buccarella, espulso dal M5s perché, come ebbe a confessare, “3 mila euro al mese non mi bastano per fare il parlamentare”.

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E così non restituiva i rimborsi alla casa madre: cacciato. Ma adesso anche per lui inizia una nuova vita con il progetto Italia 23, spin off del partito di Conte che sarà. Una mossa che non piace al M5s: Di Maio dice che non esiste, sapendo che esiste. Alessandro Di Battista invita il premier a iscriversi al Movimento. In generale, dal punto di vista grillino questa storia del partito di Conte fino a ieri sera era solo “un insieme di casi umani”. Con il rischio che se prendesse quota potrebbe provocare una mezza scissione.
Ma qui il problema sono i numeri. E arrivare “intanto”, come dicono dal Pd, ad avere un voto in più degli altri. E quindi ecco ancora Luigi Di Maio, antropologicamente quanto di più lontano dai renziani, dire che “i costruttori esistono anche in Italia viva”. E poi certo anche in pezzi di Forza Italia.

Ma questo, si sa, è più lavoro da Clemente Mastella che però appena sente odore di una pace con Renzi si inalbera: “Responsabili sì, polli no”. E così dal Pd devono specificare bene: renziani sì, Renzi no. Tutti si danno da fare con un’apparente mancanza di coordinamento. “Si va di fiore in fiore”, ammettono i vertici del M5s che si occupano di questa caccia alle volpi del Senato, negazione  del vincolo di mandato che una volta causava lo spauracchio di una multa da 100mila per chi cambiava la casacca.

Ma dopo il mandato zero, ecco il Mastella zero: la tolleranza, lo strappo alla regola, a un passaggio – oplà – per “salvare il paese in quanto Conte ormai non parla ai partiti, ma al paese che è rappresentato in Parlamento”, insiste Toninelli con il tono di chi crede in ciò che dice. E quindi tutti al telefono per Conte.

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Alessandro Goracci, il capo di gabinetto di Palazzo Chigi, annota e prende appuntamenti. Smista le telefonate con Bruno Tabacci. Poi c’è Riccardo Nencini, il socialista signore del simbolo di Iv in Senato, e poi di nuovo le vecchie volpi della scuola diccì: Dario Franceschini e Clemente Mastella.

Chi parla con i renziani,  chi parla con i forzisti. Senza dimenticare, appunto Lorenzo Cesa, che parla con il governo. Tratta e rilancia. Si ritrae e ritorna a raccontare tutto a Matteo Salvini. Poi ritorna di là. L’unica consegna ai grillini, il partito nato per rispettare regole che ha sempre infranto strada facendo, è di stare calmi.  Ecco perché anche l’altra sera durante l’assemblea dei parlamentari Vito Crimi si è raccomandato con i cervelloni della comunicazione grillina di “andarci piano sui social contro Italia viva”. Come a dire: Renzi è una cosa, ma i voti del suo partito, specie a Palazzo Madama, ci servono. Quindi carezze con gli italovivisti smarriti. Sarà il fine settimana dunque delle telefonate del “chi te lo fa fare di seguire Matteo”.   D’altronde, su questo, Conte è categorico: mai più.

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