Quant'è dolce il vecchio politichese
L'ora d'aria della crisi per un attimo fa dimenticare la pandemia
Nella tensioni del governo e nel suo teatro si nasconde il sentimento che così siamo, che questo è il nostro vero volto, il nostro destino storico: pasticciato ma fidato, grottesco ma rassicurante. Altro che coronavirus
Crisi pilotata”, “crisi al buio”, “responsabili”, “fiducia” e “sfiducia”, “consultazioni”, “appoggio esterno”. E poi ancora l’ennesimo “vertice“, il duraturo e impalpabile “patto di legislatura”, il sospirato “rimpasto” e il temuto “voto”. Sarà ancora Bisconte, Terconte o a casa Conte? Ecco quella cara vecchia sintomatica varietà di formule, ognuna delle quali prevede un patto di potere, o un disastro, che se non è zuppa è pan bagnato. Ecco la resistenza della vecchia ben conosciuta Italia di sempre, fiaccata dal Covid ma non del tutto doma. Ecco insomma lo svago pericoloso, eppure in fondo così tranquillizzante, che in questi giorni stravolge i palinsesti radiofonici e televisivi, modifica l’impaginazione dei giornali, riconduce persino i talk-show alla consuetudine del rito eterno. Dunque fuori i virologi e dentro i politologi, due categorie che tra loro non hanno ovviamente nulla da spartire, se non il fatto che come i primi non capiscono nulla dei virus i secondi non stanno capendo nulla della crisi di governo più bislacca e contorta della storia della Repubblica.
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- Salvatore Merlo
Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.