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Il day after di Italia Viva, tra attacchi, rassicurazioni, dubbi smentiti e paura dei "voti liquidi"

Le parole di Renzi ai suoi e la conta sui responsabili. Lo stupore per la durezza di Zingaretti e la strategia della testuggine

Marianna Rizzini

Chi insegue i renziani per chiedere "siete sicuri?", chi cerca di tranquillizzare e compattare le truppe prima che Conte arrivi in Aula. I presunti critici dello strappo che non appaiono più tali, e i fan dello strappo che appaiono ancora più convinti

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Il primo soffio di aria gelida, il giorno dopo lo strappo, arriva sotto forma di randellata del Financial Times: “Demolition man mette sotto sopra Roma”. Demolition Man, cioè Matteo Renzi. E Renzi legge, e Italia Viva legge, e ad alcuni esponenti del partito, commenterà poi un insider, “sembra quasi che una velina di Palazzo Chigi sia giunta in quel di Londra”.

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Il primo soffio di aria gelida, il giorno dopo lo strappo, arriva sotto forma di randellata del Financial Times: “Demolition man mette sotto sopra Roma”. Demolition Man, cioè Matteo Renzi. E Renzi legge, e Italia Viva legge, e ad alcuni esponenti del partito, commenterà poi un insider, “sembra quasi che una velina di Palazzo Chigi sia giunta in quel di Londra”.

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Il secondo soffio di aria gelida è quello che insegue i parlamentari renziani che a ogni passo si trovano davanti non soltanto i cronisti che li inseguono chiedendo “ma siete sicuri?” (un Matteo Colaninno dal volto spaesato alza le braccia come a sottolineare: non dico nulla) ma anche colleghi che, nei palazzi, li trattano come fossero morti viventi e vorrebbero insinuare dubbi se non proprio sensi di colpa, al grido dello stesso: “Ma siete sicuri?”.

  

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E non a tutti quel “ma siete sicuri?” fa lo stesso effetto, dopo lo strappo e le dimissioni delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. E se la pressione sul gruppo non scalfisce chi, come Michele Anzaldi, appare “certo di aver fatto la cosa giusta, il che non vuol dire non essersi interrogati: solo i palloni gonfiati non si interrogano” o chi, come Raffaella Paita, sottolinea “la responsabilità della scelta e il requisito del coraggio” in nome di “una visione riformatrice” o chi, come Luciano Nobili, si mostra “sereno” parlando di “obiezioni di merito a cui non è stata data risposta”, la stessa pressione rischia di avere “effetti terrorizzanti”, dice un deputato, “su chi magari non ha anni di esperienza politica alle spalle”.

 

Ed ecco aggiungersi alla pressione il piccolo pungolo della paura: paura che Conte i responsabili li abbia trovati o li avesse già trovati prima dello strappo o che possa trovarli nei prossimi giorni anche in Iv, nonostante le smentite di ieri (e deve intervenire Renzi stesso, nel pomeriggio, con i suoi, numeri alla mano, in direzione contraria: i responsabili eventuali non sarebbero sufficienti). Il terzo soffio di aria gelida arriva in faccia a Renzi direttamente dal Pd, viste le parole non del tutto attese, in quella forma, del segretario Nicola Zingaretti: “Italia Viva è inaffidabile in ogni scenario” (Franceschini intanto porta acqua allo scenario temuto: “Siamo in un sistema in cui le maggioranze di governo si cercano in Parlamento, alla luce del sole e senza vergognarsene”).

 

E mentre Renzi, in collegamento con la riunione del gruppo, sprona le truppe (“resistiamo alle pressioni, cercheranno di dividerci”), e il capogruppo in Senato Davide Faraone invita a disporsi “a testuggine”, il pomeriggio aggiunge inquietudine: e se qualche voto renziano in Aula sparisse, diventasse per così dire liquido, e se “la tensione emotiva si impadronisse dei meno politicamente strutturati in Iv”, si domanda un deputato tuttavia convinto “della compattezza del gruppo”? E se ci fossero conseguenze inaspettate a lungo raggio, per esempio sulla legge elettorale? Ed ecco che in Iv si fa strada, dall'interno, la pressione opposta: tranquillizzare prima che altri provino a insinuarsi tra le leve meno graniticamente renziane del partito, e prima che il premier arrivi alla Camera e in Senato. Si cerca intanto di scacciare il fantasma del Pietro traditore: non sono né sarò io il possibile responsabile, si affrettano infatti a chiarire, tra le righe delle dichiarazioni, alcuni esponenti di Iv dati per dubbiosi il giorno precedente, dalla senatrice Donatella Conzatti (che insiste sul “patto di legislatura”) alla ex m5s Gelsomina Vono al senatore Giuseppe Cucca (che dice: “La nostra decisione è stata collegiale e inevitabile, ma siamo sempre disponibili al confronto”).

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E si narra, sì, di “qualche perplessità” della sera prima, di un senatore Eugenio Comincini e di un senatore Mauro Marini non convinti nel merito (e se poi così si impedisce l'approvazione del decreto ristori?, era il ragionamento), e però si narra anche di Comincini silente nella riunione del day after. E se il deputato Catello Vitiello, ex Cinque stelle, sospira “non pensavamo a una rottura così violenta”, esprimendo preoccupazione per il premier che “non vorrà più” i renziani come compagni di viaggio, lo stesso Vitiello assicura: “Sarò leale, e in caso tornerò a fare l'avvocato”.

 

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Né si trova traccia, nel day after, dei presunti dubbi dei senatori Leonardo Grimani, Daniela Sbrollini ed Ernesto Magorno. E però scoppia un caso Riccardo Nencini, che di buon mattino parla di se stesso come di uno dei “costruttori” che piacciono a Luigi Di Maio: Nencini con il suo simbolo P.S.I aveva consentito la nascita del gruppo Iv al Senato. Arriverà al punto di toglierlo, il simbolo? Del doman non v'è certezza, ché Nencini risponde con molti “forse”. Unica nota incontrovertibile è che in Iv, dal Pd, ci si aspettava “un diverso atteggiamento”.

 

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