PUBBLICITÁ

“Italy did it!”. L’assurda teoria del complotto italiano anti Trump

Luciano Capone

I voti spostati da Donald a Biden, il satellite, il generale di Leonardo, il dipendente-hacker, l'affidavit fasullo, l'avvocato misterioso. Storia di una palla che si è gonfiata rimbalzando tra le due sponde dell'Atlantico, dai trumpiani di Washington a quelli di Roma

PUBBLICITÁ

“Italy did it!”. La storia secondo cui l’Italia avrebbe con un complotto informatico sottratto la vittoria delle elezioni presidenziali americane a Donald Trump per assegnarla a Joe Biden è partita come un popolare hashtag nella galassia dei complottisti di QAnon e poi si è materializzato in cartelloni e slogan tra gli assalitori trumpiani del Campidoglio. La teoria cospirazionista, completamente falsa e sconclusionata, nata da qualche mente disturbata si è diffusa e arricchita di dettagli in un continuo rimbalzo tra le due sponde dell’Atlantico. Il nostro paese è quindi sicuramente parte lesa di questa colossale bufala, ma ha anche contribuito a farla spargere e ingrandire.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


“Italy did it!”. La storia secondo cui l’Italia avrebbe con un complotto informatico sottratto la vittoria delle elezioni presidenziali americane a Donald Trump per assegnarla a Joe Biden è partita come un popolare hashtag nella galassia dei complottisti di QAnon e poi si è materializzato in cartelloni e slogan tra gli assalitori trumpiani del Campidoglio. La teoria cospirazionista, completamente falsa e sconclusionata, nata da qualche mente disturbata si è diffusa e arricchita di dettagli in un continuo rimbalzo tra le due sponde dell’Atlantico. Il nostro paese è quindi sicuramente parte lesa di questa colossale bufala, ma ha anche contribuito a farla spargere e ingrandire.

PUBBLICITÁ

 

La teoria è più o meno questa. Nell’ottobre del 2016, l’allora premier Matteo Renzi si sarebbe messo d’accordo con l’allora presidente Barack Obama per organizzare questo complotto: truccare le elezioni americane del 2020 attraverso l’azienda informatica che si è occupata del conteggio. L’operazione sarebbe avvenuta proprio in Italia: gestita da un funzionario dell’ambasciata americana a Roma in accordo con il generale Claudio Graziano che, essendo membro del cda di Leonardo, attraverso un satellite controllato dalla società italiana impegnata nel settore della Difesa avrebbe manipolato i server in Germania della società che conta i voti delle elezioni americane per trasferire la vittoria da Trump a Biden. L’autore materiale di questa frode informatica sarebbe stato un certo Arturo D’Elia, ex capo del dipartimento informatico di Leonardo, ora agli arresti. Ovviamente non c’è nulla di vero in questa storia.

 

PUBBLICITÁ

Ma è interessante ripercorrerne la genesi. A novembre in America personaggi della galassia trumpiana, come il deputato texano Louie Gohmert e George Papadopoulos, l’ex consigliere di Trump condannato nell’ambito del Russiagate per l’affaire Mifsud e recentemente graziato dallo stesso Trump, diffondono la notizia che forze speciali dell’esercito americano avrebbero sequestrato a Francoforte i server della società che avrebbe manipolato i voti. La notizia era completamente inventata. La teoria viene poi modificata da un sedicente ex agente della Cia, Bradley Johnson, secondo cui i server erano a Francoforte ma la centrale dell’attacco informatico sarebbe stata l’Italia: l’ambasciata americana, l’esercito italiano e Leonardo. A questa teoria viene dato credito in Italia, grazie a un trumpino italiano come Daniele Capezzone che la riporta senza però fare nomi in un articolo su la Verità del 2 dicembre scorso dal titolo “Anche Roma e l’Italia coinvolte nella possibile manipolazione elettorale Usa?”: “Resta ben più che la sensazione che l’Italia sia tutt’altro che una realtà marginale anche in questa storia”, è il commento. L’articolo di Capezzone viene poi rilanciato su Twitter, il 6 gennaio, dal trumpiano Papadopoulos: “L’articolo delinea la presunta operazione eseguita a Roma con la complicità del contractor italiano della difesa Leonardo”. La palla rimbalza tra le due sponde dell’Atlantico, gonfiandosi di dettagli, finché non spunta un avvocato di Catania, Alfio D’Urso, che pubblica sul web un “affidavit” in cui dice che l’ex capo del dipartimento IT di Leonardo Arturo D’Elia ammette di aver lavorato alla frode satellitare-elettorale contro Trump, di avere le prove e di esser pronto a testimoniare: “Italy did it!”.

 

La storia è piena di assurdità e falsità. Quando Renzi incontra Obama Trump non aveva ancora vinto le presidenziali del 2016, quindi non aveva senso accordarsi per truccare le elezioni del 2020. Il generale Claudio Graziano non è mai stato nel cda di Leonardo e attualmente è il presidente del Comitato militare dell’Unione europea, figurarsi se poteva complottare contro le elezioni americane. Che tra l’altro non possono essere truccate da una torre satellitare di Leonardo che non esiste. Quanto al presunto autore materiale dell’operazione di manipolazione elettorale, Arturo D’Elia, non è mai stato il capo del dipartimento informatico di Leonardo. E’ un ex dipendente di Leonardo che dal 5 dicembre è agli arresti nel carcere di Salerno con l’accusa di avere infettato una trentina di computer dell’azienda nel sito di Pomigliano e di aver sottratto circa 10 gigabyte di dati. Nulla a che fare con le elezioni americane del novembre 2020, anche perché D’Elia non lavora più per Leonardo da due anni. E la confessione? E’ falsa, D’Urso non è il suo avvocato. “E’ una grande fake news – dice al Foglio il vero legale di D’Elia, l’avv. Nicola Naponiello –. Anche i pm hanno fatto domande su questa faccenda, ma lui ha risposto che è una montatura”. E l’affidavit dell’avv. D’Urso? “Non l’ha mai visto né sentito, presenteremo contro di lui una querela per calunnia”. Ora D’Urso è irrintracciabile e Capezzone fischietta chiedendosi chi stia “inquinando i pozzi” con queste “false notizie”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ