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il foglio del weekend

(Detto tra parentesi)

Maurizio Stefanini

Chi la apre e chi la chiude. Da Mattarella a Rodari a Benedetto Croce. È il segno di punteggiatura più controverso, ma con un’anima politica

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"Questo è tempo di costruttori, non è una parentesi della storia”, ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. “Che cosa è nella nostra storia una parentesi di vent’anni? Ed è poi questa parentesi tutta storia italiana o anche europea e mondiale?”, chiedeva Benedetto Croce nel parlare al congresso di Bari del Comitato di liberazione nazionale nel gennaio del 1944. 

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"Questo è tempo di costruttori, non è una parentesi della storia”, ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. “Che cosa è nella nostra storia una parentesi di vent’anni? Ed è poi questa parentesi tutta storia italiana o anche europea e mondiale?”, chiedeva Benedetto Croce nel parlare al congresso di Bari del Comitato di liberazione nazionale nel gennaio del 1944. 

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Il presidente, ultimo grande nome del mondo democristiano italiano, cerca di capire se terminata la pandemia il mondo tornerà come prima, oppure certe cose, come  lo smart working, sono arrivate per restare: “I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova”. Il filosofo, grande pensatore del liberalismo italiano, dava invece  inizio a un grande dibattito in cui la sua tesi del fascismo-parentesi è stata via via controbattuta dalle altre ipotesi sul fascismo rivoluzione, rivelazione, controrivoluzione prima della rivoluzione, socialismo nazionalista, eccetera. Una “malattia morale” del tutto simile all’“invasione degli Hyksos con la sola felice differenza che la barbarie di questi durò in Egitto oltre duecento anni, e la goffa truculenza e tumulenza fascistica si è esaurita in poco più di un ventennio”.

  
Problemi molto diversi, e anche epoche diverse. In comune, però, c’è l’idea di una parentesi identificata con il male. Solo che quella di Mattarella cerca di rassicurare, col dare a questo male un senso.  “La pandemia ha scavato solchi profondi nelle nostre vite, nella nostra società. Ha acuito fragilità del passato. Ha aggravato vecchie diseguaglianze e ne ha generate di nuove”. “La pandemia ha seminato un senso di smarrimento: pone in discussione prospettive di vita. Basti pensare alla previsione di un calo ulteriore delle nascite, spia dell’incertezza che il virus ha insinuato nella nostra comunità”. Ma “nello stesso tempo sono emersi segnali importanti, che incoraggiano una speranza concreta. Perché non prevalga la paura e perché le preoccupazioni possano trasformarsi nell’energia necessaria per ricostruire, per ripartire”. E’ in fondo  la vecchia concezione cristiana della Seconda Venuta; un periodo di travaglio che è necessario perché il nuovo possa nascere. La parentesi di Croce, al contrario, cerca di rassicurare dicendo che tutto è ormai passato. Una pausa nel cammino “indefessamente” progressivo di quell’Italia liberale che aveva trovato il suo momento più alto nel compromesso giolittiano, considerato da Croce un autentico capolavoro politico.  Superato il fascismo, gli ideali di libertà che si erano pericolosamente offuscati nella temperie della Prima guerra mondiale sarebbero riemersi, riuscendo vincitori nel terribile scontro con il totalitarismo.

  
Il dibattito sulla parentesi fascista è ora tornato alla ribalta, con il recente libro di Egenio Di Rienzo su Benedetto Croce di cui ha parlato anche questo giornale. Qualcuno è tornato a qualificarla come “pia frode”: formulata per amor di patria, in un momento in cui erano a rischio non solo le sorti dell’Italia liberale ma quelle dell’Italia come organismo politico sovrano, ma anche per concedere alle anime sconvolte un “diritto all’oblio”. Il problema è però che una parentesi apparsa all’improvviso già una volta può poi tornare di nuovo, e senza preavviso. Elena Croce raccontava  del turbamento del padre leggendo “1984” di George Orwell. “Al punto di esprimere riflessioni pessimistiche – che non gli avevo mai sentito fare nemmeno durante il fascismo – sulla facilità con cui può venire estirpata la pianta della civiltà, che impiega secoli a ricrescere”. Il dibattito sulla parentesi pandemica è invece appena iniziato. 

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Che proteggano dal male o servano a trasformarlo in bene, comunque, le parentesi vanno chiuse. Su questo, il democristiano Mattarella e il liberale Croce sarebbero d’accordo con il comunista Gianni Rodari, che ci scrisse appunto una delle sue poesia didattiche per ricordarlo agli scolari. “C’era una volta/ una parentesi aperta/ e uno scolaro/ si scordò di chiuderla./ Per colpa di quel somaro/ la poveretta buscò un raffreddore,/ e faceva uno sternuto/ al minuto./ Passato il malore/ fece scrivere da un pittore/ il seguente cartello:/ “Chi mi apre, mi chiuda, per favore”.

  
Anche Totò nel dettare la famosa lettera a Peppino per la “malafemmina” era piuttosto perentorio. “Hai aperto la parente? Chiudila!”. E a Totò si rifà infatti il popolare manuale di scrittura per maturandi della Universale Economica Feltrinelli “Come si fa il tema (e la nuova prova scritta d’italiano alla maturità)” di Massimo Birattari. Parentesi addirittura nel titolo: una sciccheria condivisa col Luigi Pirandello di “Così è (se vi pare)” e col Jerome Klapka Jerome di “Tre uomini in barca (per tacer del cane)”. “Parentesi e trattini. Per dare risalto agli incisi è possibile usare, al posto delle virgole, le parentesi o i trattini”, è il suo consiglio. “Ricordate: le parentesi vanno sempre in coppia, perciò – come diceva Totò – se aprite la ‘parente’ ricordatevi di chiuderla (lo stesso vale per i trattini all’interno del periodo: vanno in coppia, come avete visto qui sopra)”.

  
Chiusura a parte, pur mettendola all’inizio del libro Birattari consiglia di usarla con parsimonia. “Importante: ciò che sta tra parentesi è appunto un di più, un’aggiunta, e quindi non dovete mettere al loro interno niente che sia indispensabile al senso e alla struttura sintattica del periodo. E’ molto utile invece infilarci esempi o spiegazioni di quello che avete appena scritto (è il modo in cui uso le parentesi in questo libro)”. Il sedicesimo tra i ventitré  consigli pratici di scrittura in generale che la business writer Luisa Carrada dà nel suo blog “Il mestiere di scrivere” è: “Usate le parentesi il meno possibile. Danno la sensazione di contenere qualcosa di meno importante”. 

  
 Filippo Tommaso Marinetti, con tutta la sua esaltazione per lo scrivere veloce, la pensava altrimenti. “Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili. Parole in libertà”, predicava il guru del Futurismo nel suo manifesto dell’11 maggio 1913. “Bisogna distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a caso come nascono”, aveva già annunciato nell’altro manifesto dell’11 maggio 1912. “Si deve usare il verbo all’infinito”. “si deve abolire l’aggettivo”, “si deve abolire l’avverbio”, “abolire anche la punteggiatura”, oltre agli spaghetti e al chiaro di luna. Ma le parentesi, invece, le voleva conservare eccome!  Anzi, se tra parentesi faceva resuscitare anche l’aggettivo. “Io chiamo aggettivo semaforico, aggettivo-faro o aggettivo-atmosfera l’aggettivo separato dal sostantivo isolato anzi in una parentesi, e diventato così una specie di sostantivo assoluto, più vasto e più potente di quello propriamente detto”. O ancora: “L’aggettivo semaforico o aggettivo-faro, sospeso in alto della gabbia invetriata della parentesi, lancia lontano tutt’intorno la sua luce girante”. “Il profilo di questo aggettivo si sfrangia, dilaga intorno, illuminando, impregnando e avviluppando tutta una zona di parole in libertà. Se, per esempio, in un agglomeramento di parole in libertà che descrive un viaggio in mare, io pongo i seguenti aggettivi semaforici tra parentesi: (calmo azzurro metodico abitudinario) non soltanto il mare è calmo azzurro metodico abitudinario, ma la nave, le sue macchine, i passeggeri, quello che io faccio e il mio stesso spirito sono calmi azzurri metodici abitudinari”. 

  
“Sempre allo scopo di dare la massima quantità di vibrazioni e una più profonda sintesi della vita, noi aboliamo tutti i legami stilistici, tutte le lucide fibbie colle quali i poeti tradizionali legano le immagini nel loro periodare. Ci serviamo invece dei brevissimi od anonimi segni matematici e musicali, e poniamo tra parentesi delle indicazioni come: (presto) (più presto) (rallentando) (due tempi) per regolare la velocità dello stile. Queste parentesi possono anche tagliare una parola o un accordo onomatopeico”. E’ vero, Marinetti si legò al fascismo fino all’esperienza della Repubblica sociale, pur con qualche importante distinguo tipo le leggi razziali. Si potrebbe dunque malignare su qualche affinità elettiva tra il fascismo parentesi di Croce e le parentesi futuriste di Marinetti. Però anche un antifascista a prova di bomba come Beppe Fenoglio fa partire i suoi epici “Ventitré giorni della città di Alba” con tre righe tra parentesi subito dopo le prime tre righe senza. “Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944. Ai primi d’ottobre, il presidio repubblicano, sentendosi mancare il fiato per la stretta che gli davano i partigiani dalle colline (non dormivano da settimane, tutte le notti quelli scendevano a far bordello con le armi, erano esauriti gli stessi borghesi che pure non lasciavano più il letto), il presidio fece dire dai preti ai partigiani che sgomberava, solo che i partigiani gli garantissero l’incolumità dell’esodo. I partigiani garantirono e la mattina del 10 ottobre il presidio sgomberò”.

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D’altra parte, anche se le scuole di giornalismo suggeriscono a loro volta di andarci piano e la tradizione anglosassone segue il consiglio, la titolazione dei media italiani sembra ormai  andare in tutt’altra direzione. Tanto  che qualche mese fa il Post ci dedicò addirittura un articolo a questa “nuova frontiera”. “Poco utilizzate fino ad alcuni anni fa dai quotidiani italiani, probabilmente per antiche ragioni di stile ormai sdoganate, si leggono sempre più spesso sia sulle versioni online sia su quelle cartacee”, osservava il giornale online. “Per la grammatica italiana le parentesi servono a completare e arricchire un testo senza interromperne il ritmo, rischio praticamente inesistente nella lettura di un titolo. Per questa ragione la stragrande maggioranza delle parentesi che troviamo nei titoli dei quotidiani italiani potrebbe essere rimossa, e la percezione del titolo da parte del lettore non cambierebbe affatto”. 

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E giù esempi su parentesi che “comprendono la risposta a una domanda posta qualche parola prima”. “Perché negli Stati Uniti le monete sono introvabili? (C’entra il coronavirus)”. O con “un’informazione piuttosto rilevante, che non si capisce per quale motivo dovrebbe finire fra parentesi”. “Scoperta (dal supercomputer italiano) la molecola che fa sperare: è il raloxifene”; o “per introdurre un aspetto della storia più frivolo e giudicato attraente, che forse non avrebbe trovato spazio senza una parentesi”. “Chi è Giulio Berruti, l’attore (laureato) al fianco di Maria Elena Boschi”. O, “soprattutto online”, per “inserire nel titolo informazioni aggiuntive – e necessarie per attirare l’attenzione del lettore – che nell’edizione cartacea sarebbero invece comprese nel sommario o nell’occhiello”. “Vasco Rossi annuncia: ‘Nel 2021 ci sarà sicuramente un nuovo album’ (e non è escluso Sanremo)”. 

  
Il dubbio finale è che “altre volte, forse, il titolista vuole semplicemente disorientare il lettore”. “Gisele Bündchen compie 40 anni. Foto: Così è cambiata (o forse no) la top model brasiliana”. Insomma, ormai “le parentesi sono talmente abusate che a volte tradiscono un’informazione che sarebbe stato meglio trascurare, nell’ottica di convincere a tutti i costi il lettore a cliccare sul titolo”. “SCANDINAVIA In Svezia puoi comprare un intero villaggio termale (per 7 milioni di euro) Foto”.

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Insomma, nello scrivere è dibattito. Ma in matematica no. La possibilità di fare calcoli elaborati dipende talmente tanto dalla disponibilità di parentesi che infatti le hanno moltiplicate: tonde, quadre, graffe, angolate, uncinate… Poi c’è il cinema: “Parentesi tonde”, film del 2006 di Michele Lunella, su una avvocatessa che scappa dall’altare il giorno delle nozze per rifugiarsi in un villaggio turistico animatissimo, salvo sil più bello svegliarsi e scoprire che era un sogno, e che è semplicemente svenuta al momento del sì. Una parentesi di fuga che però ha incassato meno di 10.000 euro in una sola settimana di programmazione. Insomma, da mettere tra parentesi. Però è invece stato un successo grande La Parentesi: lampada progettata dai designer italiani Achille Castiglioni e Pio Manzù e prodotta dall’azienda italiana Flos a partire dal 1971, che è diventata un oggetto icona del disegno industriale italiano fino a far parte della collezione permanente del Triennale Design Museum di Milano. 


Insomma, forse la parentesi sarebbe da prendere con filosofia. E così ha fatto infatti Edmund Husserl, con lo sviluppare il “cogito” cartesiano fino a spiegare che il filosofo deve mettere “tra parentesi”, senza negarla, la realtà supposta dalle scienze naturali e, più generalmente, dal senso comune. 
Insomma: il Covid è stato una parentesi? Ci insegna Husserl che, forse, bisognerebbe mettere il giudizio tra parentesi. 

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