Verso la crisi al buio
Pur di salvarsi Conte apre pure al Mes, ma Renzi insiste: prima dimettiti
Ipotesi Conte ter sempre più vicina, ma il presidente del consiglio e il Pd non si fidano delle mosse di Iv
Sabato scorso i senatori M5s hanno detto che non sono disponibili a ritornare al voto, così il premier ora è costretto a trattare su tutto. Ma Italia viva vuole che salga prima al Colle
“Se è un Conte bis con un rimpastino non mi metto seduto nemmeno al tavolo, se è un Conte ter mi devono spiegare di cosa si tratta”. Matteo Renzi non molla: vuole le dimissioni del premier. E poi, semmai, dare il via libera a un nuovo incarico dell’avvocato del popolo. A Palazzo Chigi, però, temono l’agguato: sono pronti a rivedere i ministri e la delega ai servizi, ma le dimissioni no. Troppo rischiose. Altro che pilotata, si va verso una crisi al buio.
“Se è un Conte bis con un rimpastino non mi metto seduto nemmeno al tavolo, se è un Conte ter mi devono spiegare di cosa si tratta”. Matteo Renzi non molla: vuole le dimissioni del premier. E poi, semmai, dare il via libera a un nuovo incarico dell’avvocato del popolo. A Palazzo Chigi, però, temono l’agguato: sono pronti a rivedere i ministri e la delega ai servizi, ma le dimissioni no. Troppo rischiose. Altro che pilotata, si va verso una crisi al buio.
Qualcosa, anzi molto, è cambiato nelle convinzioni del premier. Conte è passato con una certa velocità dalla baldanza con cui agitava il voto anticipato e la sfida in Aula a Italia viva alla consapevolezza che sia molto meglio trattare e mediare. Lo spartiacque sabato scorso, quando l’iper contiano Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo, ha riunito in videoconferenza i senatori del M5s.
Già, proprio gli eletti di Palazzo Madama, dove il governo soffre con i numeri. Alla riunione – assente il capo politico Vito Crimi – Patuanelli non ha riscosso successi quando ha prospettato l’idea di tornare al voto con una lista del presidente in aggiunta a quella del M5s. Dunque l’idea della sfida è tramontata subito davanti alle perplessità dei senatori grillini che, forti del senso di responsabilità e di attaccamento alla cadrega, hanno fermato gli ardori di Conte e del suo ambasciatore. “Altro che due liste, facciamo fare a Renzi la prima mossa”, è stata la risposta dei pentastellati. Un messaggio riferito a Palazzo Chigi, costretto subito a cambiare strategia. A ripiegarsi e far filtrare la volontà di “dialogo” e “trattativa” davanti alle richieste (condizioni) di Renzi: dal Recovery ai ministri passando per la delega ai servizi.
Con l’aggiunta – attenzione attenzione – anche del Mes. “Magari da utilizzare solo in parte, invece che nell’interezza dei suoi 37 miliardi”, spiegano dal M5s. Tra i mille problemi di Conte c’è quello silenzioso, ma non banale, proprio del M5s: il partito è nelle mani di Vito Crimi, Beppe Grillo sarebbe anche per sfidare Renzi puntando sui responsabili ma aspetta a esporsi. Di Maio continua a ripetere che Conte non si tocca, ma aspetta che la partita entri nel vivo. Di certo anche il ministro degli Esteri, quando s’è trattato di instradare il M5s sulla via delle elezioni anticipate, ha frenato: “A Conte ho detto che deve tutelare il Movimento”, ha raccontato ai suoi colleghi di governo, durante le telefonate del fine settimana. “Nella condizione in cui siamo, perfino fare le liste diventerebbe complicato. E poi non scherziamo: il M5s ha un’occasione storica di indirizzare il futuro del paese gestendo il Recovery, non sprechiamola”.
Ufficialmente, insomma, i grillini non sono per un Conte ter perché temono le mosse di Renzi nel limbo che si potrebbe aprire. Quando però si chiede loro un giudizio sul Recovery, più d’uno, tra quelli che rivestono ruoli di governo, scuote il capo: “Bisognerebbe stilare un piano più complesso, che tenga conto anche delle altre risorse europee e della legge di Bilancio, sul modello del France Relance di Macron”. Discorso analogo anche per il Pd di Nicola Zingaretti che ieri con una nota burocratica ha “detto sì al rilancio, ma no a una destabilizzazione”.
Pure per il segretario dem dunque seguire Iv è un azzardo, anche se allo stesso tempo passare per i difensori d’ufficio di Conte rischia di essere avvilente. Da qui la possibilità che entri nell’esecutivo Andrea Orlando. Ma dove? Al momento – stando a ieri sera – l’ipotesi auspicata da Palazzo Chigi era quella di rimpasto minimal senza dimissioni del presidente del consiglio e senza fiducia alle Camere: Ettore Rosato alla Difesa al posto di Lorenzo Guerini che andrebbe al Viminale, lasciato libero da Luciana Lamorgese. “Non se ne parla”, è stata la risposta fatta recapitare da Renzi. Che vuole le dimissioni. L’umiliazione politica di Conte. Per poi “ridiscutere tutto”, dicono da Italia viva. Il fatto è che alla fine qualcuno dovrà fare la prima mossa.
Passato il varo delle misure anti covid, spiegano i renziani, lo strappo sarà servito: via i ministri. “Nei giorni scorsi – scherza ma non troppo il deputato di Iv Luciano Nobili – invece di pensare al Recovey e ai vaccini, Conte e Casalino stavano con la rubrica in mano alla ricerca di responsabili come Verdone in un Sacco Bello quando doveva partire per la Polonia a Ferragosto”. L’appuntamento dunque sarà al Palo della morte. Che politicamente è fissato subito dopo la Befana, già il giorno dopo.