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Ipotesi sulla ferocia dei morsi di Renzi

Giuliano Ferrara

Continuando così, il suo piccolo ambizioso partito di propulsione riformista non si schioda da un consenso irrisorio. La giravolta possibile è il voto anticipato in regime di pandemia. Scenari di un azzardo

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Non sottovaluterei Renzi in atto di mordere. La prima possibilità è che faccia il suo mestiere, come avviene nelle repubbliche parlamentari, e voglia dare valore al suo potere di coalizione (senza i suoi voti il governo non ha la maggioranza). Può avere obiettivi minori, per esempio un accordo di programma nuovo, con nuove personalità a lui più affini per l’amministrazione meno esclusiva (Conte + Gualtieri) del Recovery Fund. Oppure può cercare di forzare un rimpasto, sapendo che è difficile sostituire Conte come punto di equilibrio ma è possibile metterlo in discussione e condizionarlo con un nuovo esecutivo (i vice eccetera). In questo quadro all’ex presidente del Consiglio, che pare alla ricerca di una postazione politica utile e durevole, come la carica, si dice, di segretario generale della Nato, potrebbe servire un passaggio istituzionale personale (ministero della Difesa). Niente di scandaloso o di impalatabile. Sembra tutto ordinaria procedura in situazione straordinaria. C’è però un particolare a suo modo diabolico da considerare. Che cosa dà a Renzi la spinta o la forza per far valere le sue ragioni, partendo da una condizione minoritaria nei sondaggi e di notevole isolamento nella maggioranza che contribuì a fondare con la sua manovra anti Salvini del tempo del Papeete?

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Non sottovaluterei Renzi in atto di mordere. La prima possibilità è che faccia il suo mestiere, come avviene nelle repubbliche parlamentari, e voglia dare valore al suo potere di coalizione (senza i suoi voti il governo non ha la maggioranza). Può avere obiettivi minori, per esempio un accordo di programma nuovo, con nuove personalità a lui più affini per l’amministrazione meno esclusiva (Conte + Gualtieri) del Recovery Fund. Oppure può cercare di forzare un rimpasto, sapendo che è difficile sostituire Conte come punto di equilibrio ma è possibile metterlo in discussione e condizionarlo con un nuovo esecutivo (i vice eccetera). In questo quadro all’ex presidente del Consiglio, che pare alla ricerca di una postazione politica utile e durevole, come la carica, si dice, di segretario generale della Nato, potrebbe servire un passaggio istituzionale personale (ministero della Difesa). Niente di scandaloso o di impalatabile. Sembra tutto ordinaria procedura in situazione straordinaria. C’è però un particolare a suo modo diabolico da considerare. Che cosa dà a Renzi la spinta o la forza per far valere le sue ragioni, partendo da una condizione minoritaria nei sondaggi e di notevole isolamento nella maggioranza che contribuì a fondare con la sua manovra anti Salvini del tempo del Papeete?

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Qui dovrebbe scattare un allarme. Si può abbaiare o mordere, per mordere bisogna avere i denti aguzzi. Forse un calcolo dentato, per quanto nichilista o cinico, si può ipotizzare, almeno come base per una manovra tanto spericolata in questa situazione. Non è tanto il potere di coalizione il motore dell’offensiva di Renzi, si può ipotizzare, quanto una prospettiva più rischiosa ma anche in certo senso più redditizia. Credo che i sostenitori di Conte ci debbano fare un pensierino, prima di trattare la faccenda con degnazione o contromanovre azzardate. Renzi può pensare che a questo punto continuare così vuol dire, tra legge elettorale, continuità della legislatura, cemento della scelta di un nuovo inquilino del Quirinale, condannarsi per sempre alla marginalità rispetto all’asse di governo tra il Pd e i grillini. Il suo piccolo ambizioso partito di propulsione riformista non si schioda da un consenso irrisorio, almeno finché tutto non cambi e radicalmente. E la giravolta possibile è proprio il voto anticipato in regime di pandemia, evento che tutti si sentono di escludere, e proprio quando tutti lo escludono può capitare l’incidente che ti ci porta.

 

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Quale sarebbe il vantaggio di Renzi in caso di voto anticipato? Lui farebbe una campagna contro le destre e contro l’asse tra i democratici e i grillini, rilevandone la ovvia incongruenza. In una lista unitaria le due formazioni, che al governo insieme dopo la crisi di inizio legislatura hanno un senso, prenderebbero un sapore amarognolo di ripiegamento da ogni ambizione. Si presenterebbero come coalizione senza alternative, salvo la destra, ma lascerebbero molto spazio a un partito riformista e a una voce come quella di Renzi, che uscirebbe dal minoritarismo congenito di quel tipo di partiti di impostazione liberale o almeno potrebbe aspirare a farlo. Se le destre perdessero, Italia viva ne uscirebbe riconfermata e rafforzata nel suo potere di coalizione legittimato dal voto. Se vincessero, come non è affatto improbabile, comincerebbe una nuova storia in cui comunque Renzi sarebbe la seconda formazione, e non così minore, di un’opposizione al governo Salvini, Meloni, Tajani. Per chi è nella condizione in cui si è ficcato Renzi il primum vivere, la vecchia dottrina craxiana degli inizi, è un dogma.

 

Certo, tutti ricordano la sorte ria di Bertinotti, che dopo tanto tirare la corda contro l’Ulivo di Prodi finì fuori dal parlamento con la sua insensata sinistra arcobaleno. Ma un conto è il comunismo sentimentale contro la massicciata ulivista, un conto è un riformismo che ha alle spalle la prova del governo dei tre anni contro l’alleanza cosiddetta strategica tra il partito di Di Maio e Conte e quello di Zingaretti. Il bertinottismo di lotta e di governo era sdentato, il renzismo di queste settimane potrebbe essere di altra ferocia e incisività. Si vedrà.

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