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Le condizioni per un governo Giorgetti

Giuliano Ferrara

Il governo Draghi invocato da Giorgetti non c’è. Ma dopo un capo dello stato modello Draghi potrà andar bene anche un esecutivo guidato dal sottosegretario leghista

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A parte il caso specialissimo di Gianni Letta, tendo a diffidare dei consiglieri moderati. Che ci sta a fare un consigliori del principe se non sappia “intrare nel male”? Giorgetti parlando con Polito nel Corriere dice che Conte vacilla e che cadrà a breve. Non ci scommetterei. L’avvocato del popolo e dell’Europa ha dei limiti evidenti ma amministra con tatto e con un sesto senso politico inaudito (per lui dilettante) la situazione esplosiva di un paese, nel mondo che converge, stretto tra una pericolosa vitalità e un’altrettanto minacciosa letalità da crisi sanitaria, virologica. Il fonte battesimale di Conte Bisconte è un abile discorso in Senato in cui diceva garbato che il senatore Salvini aveva tradito lui stesso e la maggioranza con i grillini, ragion per cui si consegnava tosto e allegro a una maggioranza alternativa con i piddini. Giorgetti sa che nelle carriere politiche, anche improvvisate, la scelta dei tempi e degli argomenti è tutto. Lo sa anche Mattarella, et voilà, il gioco era fatto.

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A parte il caso specialissimo di Gianni Letta, tendo a diffidare dei consiglieri moderati. Che ci sta a fare un consigliori del principe se non sappia “intrare nel male”? Giorgetti parlando con Polito nel Corriere dice che Conte vacilla e che cadrà a breve. Non ci scommetterei. L’avvocato del popolo e dell’Europa ha dei limiti evidenti ma amministra con tatto e con un sesto senso politico inaudito (per lui dilettante) la situazione esplosiva di un paese, nel mondo che converge, stretto tra una pericolosa vitalità e un’altrettanto minacciosa letalità da crisi sanitaria, virologica. Il fonte battesimale di Conte Bisconte è un abile discorso in Senato in cui diceva garbato che il senatore Salvini aveva tradito lui stesso e la maggioranza con i grillini, ragion per cui si consegnava tosto e allegro a una maggioranza alternativa con i piddini. Giorgetti sa che nelle carriere politiche, anche improvvisate, la scelta dei tempi e degli argomenti è tutto. Lo sa anche Mattarella, et voilà, il gioco era fatto.

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Questo investimento che poi si è incrociato con la pandemia, evento funesto ma solida roccia per la prosecuzione di un governo incaricato anche per suo merito di spendere oltre duecento miliardi di fondi europei, oltre al resto del bigoncio, è difficile si volatilizzi tanto presto, e le tensioni nella maggioranza sono in Italia il documento d’accompagno delle più noiose forme di stabilità. Anche questo a Giorgetti, che è un politico non improvvisato, è ampiamente noto. Infatti tutto il suo ragionamento sulla Lega di Salvini che deve rigenerarsi, qui e a Bruxelles, cambiare il senso delle sue alleanze, uscire dalla trappola delle destre nazionalsocialiste europee, configurare un’alternativa di governo seria e responsabile senza chiacchiere e distintivi razzisti e ultracattolici (ma senza la benedizione del Papa, che qualcosa conta ancora), tutto il suo sforzo tra silenzi interviste e atti politici di reimpostare dalla base il fenomeno social che è stato il Truce, tutto questo ha come orizzonte le elezioni che, i votosubitisti mi perdonino per averlo detto, si svolgeranno con ogni probabilità alla data costituzionale prevista. E dopo l’elezione di Mario Draghi, un auspicio, ooooopps!, alla presidenza della Repubblica.

 

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Il governo Draghi invocato da Giorgetti, con l’ipotesi di una riunione nazionale dei partiti a miglior cura della crisi, invece non c’è, intanto perché notoriamente non c’è Draghi, e poi perché un formidabile intellettuale e tecnico di immenso prestigio va speso per la posizione giusta, una posizione indipendente, perché istituzionale, dalla girandola delle maggioranze di partito, una posizione con ampio respiro internazionale e culturale. Però un governo Giorgetti, se la maggioranza di oggi non sarà capace di ridiventarlo nelle urne, cosa possibilissima, non è una disgrazia, in un certo senso andrebbe benissimo dopo la fine di Trump, e che brutta fine, dopo il riflusso immaginabile nel mondo e in Europa dei suoi correligionari, imitatori, epigoni e ascari. Insomma, del buon lavoro di Giorgetti e Polito è saggio prendere Giorgetti, posto che riesca a definire anche meglio e a compiere il lavoro di rilegittimazione che si ripropone, e lasciare il resto.

 

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