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L'intervista

La crisi di governo vista dal lettino di Crepet: "C'è un problema psicopolitico"

A spasso nella mente dei leader alle prese con le tensioni di queste ore: "L'invidia e la mancanza di identità muovono tutto", dice lo psichiatra più famoso d'Italia

Simone Canettieri

"Conte? La disistima spesso è camuffata da eccessiva stima”.  Renzi?  “Ha la classica sindrome politica dell’ammiraglio della flotta svizzera”. "Zingaretti? Mi dà l’idea dell’onesto: è il classico un uomo che quando cammina deve sempre guardare a destra a sinistra, altrimenti lo investono”.  "Salvini? E' come l'Inter"  "Meloni ha la sindrome di Calimero"

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Non è una crisi. E neppure una verifica. E allora che cosa è? “Un caso clinico”, dice Paolo Crepet, profondo conoscitore della psiche. E in effetti ha ragione. Conte, Renzi, Di Maio, Zingaretti, Salvini, Meloni, Berlusconi. 

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Non è una crisi. E neppure una verifica. E allora che cosa è? “Un caso clinico”, dice Paolo Crepet, profondo conoscitore della psiche. E in effetti ha ragione. Conte, Renzi, Di Maio, Zingaretti, Salvini, Meloni, Berlusconi. 

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Un incredibile gnommero di tic e narcisismi, coazioni a ripetere e forse frustrazioni, inconfessate gelosie e punte di invidie. E quindi bisogna analizzare dal lettino del noto psichiatra-sociologo–educatore–saggista–opinionista tv (sessantanove anni: un brand) quanto sta accadendo al governo e soprattutto ai suoi protagonisti.  Entrare così nell’anima che muove le scelte e blocca le mosse dei leader.

 

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Crepet risponde dalla sua casa emozionale di Civita di Bagnoregio, la città che muore, Alta Tuscia, borgo tra i più belli al mondo. “In questo momento a Civita dovremmo essere una decina di residenti, non di più, sto benissimo ma purtroppo sono anche preoccupato: ha visto la storia delle cento suore contagiate nel convento di Bagnoregio?”. 

 

C’è un altro convento, a Roma, dove sembra essersi insediato il virus del litigio: uomini contro, ambizioni e paure, agguati e soliti sospetti. “La politica è fatta dalle persone, con i loro pregi  e difetti. I difetti ci sono sempre stati, ma prima i politici compensavano con ben altri talenti”. 


Quale  sentimento sta animando in queste ore i nostri governanti?

“La politica utilizza molto l’invidia, la più grande perdita di tempo dell’umanità, un meccanismo bestiale che porta le persone a non remare più e così la barca si ferma. Il secondo problema è l’identità. Molti politici si trovano sul palcoscenico senza avere alle spalle percorsi solidi. E questo si vede perché mancano di carattere. Quindi vincono, in apparenza, ma non convincono”.  

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Allora mettiamoli un po’ tutti in fila, sul suo lettino, questi leader alle prese con una crisi che più che politica ha tratti comportamentali (Crepet si presta, ma si raccomanda: “Non voglio passare per uno che sputa sentenze, le mie sono solo percezioni che condivido”).

 

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Giuseppe Conte? 

"La disistima spesso è camuffata da eccessiva stima”.

 

Matteo Renzi?

“Ha la classica sindrome politica dell’ammiraglio della flotta svizzera”.

 

Nicola Zingaretti come lo vede, da dentro?

“Mi dà l’idea dell’onesto, ma fa fatica a emergere davanti a tutti questi attaccanti: è il classico un uomo che quando cammina deve sempre guardare a destra a sinistra, altrimenti lo investono”.

 

Poi c’è Luigi Di Maio, per esempio.

“Al di là della crisi e del M5s sarà ricordato per la grande occasione che ha perso con la  vicenda del povero Giulio Regeni. Poteva dimostrare autorevolezza con l’Egitto. Qualcuno si ricorda Craxi a Sigonella?”.

 

Matteo Salvini sul suo lettino.

“Credo che abbia la consapevolezza di essere diventato come l’Inter”. Oddio, cioè? “Non vince più”.  

 

Crepet, lei è spietato. E Giorgia Meloni?

“Ha la sindrome di Calimero, ma non per banali questioni legate al nero. Ma perché deve sempre guardarsi intorno, teme sempre che qualcuno possa in qualche modo scavalcarla. E’ animata dal sospetto”.  

 

Le piacerebbe entrare nel cervello di Silvio Berlusconi?

“Beh. Stiamo parlando di un uomo fuori categoria, che ha storia che è già storia. Da studiare, certo”.

 

Ma consiglia ai leader di andare in psicanalisi per capire e studiare meglio i loro comportamenti e le loro reazioni? Ne trarrebbero benefici o l’arte della politica ne uscirebbe anestetizzata?

“I nostri politici non andrebbero dallo psicanalista nemmeno se fossero pagati. Non hanno tempo. Sono pieni di hybris”.

E allora bisogna capire come andrà a finire la vicenda del Palazzo. Dove al di là del merito c’è chi si sente inamovibile, chi è sicuro di essere il più machiavellico, chi pensa di non essere stato abbastanza ringraziato per aver fatto la fortuna (in due governi) di un’altra persona, chi tiene un basso profilo, chi vive sul chi va là, chi fa dell’irrequietezza un modo di  essere. Serve un ministero per Freud.

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