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Un altro governo c’è

Carlo Calenda

Unire le forze più europeiste per lasciare all’opposizione il modello Dibba e Meloni. Un’idea concreta

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Al direttore - Non siamo davanti a una crisi di governo ma a una crisi della Repubblica. Lo stato ha smesso di funzionare. Non riusciamo a spendere i soldi che stanziamo, a far funzionare la Sanità, a gestire una app o a pianificare come investire 209 miliardi di euro. Le ragioni sono molte, la principale è la separazione tra politica e amministrazione.

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Al direttore - Non siamo davanti a una crisi di governo ma a una crisi della Repubblica. Lo stato ha smesso di funzionare. Non riusciamo a spendere i soldi che stanziamo, a far funzionare la Sanità, a gestire una app o a pianificare come investire 209 miliardi di euro. Le ragioni sono molte, la principale è la separazione tra politica e amministrazione.

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In Italia teorizziamo che il politico puro, e per conseguenza la politica, debba essere lontano dalla tecnica di governo. Ci siamo scordati che l’etimologia stessa della parola politica è arte di governo della polis. Prigionieri per decenni in questa allucinazione abbiamo prodotto uno stato ingovernabile perché essenzialmente non curato. I conflitti a cui assistiamo tutti i giorni tra amministrazioni centrali e periferiche, tra giustizia e politica, tra burocrazia e politica sono il punto di arrivo di questo processo degenerativo. La pandemia ha reso definitivo ed evidente il blocco del sistema.

 

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La classe politica prova da sempre a distogliere l’attenzione del cittadino da questo stato di cose, e dal conseguente giudizio fallimentare sul proprio operato, attraverso tre ben collaudati espedienti: lo scontro ideologico, diventato dopo l’89 scontro di appartenenze; il pericolo democratico; l’eccesso di morale e il difetto di politica. Il confronto tra partiti ha assunto da tempo un connotato essenzialmente morale. L’alternativa tra le politiche di governo è stata sostituita dallo scontro tra suggestioni e parole d’ordine. Il governo giallorosso è un concentrato di questi espedienti: dalla retorica vuota e paternalistica di Conte e Arcuri, al “noi siamo i buoni e gli onesti” che unisce M5s e Pd in una nebulosa morale priva di contenuti politici.

 

Tutto ciò ha fatto presa sulla maggioranza dei cittadini. In aggiunta, i fallimenti della politica “tradizionale” nella gestione delle trasformazioni degli ultimi trent’anni – gli effetti divisivi sulla società di globalizzazione e progresso tecnologico – hanno lesionato il rapporto di fiducia tra cittadini e classi dirigenti. Non siamo più disponibili a dare fiducia a politici più preparati di noi, mentre vogliamo essenzialmente degli avatar che ripetano in tv quello che diciamo al bar tutti i giorni. E siccome i sentimenti cambiano velocemente, le leadership nascono e muoiono nello spazio di tre-quattro anni. Se vogliamo uscire dalla crisi del paese, più che da quella, a mio modo di vedere irrilevante, del governo Conte 2, dobbiamo tenere presente questo quadro d’insieme che riguarda non solo l’Italia ma gran parte dell’occidente democratico.

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A una situazione di crisi straordinaria non può che rispondere una soluzione politica altrettanto straordinaria. I contenuti di questa soluzione devono necessariamente essere: il ripristino del rapporto tra politica e amministrazione, portando al governo solo persone che abbiano indiscusse competenze gestionali e amministrative; la redazione di un piano a cinque anni per l’Italia che abbia l’obiettivo di chiudere i mille gap tra il nostro paese e l’Europa (essenzialmente questo è ciò che finanzia il Recovery fund); l’approvazione di un nucleo limitato ed essenziale di riforme che riequilibri il rapporto tra poteri dello stato; una gestione più seria e proattiva della pandemia.

 

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Chi dovrebbe far parte di questo esecutivo? La risposta è intuitiva: tutti i movimenti politici che si riconoscono nella Ue e nei valori della democrazia liberale. Il nucleo centrale di questo nuovo esecutivo è individuabile nei partiti che sostengono la Commissione europea (Pd, Forza Italia, Italia viva, Azione, LeU, verdi e Più Europa). Il discorso si fa più complesso per Lega e M5s. Entrambi questi movimenti hanno al loro interno componenti razionali e democratiche e componenti istintive e antisistema. Il M5s è più avanti nel processo di scissione e trasformazione in una sorta di Udc; senza però ancora la cultura politica/amministrativa e la classe dirigente di quel partito. La Lega viceversa è ostaggio della linea Salvini-Borghi ma ha una classe dirigente di amministratori capaci e pragmatici. Anche le posizioni di Salvini, a intermittenza, sembrano rispecchiare questo dualismo. La loro partecipazione a un governo di pacificazione dipenderà dal prevalere di una delle due identità.

 

 

Non è da escludere la scelta di un appoggio esterno da parte di uno, o entrambi di questi movimenti politici. Lega e 5s dovrebbero aver compreso che senza Europa l’Italia è destinata ad andare a gambe all’aria, non per distanti ragioni geopolitiche ma per il semplice fatto che abbiamo già perso la possibilità di andare sui mercati senza sostegno europeo (Commissione e Bce). I partiti che non riconoscono questo fatto e combattono l’esistenza stessa dell’Europa sono destinati a fare la fine dei comunisti nel Dopoguerra. O cambieranno per andare al governo o non ci andranno.

 

La forma di questo governo potrà essere tecnica (più facile da formare ma più fragile nell’azione di governo) o politico amministrativa (a mio avviso preferibile). A parte gli esiti diretti dell’azione di un governo così concepito, plausibilmente migliori rispetto a quelli del governo attuale, alle prossime elezioni ci troveremmo davanti a un sistema politico largamente pacificato e normalizzato. Solo Meloni e Di Battista rimarrebbero a rappresentare l’estremismo puberale. Bene, sento che tutto questo vi appare impossibile. Forse è vero. Ma quali sono le alternative? Un governo Conte ter che porterebbe il discredito su tutti i partiti che lo compongono, Italia viva e Pd in primo luogo, senza risolvere alcun problema? Alla fine una destra più compatta e più estremista vincerebbe le elezioni senza riuscire comunque a governare il rapporto con l’Europa.

 

Intanto Conte, forte del suo ruolo di presidente del Consiglio porterebbe il M5s a superare il Pd alle prossime elezioni. Sarebbe davvero un risultato paradossale per la segreteria di Zingaretti e la leadership di Renzi. Intanto la crisi della Repubblica peggiorerebbe investendo tutta la classe politica. E in quel punto e in quel momento della nostra storia, dopo tanti falsi e pretestuosi allarmi, la democrazia italiana sarà veramente in pericolo.

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