PUBBLICITÁ

L’ex ministro Tria spiega perché i no Mes non sanno di cosa parlano

“Dopo il negoziato sul Mes mi fecero anche grandi congratulazioni”

Luciano Capone

“Durante la trattativa feci colloqui con Di Maio e Salvini. Se qualcuno scopra ora che è stato fatto qualcosa mentre era al governo, si sta dando dell’incompetente”. L’ex ministro dell'Economia gialloverde spiega perché anche la Lega dovrebbe dire di sì alla riforma

PUBBLICITÁ

Alla fine, come era prevedibile, la maggioranza ha trovato un “punto di caduta” per non cadere. Ma in Parlamento c’è ancora una maggioranza che ritiene nefasta la riforma del Mes e, cosa più paradossale, è proprio la maggioranza composta da M5s e Lega che durante il Conte I ha trattato quell’accordo. “A un certo punto, dopo che quel governo è caduto, è scoppiato un attacco politico strumentale. Ma è sbagliato per la credibilità del paese utilizzare un trattato internazionale per fini politici interni, più o meno condivisibili”. A parlare con il Foglio è Giovanni Tria, che di quel governo è stato ministro dell’Economia e ha seguito in prima persona i negoziati sulla riforma del Fondo salva stati.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Alla fine, come era prevedibile, la maggioranza ha trovato un “punto di caduta” per non cadere. Ma in Parlamento c’è ancora una maggioranza che ritiene nefasta la riforma del Mes e, cosa più paradossale, è proprio la maggioranza composta da M5s e Lega che durante il Conte I ha trattato quell’accordo. “A un certo punto, dopo che quel governo è caduto, è scoppiato un attacco politico strumentale. Ma è sbagliato per la credibilità del paese utilizzare un trattato internazionale per fini politici interni, più o meno condivisibili”. A parlare con il Foglio è Giovanni Tria, che di quel governo è stato ministro dell’Economia e ha seguito in prima persona i negoziati sulla riforma del Fondo salva stati.

PUBBLICITÁ

 

Ma i vicepremier Di Maio e Salvini capivano cosa stavate facendo? “Non so se lo capivano o meno, ma è chiaro che gli attacchi di Lega e M5s sono partiti con il Conte II, prima non ne avevo mai ricevuti. Mi ricordo durante il negoziato dei colloqui con Salvini e Di Maio, relativi alla legge di Bilancio. Fa quasi ridere vedere oggi quelle polemiche per uno 0,4 di deficit, ma allora era un altro mondo. Dicevo che spingere sul deficit, con quelle parole e quei modi più che sui numeri in sé, ci indeboliva nel negoziato. Stavamo trattando cambiamenti strutturali, non potevamo permetterci di essere messi all’angolo dai mercati finanziari e per giunta finire isolati in Europa”. E come rispondevano? “Avvertivo che la cosa non veniva colta nelle sue implicazioni”. Alla fine, tutto sommato, le trattative del dicembre 2018 sulla riforma del Mes si conclusero positivamente per l’Italia. “Sì, andò a buon fine. A giugno 2019 vennero stesi i punti dell’accordo politico ed evitammo tutte le questioni in discussione che l’Italia non voleva, dal governo alla Banca d’Italia”. Tipo? “C’erano questioni discutibili, ad esempio il fatto che si definissero regole per la ristrutturazione del debito. Quando si discute di queste cose, si rischia di mettere in allarme i mercati. Questo è stato tolto. C’era una discussione con la Commissione e i ministri degli altri paesi che non è era ideologica ma tecnica. Nel negoziato finale di giugno passai la notte a discutere con il ministro olandese su un punto specifico, volevano che il Mes potesse pubblicare i metodi di calcolo con cui sarebbe stata valutata la sostenibilità del debito dei paesi. Alla fine l’ebbi vinta, alle 6 di mattina chiamai Conte a Roma: ‘L’abbiamo spuntata, è stato tolto di mezzo’. Fecero anche grandi congratulazioni a me e al capo di gabinetto Alessandro Rivera per un negoziato in cui non eravamo in una posizione semplice”.

 

PUBBLICITÁ

Altro che complimenti, poi esponenti di Lega e M5s hanno detto che di fatto lei ha agito di nascosto, senza informare il Parlamento. Traditore della patria. “Vabbè – sorride il professore Tria – mi pare strano, perché proprio con il senatore Bagnai inaugurai un metodo: che io riferissi in Parlamento ciò che andavo a discutere a Bruxelles. Certo, c’era chi dopo tre quarti d’ora di una relazione tecnica sull’Ecofin mi faceva domande sulle tasse sui giochi, che non c’entravano nulla. Ma Bagnai un po’ ne capiva e dopo quell’accordo non ci furono attacchi né a me né a Conte”. Magari non se ne sono accorti dopo, l’accusa era proprio di scarsa trasparenza. “Che qualcuno scopra l’anno dopo che è stato fatto qualcosa di nascosto mentre era al governo è come se si stesse dando dell’incompetente, anche perché sono documenti pubblici”. Insomma, tanto rumore per nulla? “Le modifiche del Mes sono tutte marginali, a parte il backstop per le crisi bancarie. Nel negoziato la nostra posizione prevedeva delle linee rosse: chiarii al ministro tedesco Scholz che il backstop non era una richiesta italiana, non poteva quindi essere usato per farci cedere su altri punti: ‘Ma se lo fate non ci opponiamo’, dissi. Eravamo a favore del processo di integrazione dell’Unione bancaria, ma c’erano discussioni pericolose sui titoli di stato in pancia alle banche e sugli Npl che abbiamo evitato. Nelle condizioni in cui eravamo, mentre da Roma lanciavano attacchi sull’euro, il negoziato è andato bene”.

 

Si dice che con il Mes finiremo tutti come la Grecia? “A parte la Grecia, la cui vicenda in parte è prima del Mes, paesi come Spagna e Portogallo hanno usufruito del Mes e ne sono usciti con un tasso di crescita accelerato e uno spread più basso dell’Italia. E poi nessuno di questi paesi, Grecia inclusa, è contro la riforma”. Però il Mes è ritenuto il “cavallo di Troia” della Troika. “Ma dov’è la Troika? Il Fmi dice che bisogna fare debito e politiche fiscali espansive, la Bce ci sta salvando con i suoi programmi di acquisti, la Commissione europea ha messo in campo il Next Generation Eu e sospeso il Patto di stabilità. Di cosa stiamo parlando? E’ un altro mondo”. In questo nuovo mondo il Mes è superato? “Forse è uno strumento che fa parte di un’epoca passata, ma se vogliamo rivedere i trattati bisogna farlo insieme agli altri paesi. E il presupposto per decidere il futuro insieme agli altri è stare ai patti ed essere un paese credibile”. Intanto, dice chi si oppone, si introduce il backstop che serve alle banche tedesche. “Può darsi, ma se vanno in crisi le banche tedesche poi saltano pure le nostre. Noi dobbiamo opporci a ciò che ci danneggia, non a ciò che avvantaggia gli altri. Altrimenti poi ci sarà chi si oppone al Recovery in base alla stessa logica: perché avvantaggia noi. Purtroppo per fare lotta politica interna si fa polemica su alcuni pezzi senza guardare il mosaico”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ