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Rampelli, Storace a Alemanno: tutti gli ex fratelli di Giorgia

Luca Roberto

Lì dove prima c'era la vecchia guardia, oggi la Meloni scommette su una nuova generazione oltre la capitale: da Donzelli a Montaruli

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C’è chi con esercizio d’enfasi non esiterebbe a definirlo parricidio. Ché a ogni leader che si definisca tale, a un certo punto e all’infuori dei richiami alla “generazione Telemaco”, tocca fare di conto con le proprie ambizioni rassettatrici: a partire dalla classe dirigente da cui si sceglie di circondarsi. E così a Giorgia Meloni, che una lettura da ambasciate come Politico mette in lizza tra i 28 leader più influenti del continente, la giovane che però è già stata ministro più di 10 anni fa, il presente forse sembra ancora troppo vicino al ricordo delle origini. Nobili, per carità. A cui rendere grazie, senz’alcun dubbio. Ma che pure deve averle fatto pensare: ora è il momento di mandare avanti altri uomini, altre donne, e che non siano tutti romani.

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C’è chi con esercizio d’enfasi non esiterebbe a definirlo parricidio. Ché a ogni leader che si definisca tale, a un certo punto e all’infuori dei richiami alla “generazione Telemaco”, tocca fare di conto con le proprie ambizioni rassettatrici: a partire dalla classe dirigente da cui si sceglie di circondarsi. E così a Giorgia Meloni, che una lettura da ambasciate come Politico mette in lizza tra i 28 leader più influenti del continente, la giovane che però è già stata ministro più di 10 anni fa, il presente forse sembra ancora troppo vicino al ricordo delle origini. Nobili, per carità. A cui rendere grazie, senz’alcun dubbio. Ma che pure deve averle fatto pensare: ora è il momento di mandare avanti altri uomini, altre donne, e che non siano tutti romani.

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Con Fabio Rampelli, padrino nella svolta di Colle Oppio, primissimo della corrente dei gabbiani a picconare l’esperienza unitaria del Popolo delle Libertà, il rapporto è sempre stato quello tra padre e figlia. Stesso lessico familiare. Amicizia. Riconoscenza. E però adesso che Giorgia vuole cogliere la sfida di fuoriuscire dal grande raccordo anulare, ora che si propone come blairiana di destra e viene eletta presidente dei conservatori europei, un po’ Rampelli, dicono, gli sembri come logoro di fronte all’avanzare del tempo. Malgrado l’esperienza. La capacità. L’intelligenza politica. Quasi che a prenderne il testimone in territorio capitolino si sia già trovato un bene sostitutivo: Francesco Lollobrigida, della Meloni cognato e capogruppo alla Camera.

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Di Francesco Storace, invece, alla Meloni è toccata in sorte di appartenere alla stessa genìa: quella dei caratteri umorali. Che è poi un’ po il codice ontologico di chi riesce ad alternare lo strillo con le carinerie. Per lui Giorgia, stanca delle turbolenze che sempre preludono a un riavvicinamento, ha apparecchiato un percorso che lo tenga alla larga dalla politica operativa: lo ha accompagnato in un giornale, sua passione da sempre, accontentandolo con la vicedirezione del Tempo, l’house organ semi ufficiale di Fratelli d’Italia. Che è tutt’altro rispetto a quanto la leader va orchestrando per Gianni Alemanno, l’uomo allo scatafascio. E’ il motivo per cui la “capa” di Fratelli d’Italia è stata categorica: nel caso in cui il centrodestra convergesse su Guido Bertolaso per affidargli il ruolo di candidato sindaco nella capitale, dovrà trovarsi un’altra portavoce: di certo non quella Silvia Cirocchi che il destino volle compagna dell’ex primo cittadino. Non c’è crescita senza dolori. Non c’è raggiungimento dell’età adulta che non passi dalla metaforica uccisione dei padri. Ed è così anche per Giorgia Meloni.

 

E se infatti c’è chi deve rimanere in disparte perché pericolante, c’è pure, d’altra parte, chi quella posizione la debba presidiare nei panni di amico geniale. Com’è il caso di Andrea Augello, ex sottosegretario, altro elemento della vecchia guardia, il vero demiurgo dietro al caso della scorta di Conte corsa in soccorso della compagna Olivia Palladino al supermarket. Il quale ha saggiamente ridotto l’esposizione per dar luce alla meno conosciuta e per questo novizia compagna Roberta Angelilli.

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Una vera e propria geografia degli accantonamenti questa che si compone intorno alla Meloni. Una geografia che prevede un turnover generazionale e territoriale: via Roma, dentro le altre macroaree del nord e del centro (anche se a Ignazio La Russa è stato garantito il ruolo di sempre in virtù di un radicamento in Lombardia cui il partito non vuole rinunciare). E così la ribalta, un poco alla volta se la sono guadagnata i vari Giovanni Donzelli da Firenze, Carlo Fidanza (milanese d’adozione), il neo presidente delle Marche, Francesco Acquaroli, che è riuscito a strappare la regione alla sinistra dopo oltre 20 anni consecutivi, e pure e soprattutto Augusta Montaruli, deputata torinese per cui pare Meloni nutra un sincero orgoglio di immedesimazione. Con Guido Crosetto che solo formalmente s’è lasciato dietro l’esperienza in Transatlantico, e però assiste la leader sin dentro alle chat dei gruppi parlamentari. Come che sia, alle orecchie della Meloni pare siano già giunti i mugugni dei detrattori, ché in sintesi il partito si starebbe svecchiando, con la generazione Atreju, solo al prezzo di spostarsi ancor più a destra. Forse è un costo di cui la Meloni ha già tenuto in considerazione il risvolto: relegare in soffitta, una volta e per sempre, l’album di famiglia e persino la romanità.

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