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Il personaggio

"Parlate con Goracci". Chi è l'ambasciatore di Conte che si immola nello stallo

Il dirigente di Palazzo Chigi, figlio d'arte, è sempre più una figura centrale. E' l'ombra del presidente del Consiglio. Pd e Iv quando lo vedono sbuffano, M5s lo adora: il ritratto

Simone Canettieri

Nei tavoli di maggioranza, ma anche per la vicenda Mes il premier continua a mandare il suo capo di gabinetto che ascolta, scrive ma non può decidere: media per il mediatore, è il notaio dell'avvocato del popolo

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Media per il mediatore. E’ il notaio dell’avvocato (del popolo), anche se poi non ratifica mai. Domenica ha passato la giornata su Zoom a spiegare ai senatori grillini riottosi l’“importanza del pacchetto” che l’Italia dovrà approvare in Europa. Sottinteso: niente scherzi sul Mes. Ma non l’ha detto. Perché Alessandro Goracci, il capo di gabinetto di Palazzo Chigi, si muove in un perimetro istituzionale. Anche se il suo capo, il premier Giuseppe Conte, continua a mandarlo a tutti i tavoli politici.

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Media per il mediatore. E’ il notaio dell’avvocato (del popolo), anche se poi non ratifica mai. Domenica ha passato la giornata su Zoom a spiegare ai senatori grillini riottosi l’“importanza del pacchetto” che l’Italia dovrà approvare in Europa. Sottinteso: niente scherzi sul Mes. Ma non l’ha detto. Perché Alessandro Goracci, il capo di gabinetto di Palazzo Chigi, si muove in un perimetro istituzionale. Anche se il suo capo, il premier Giuseppe Conte, continua a mandarlo a tutti i tavoli politici.

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E lui, 43 anni pur in mancanza di prove visto che tutti lo definiscono “l’uomo senza età”, scrive. Ascolta e scrive. Di continuo. Redige verbali dall’inizio alla fine degli incontri. “Senza quasi mai alzare la testa”. Apre i vertici, prende la parola per illustrare l’ordine del giorno, e li chiude, quasi sempre “constatando che manca un’intesa o che i tavoli si potrebbero sovrapporre”.

 

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E dunque che si fa quando c’è un problema, come sempre più accade, nella maggioranza? Silenzio. Poi Goracci: “Mo me lo segno”, sembra dire, alla  Massimo Troisi.  Nel Pd, per esempio, hanno capito che quando c’è lui a una riunione “non si arriverà mai ad alcuna decisione”.

 

Semplicemente perché non è titolato a dire l’ultima parola. A fare sintesi. E’ il supplente dell’assente: Conte. Che però lo invia ovunque, lo fa uscire dall’ombra  trasformandolo in sostanza: per parlare di riforme (bloccate), per discutere di programma (che va a singhiozzo) e per sminare il Mes nella trincea grillina (la partita qui non è ancora chiusa sui numeri dei senatori grillini pronti a votare il no: ieri radio-Palazzo Madama ne contava otto). 

 

La settimana scorsa, dopo l’ennesimo nulla di fatto sulla legge elettorale, i capigruppo Pd Andrea Marcucci e Graziano Delrio hanno abbandonato la riunione. Invocando l’intervento del presidente del Consiglio anche con una nota ufficiale. Per stigmatizzare  la famosa assenza di “iniziativa politica”, che nella maggioranza si rimprovera al premier che non c’è.
 

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Ma c’è Goracci, parlate con lui. Persona “educatissima” quanto riservata, dicono tutti. Nei suoi confronti la stima è trasversale. Anche da parte dei vertici della Lega con cui lavorò nel Conte I. Tra alti e bassi, certo. A giugno 2019, per dirne una, Borghi & Bagnai si lamentarono di lui perché li convocò in una saletta riservata di Palazzo Chigi facendo loro vedere una bozza in inglese tecnico del trattato del Mes che sarebbe stato approvato dall’Eurogruppo, invitandoli a non fare foto né a prendere appunti: “Ci trattano come schiavi!!!”.   

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Il presidente del Consiglio qualche mese senza capo di gabinetto. Goracci, avvocato specializzato in diritto pubblico, è un figlio d’arte: cresciuto a latte e Palazzo dei grand commis di stato.  Il padre Carlo, scomparso quattro anni fa, è stato per lungo tempo vicesegretario generale della Camera durante il regno di Ugo Zampetti, propiziatore del primo governo gialloverde. 
 

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Goracci jr è stato pescato dal Senato, dove da alto dirigente lavorò anche per la commissione Banche presieduta da Pier Ferdinando Casini.  E da allora il rapporto con “l’amico Giuseppe” si è fatto forte, inossidabile. Più di un capo di gabinetto alle prese con le norme e i codicilli. Un ambasciator che porta pene.  Di sicuro uno dei Lothar del contismo, fa parte del cerchio magico dell’arrocco. Ha sangue freddo e non si scompone mai. Con i rossogialli ha guadagnato ancora più metri di potere e stima nei confronti del presidente del consiglio entrando nella confidenza.  I grillini lo adorano, quasi tutti. E anche domenica, quando si è presentato nella fossa dei leoni con due consiglieri giuridici ed economici sempre dello staff di Chigi, si è sottoposto a un esercizio da martire. Un san Sebastiano  pronto a mostrare il petto davanti alle domande più scombiccherate della truppa M5s. “La Troika? La Grecia?”. 

 
Ma una cosa è dissuadere animi bellicosi nel merito e troncare e sopire piccole pattuglie senza patria, un’altra è mettersi al tavolo con i vertici parlamentari della maggioranza e provare a dare le carte. Metterli d’accordo sullo sbarramento della legge elettorale o su come riformulare il Reddito di cittadinanza. “Se c’è Goracci non si decide nulla”, dicono dal Pd e da Italia viva. Premettendo “nulla di personale, e anzi massima stima”. Figurine dall’album dello stallo.

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