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Sì: il populismo combatte contro il popolo

Claudio Cerasa

Sono contro lo stato di diritto. Combattono contro i soldi facili del Mes. Se ne sbattono del Recovery. Le contorsioni del centrodestra e del governo sul futuro dell’Europa ci ricordano perché i sovranisti sono i veri nemici del popolo sovrano

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Le convulsioni politiche registrate nelle ultime ore all’interno della maggioranza e all’interno dell’opposizione rispetto al futuro della riforma del Fondo salva stati – riforma che il governo Conte ha intenzione di ratificare nel Consiglio europeo del 12 dicembre – non hanno avuto solo l’effetto di mostrare le contraddizioni forse insanabili che esistono tanto nella coalizione di centrodestra quanto in quella di governo. Ma hanno avuto un effetto politicamente più rilevante che coincide con una verità sempre più difficile da negare e che potremmo brutalmente sintetizzare così: più passa il tempo, più aumentano i problemi, più l’Europa matura, più i cittadini hanno bisogno di solidarietà, più le istituzioni hanno bisogno di collaborare tra loro e più risulta evidente quanto il populismo, al fondo, sia un’ideologia destinata maledettamente ad andare contro gli interessi del popolo.

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Le convulsioni politiche registrate nelle ultime ore all’interno della maggioranza e all’interno dell’opposizione rispetto al futuro della riforma del Fondo salva stati – riforma che il governo Conte ha intenzione di ratificare nel Consiglio europeo del 12 dicembre – non hanno avuto solo l’effetto di mostrare le contraddizioni forse insanabili che esistono tanto nella coalizione di centrodestra quanto in quella di governo. Ma hanno avuto un effetto politicamente più rilevante che coincide con una verità sempre più difficile da negare e che potremmo brutalmente sintetizzare così: più passa il tempo, più aumentano i problemi, più l’Europa matura, più i cittadini hanno bisogno di solidarietà, più le istituzioni hanno bisogno di collaborare tra loro e più risulta evidente quanto il populismo, al fondo, sia un’ideologia destinata maledettamente ad andare contro gli interessi del popolo.

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Tutto quello contro cui i populisti di mezza Europa oggi combattono – il Mes, il backstop, l’euro, persino il Recovery – rappresenta tutto ciò di cui oggi i paesi colpiti dalla pandemia hanno più bisogno – la solidarietà, l’unione, la condivisione dei rischi – e l’effetto paradossale delle campagne combattute in queste ore dai movimenti nazionalisti, populisti e sovranisti di mezza Europa (e di mezza Italia) è quello di aver avviato un gigantesco cortocircuito politico che ha permesso di osservare il seguente schema: tutti quelli che oggi a vario titolo con diversi gradi di paraculaggine si schierano contro i meccanismi dell’Europa anziché mostrarne i meccanismi difettosi hanno contribuito a mostrare i meccanismi perversi del populismo.

 

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Perché in fondo il no alla ratifica del Mes questo significa: significa non voler rafforzare l’Eurozona, significa fare di tutto per non offrire agli stati membri la possibilità di una garanzia finanziaria da usare in caso di crisi e significa non capire che l’euro ha bisogno di una rete finanziaria che lo protegga dal possibile fallimento del debito degli stati che lo adottano. Perché in fondo il no al Mes questo significa: essere disposti, solo per ragioni ideologiche, a rinunciare a un risparmio di 300 milioni di euro all’anno per dieci anni da usare per le spese sanitarie (per un sesto di quel risparmio, 50 milioni, il M5s ha scelto di rinunciare a un terzo dei parlamentari nella prossima legislatura) e a scaricare quel mancato risparmio giocando magari con le tasse degli italiani. Perché in fondo il no al backstop, compreso nella riforma del Mes, questo significa: non significa dire di no alla Troika, ma significa dire di no a un meccanismo finanziario di salvataggio delle banche più funzionale rispetto a quello che esiste oggi che permetterà a una banca di sistema che si trova in difficoltà di chiedere aiuto direttamente a un meccanismo che si chiama Single Resolution Board (oggi, con le attuali norme, il Fondo salva stati può intervenire solo dopo la richiesta dello stato).

 

Perché in fondo arrivare a minacciare il veto sul Recovery pur di violare liberamente lo stato di diritto dell’Unione europea – sintesi della nobile posizione di Polonia e Ungheria: se non togliete la clausola dello stato di diritto siamo pronti a impedire a tutti i paesi europei di ricevere i soldi necessari per provare a curare le economie martoriate dal Covid – questo significa. Significa usare il ricatto del veto anche a costo di penalizzare i propri cittadini (la Commissione europea, insieme al Parlamento europeo e al Consiglio, è competente in virtù dei trattati a garantire il rispetto dello stato di diritto quale valore fondamentale della nostra Unione e ad assicurare che le normative, i valori e i princìpi dell’Ue siano rispettati, e se questo aspetto infastidisce Polonia e Ungheria non si capisce chi li trattenga dal chiedere asilo politico in Russia) e significa giocare con la pelle dei cittadini europei magari solo per evitare che vi siano controlli su quanti soldi europei finiscano ai famigliari e agli imprenditori vicini al partito di Orbán.

 

E’ possibile che il prossimo 9 dicembre, quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte andrà in Aula a chiedere i voti sulla risoluzione che gli permetterà di votare al prossimo Consiglio europeo a favore della ratifica del Mes, non ci sia alcun problema relativo alla maggioranza e ci sia magari un qualche soccorso da parte dell’opposizione per evitare che l’Italia torni a essere il paese zimbello d’Europa. Ma a prescindere da come andrà a finire la partita politica è difficile non notare quanto le convulsioni degli antieuropeisti siano lì a ricordarci il grande inganno del populismo: combattere in nome del popolo battaglie politiche scientificamente costruite per non fare gli interessi del popolo sovrano.

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