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Non sarà il Mes a far saltare la maggioranza, dicono Pd e Iv

David Allegranti

“Non salta un esecutivo se non ne è pronto un altro”, dice Ceccanti. Nessuno, nei partiti di governo, ha la forza per la spallata

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Il Pd pensa che il Mes sia prezioso, Italia viva pure. Lo dicono da tempo i vertici, lo ribadiscono in questi giorni i singoli parlamentari. Ma la maggioranza – di cui fa parte anche il traccheggiante M5s – non entrerà in crisi su questo, assicurano dal centrosinistra. Non fosse altro perché nessuno ha la forza per tirare una spallata agli alleati di governo, specie in un momento del genere, in cui c’è una crisi sanitaria che è anche crisi sociale ed economica. Lo sintetizza Piero Fassino al Foglio: “Nessuno che abbia responsabilità può pensare di aprire una crisi in piena seconda ondata di Covid-19. Resta il fatto che dire no alla riforma del Mes è privo di senso, come è privo di senso continuare a rifiutare il i 37 miliardi del Mes per la sanità”. Ma cercare voti altrove sarebbe possibile? “Non infilatevi in ipotesi astratte”, ribatte Fassino.

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Il Pd pensa che il Mes sia prezioso, Italia viva pure. Lo dicono da tempo i vertici, lo ribadiscono in questi giorni i singoli parlamentari. Ma la maggioranza – di cui fa parte anche il traccheggiante M5s – non entrerà in crisi su questo, assicurano dal centrosinistra. Non fosse altro perché nessuno ha la forza per tirare una spallata agli alleati di governo, specie in un momento del genere, in cui c’è una crisi sanitaria che è anche crisi sociale ed economica. Lo sintetizza Piero Fassino al Foglio: “Nessuno che abbia responsabilità può pensare di aprire una crisi in piena seconda ondata di Covid-19. Resta il fatto che dire no alla riforma del Mes è privo di senso, come è privo di senso continuare a rifiutare il i 37 miliardi del Mes per la sanità”. Ma cercare voti altrove sarebbe possibile? “Non infilatevi in ipotesi astratte”, ribatte Fassino.

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“E’ quasi scontato che finisca bene”, aggiunge al Foglio Stefano Ceccanti. “Posso sbagliarmi – dice Ceccanti – perché la politica italiana è difficilmente prevedibile, però credo che il Mes passerà e che non ci saranno né crisi né rimpasti. Chi crede il contrario sottovaluta due elementi: il primo è che la nostra è una forma parlamentare a correttivo presidenziale e la seconda è che vige già una sfiducia costruttiva implicita, non salta un esecutivo se non ne è pronto un altro. Vedremo”. Domanda: che cosa succede il 9 dicembre, quando la riforma del Mes approderà in Parlamento? “Entreranno in campo gli ausiliari per limitare la portata dell’incendio”, dicono dal Pd al Senato. “C’è pure la legge di bilancio aperta, non succederà nulla”, spiegano fonti del Foglio al Senato. Più accesi i toni fra i renziani, anche se pure loro non hanno voglia di accendere l’innesco definitivo: “Non c’è accordo sulle riforme istituzionali, non c’è sul Mes e neppure sulla riforma del fisco. Stiamo rischiando di perdere tempo senza arrivare ad alcun risultato” fanno sapere da Italia viva: “Ormai sono molti gli argomenti su cui non si riesce a sbloccare lo stallo e tutto sarà rimesso al confronto dei leader”.

 

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Un parlamentare renziano la vede così: “Il 9 al Senato rientrerà il dissenso di un po’ di senatori Cinque stelle e ci sarà qualche astensione strategica di qualche ‘dissidente autorizzato’ di Forza Italia. Mentre per quello sulla sanità o di Maio trova un escamotage per riposizionare i 5 stelle scegliendo a tavolino di risolvere il tema scissione, oppure non si farà mai”. Nel centrosinistra insomma attendono le evoluzioni del M5s. A essere precisi, aspettando le evoluzioni del ministro degli Esteri, evidentemente ritenuto l’unico titolato, a differenza del capo politico Vito Crimi, a mettere fine alla questione. Alla fine però le fibrillazioni potrebbero rientrare anche per motivi non strettamente legati al Mes. Finora il taglio del numero dei parlamentari e conseguente mancato ridisegno dei collegi elettorali ha impedito qualsiasi ragionamento su eventuali elezioni anticipate. Finora. Ma l’impedimento non durerà in eterno, perché il governo ha l’obbligo di legge di indicare i nuovi collegi entro inizio gennaio (il 4 a essere precisi) e giovedì prossimo il parlamento darà un parere sulla bozza della legge delega sui collegi, che saranno pronti ben prima di Natale. Quindi finora le discussioni su possibili crisi di governo sono rimaste appese al nulla. Molti, tra maggioranza e opposizione, hanno fatto la voce grossa sapendo che tanto non sarebbe accaduto nulla. Ma tra poco qualsiasi fibrillazione rischia di diventare reale. Posto che c’è un’emergenza sanitaria da gestire, a chi converrebbe mai tornare prima possibile alle urne con un parlamento ridotto di un terzo nei numeri?

 

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