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Accelerare stanca

Il piano del governo per allontanare dai partiti la gestione del Recovery

Valerio Valentini

La corsa per definire la cabina di regia in legge di Bilancio. I sei manager scelti dal triumvirato. Il ruolo di Investitalia. I malumori di Franceschini

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La situazione s’è così ingarbugliata che a metà pomeriggio il dissidio si pone sulle premesse: “E chi ci deve andare a questa riunione?”. La riunione, nella fattispecie, è quella che Giuseppe Conte ha convocato sin da domenica. Sarebbe una capidelegazione, a rigore, e il tema all’ordine del giorno è il Recovery. Ma siccome il busillis sta nel triumvirato che deve sovrintendere alla gestione dei progetti del Next generation Eu, ecco che ci s’interroga su come far partecipare anche i due scudieri del premier. Sennonché Roberto Gualtieri non può certo rinunciare all’Ecofin sul Mes, e allora, si obietta, neppure Stefano Patuanelli è giusto che partecipi al vertice. Questione di equa rappresentanza. Quando dal Mef allora propongono di inviare un tecnico a Palazzo Chigi, tutti s’irrigidiscono: niente, aggiorniamoci a domani. E insomma viene da prendere per buona la ritrosia dei diretti interessati che, richiesti su un’indiscrezione, subito mettono le mani avanti: “Qui ancora non abbiamo deciso come sarà la struttura, figurarsi se sappiamo chi saranno i sei manager che dovranno dirigerla”.

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La situazione s’è così ingarbugliata che a metà pomeriggio il dissidio si pone sulle premesse: “E chi ci deve andare a questa riunione?”. La riunione, nella fattispecie, è quella che Giuseppe Conte ha convocato sin da domenica. Sarebbe una capidelegazione, a rigore, e il tema all’ordine del giorno è il Recovery. Ma siccome il busillis sta nel triumvirato che deve sovrintendere alla gestione dei progetti del Next generation Eu, ecco che ci s’interroga su come far partecipare anche i due scudieri del premier. Sennonché Roberto Gualtieri non può certo rinunciare all’Ecofin sul Mes, e allora, si obietta, neppure Stefano Patuanelli è giusto che partecipi al vertice. Questione di equa rappresentanza. Quando dal Mef allora propongono di inviare un tecnico a Palazzo Chigi, tutti s’irrigidiscono: niente, aggiorniamoci a domani. E insomma viene da prendere per buona la ritrosia dei diretti interessati che, richiesti su un’indiscrezione, subito mettono le mani avanti: “Qui ancora non abbiamo deciso come sarà la struttura, figurarsi se sappiamo chi saranno i sei manager che dovranno dirigerla”.

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E sì che un accordo dovranno trovarlo, e anche alla svelta. “Tre giorni, non di più”, si sono ripromessi domenica sera, a margine del Cdm, i ministri Gualtieri e Patuanelli, d’intesa con Conte, e sollecitati da quell’Enzo Amendola che, da responsabile dei rapporti con la Commissione europea, è il metronomo più ascoltato dai colleghi su questa trattativa fatta di interlocuzione costante e informale tra Roma e Bruxelles. E non è un caso che sia stato lui tra i più risoluti nel chiedere che il provvedimento che dovrà disegnare la governance del Recovery plan italiano venga inserito nel maxiemendamento che il governo farà sulla legge di Bilancio. “Oltre è bene non spingersi”, ha spiegato a chi suggeriva di rimandare tutto a un decreto successivo, un “Supersemplificazioni” da varare a inizio 2021. A gennaio, infatti, la Commissione si attende la presentazione della struttura che dovrà gestire i fondi del Recovery, e le normative speciali che questa struttura potrà adottare per evitare ritardi e impantanamenti burocratici vari. Non sarà facile, però: perché la manovra è già arrivata alla Camera con un mese di ritardo, è ostaggio dell’ostruzionismo della destra e gravata da 7.000 emendamenti e verrà spedita al Senato a ridosso delle feste di Natale, senza alcuna possibilità di correzione. “E a noi capigruppo toccherà tenere a bada la comprensibile rabbia dei parlamentari che si vedranno calare dall’alto una decisione così importante”, sbuffa Andrea Marcucci, che guida il Pd a Palazzo Madama

   
Anche per questo Amendola e Gualtieri, d’accordo con Nicola Zingaretti, hanno suggerito a Conte di adottare delle soluzioni su cui si ha già certezza dell’apprezzamento di Bruxelles. Da qui nasce, ad esempio, l’idea del triumvirato col premier, il ministro dell’Economia che gestisce la cassa e una controparte del M5s scelta nel titolare del dicastero di spesa più coinvolto: il Mise. L’idea ricalca infatti lo Steering committee della Commissione Von der Leyen, e recepisce di fatto il suggerimento indicato da Marco Buti e Marcello Messori nel loro recente, discussissimo paper. Così come pure l’idea di arruolare i 300 esperti per la gestione dei progetti in una Struttura di missione, più snella, anziché in una Spa, pare ricalcare gli indirizzi comunitari. 

  
Solo che poi c’è la politica, a complicare i piani. E c’è ad esempio Dario Franceschini che si sente esautorato da quello stesso premier a cui più volte lui, ammansendo la rabbia dei parlamentari del Pd, ha garantito protezione. Ma così la selezione dei progetti passerebbe per il Ciae, quel Comitato per gli Affari europei di cui il suo Mibact non fa parte. E il comitato esecutivo starebbe in un triumvirato che non  lo include. E poi c’è Matteo Renzi. Il quale, tanto più dopo le veline velenose fatte circolare da Palazzo Chigi nelle ultime ore nei confronti delle sue ambizioni da rimpasto, s’è impuntato: e chiederà che anche di questa matassa, come delle altre sulle riforme e sul programma di governo, se ne cerchi il bandolo durante un vertice che chiami in causa i leader di maggioranza a Palazzo Chigi, magari la settimana prossima. 

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E chissà che a quel punto non venga rimessa in discussione anche la struttura generale. Che prevede, stando a una prima bozza, che i sei manager guidino (si presuppone a titolo gratuito, ma anche su questa si dovrà fare chiarezza) ciascuno un gruppo di 50 tecnici. Che verranno presi in parte dai ministeri, e in parte da strutture già esistenti, come Invitalia e Investitalia, e per il resto si dovrebbe optare per procedure privatistiche: bandi o anche chiamate dirette. Il tutto, pare, sotto la regia del triumvirato. Che, anche sui sei manager avrà potere di nomina, pur dovendo informare gli altri ministri. I quali, quando lo sapranno, potrebbero non esserne felici. E il tempo scorre.
 

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