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Il verticino

Il centrodestra sfederato

Carmelo Caruso

Fi promette lealtà, la Lega non si fida. Giorgia Meloni va in tv. L'incontro fra i leader del centrodestra è lampo. Ai responsabili economici il compito di stilare le richieste economiche. Uniti per trattare lo scostamento di bilancio

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Roma. E’ stato il primo vertice del centrodestra s-federato, la riunione “ci colleghiamo prima possibile”. Non avevano concordato neppure l’attimo, ma erano d’accordo che si sarebbero parlati e ascoltati. Forse compresi. E infatti l’annuncio “ci sentiremo all’ora di pranzo” era una promessa che si è allungata al pomeriggio e l’incontro è stato così breve che perfino i parlamentari si sono  domandati: “Ma davvero si è tenuto?”. Ignazio La Russa precisava che il tempo e lo spazio, in questa parte di mondo, somigliano all’Aleph di Borges, quel punto che contiene tutti i punti e dunque “il vertice è permanente. Anche ora, mentre siamo al telefono è già vertice”. Di mattina, Matteo Salvini seguiva lo spirito del momento e comunicava che era “presente con tre scatti” nel libro fotografico a sostegno delle donne vittime di violenza e che le fotografie erano accompagnate da questa frase: “Non abituarti a tacere: la tua voce è la tua vita”. Alle 11 si trovava  al Senato per illustrare misure contro  lo stato spacciatore ma la testa era rivolta ai commissari regionali, al suo partito. Aveva già scostato l’affare scostamento (di bilancio) a prova che adesso è lui che cerca in ogni modo di farsi concavo. Giorgia Meloni, alle 15, era invece ospite di Maria Latella dove spiegava, anticipava che è per la confederazione del centrodestra  diversa da “federazione”. Di cosa si doveva discutere ieri? “Di troppe cose” ha confidato un deputato di FI. Stava per aggiungere qualcosa che garantiva essere notevole. Ma poi sapete cosa è accaduto. “Rispettate il dolore per la scomparsa del più grande”. Con questa validissima ragione nessuno ha avuto più voglia di argomentare.

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Roma. E’ stato il primo vertice del centrodestra s-federato, la riunione “ci colleghiamo prima possibile”. Non avevano concordato neppure l’attimo, ma erano d’accordo che si sarebbero parlati e ascoltati. Forse compresi. E infatti l’annuncio “ci sentiremo all’ora di pranzo” era una promessa che si è allungata al pomeriggio e l’incontro è stato così breve che perfino i parlamentari si sono  domandati: “Ma davvero si è tenuto?”. Ignazio La Russa precisava che il tempo e lo spazio, in questa parte di mondo, somigliano all’Aleph di Borges, quel punto che contiene tutti i punti e dunque “il vertice è permanente. Anche ora, mentre siamo al telefono è già vertice”. Di mattina, Matteo Salvini seguiva lo spirito del momento e comunicava che era “presente con tre scatti” nel libro fotografico a sostegno delle donne vittime di violenza e che le fotografie erano accompagnate da questa frase: “Non abituarti a tacere: la tua voce è la tua vita”. Alle 11 si trovava  al Senato per illustrare misure contro  lo stato spacciatore ma la testa era rivolta ai commissari regionali, al suo partito. Aveva già scostato l’affare scostamento (di bilancio) a prova che adesso è lui che cerca in ogni modo di farsi concavo. Giorgia Meloni, alle 15, era invece ospite di Maria Latella dove spiegava, anticipava che è per la confederazione del centrodestra  diversa da “federazione”. Di cosa si doveva discutere ieri? “Di troppe cose” ha confidato un deputato di FI. Stava per aggiungere qualcosa che garantiva essere notevole. Ma poi sapete cosa è accaduto. “Rispettate il dolore per la scomparsa del più grande”. Con questa validissima ragione nessuno ha avuto più voglia di argomentare.

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C’era chi pensava che insieme, Salvini-Meloni-Berlusconi, avrebbero ragionato anche del prossimo sindaco di Roma. E in verità se ne è parlato ma subito dopo. Con i giornalisti. Si è verificato un congiunto ma separato “Bertolaso ci piace” da parte della Meloni e di Salvini. Dovevano decidere come votare sullo scostamento di bilancio, in pratica lo scontro che avverrà tra un paio d’ore. Ma sono riusciti in qualche modo tutti e tre a scansarsi. Silvio Berlusconi che è l’eternità di una voce che passa attraverso il rame, la fibra, non era presente fisicamente. Online. Per FI c’era Antonio Tajani mentre al Senato era scattata la gara a chi aveva visto entrare chi. Si puntava sul collegamento separato, a ciascuno il suo, ma alla fine sia Meloni sia Salvini si sono connessi da un salone comune. E a quel punto hanno giocato a darsi ragione. “Se ci mostriamo compatti e coesi possiamo ottenere quello che chiediamo. Le tue proposte, Silvio, sono le mie e possono essere quelle di Giorgia”. E Berlusconi annuiva perché gli bastava avere dimostrato che la strategia era la sua e che anche la risoluzione che la Lega ha presentato sabato, quel tentativo di scavalcarlo in cortesie e aperture con il governo, era pur sempre una copia dell’originale.

 

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E poi rassicurazioni: “Caro Matteo, coma sai, FI rimane opposizione. E’ la mia volontà”. “Ma c’è una parte di FI che lavora con Roberto Gualtieri” sussurravano ieri dirigenti leghisti. Nessuno aveva il coraggio di dire che in realtà non c’era molto da dire. Si tratterà, si proverà a mettere in difficoltà il governo in Aula: “Votiamo se voi ci date in cambio qualcosa”. Ieri sera si è quindi stabilito di ingaggiare i responsabili economici dei rispettivi partiti: “Saranno loro a mettere in ordine le nostre richieste”.

 

Era così che si formava il primo embrione di federazione, la “Scuola di Chicago” del centrodestra. Ovviamente Renato Brunetta. La novità è Gilberto Pichetto Fratin per FI. Giorgia Meloni indicava Giovanbattista Fazzolari e Francesco Lollobrigida mentre Salvini tornava ai suoi riferimenti: Claudio Borghi e Alberto Bagnai. E che questo laboratorio fosse qualcosa di stupefacente e spumeggiante ieri lo sapevano un po’ tutti: “Lavoreranno fino a tarda notte. Dipende da cosa inseriranno”. Berlusconi punta sulle tasse, Salvini vorrebbe discutere di Iva e Irap. A quel punto non si voterebbe più uno scostamento ma si immaginerebbe una nuova manovra. Sintesi: si accorderanno sul documento e cercheranno un accordo con il governo. Sempre se il governo è disposto ad accordarsi. Un verticino.  

 

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