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Il retroscena

Scuola, Azzolina vuole il rientro il 9 dicembre. Il Pd frena, ma si spacca

La ministra spinge per il ritorno in classe con la dad al 50 per cento. Sponda con il premier e il Cts

Simone Canettieri

Zingaretti: "Decide la scienza". Franceschini sulla linea del rigore. Intanto i senatori della maggioranza scrivono al governo e le deputate dem fanno asse con la ministra grillina

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Mercoledì nove dicembre. E’  la data della riapertura – “graduale” – delle scuole in Italia con il 50 per cento di studenti presenti. E’ l’obiettivo della ministra Lucia Azzolina. Ovvero il “prima di Natale”, annunciato in tv dal premier Giuseppe Conte. E soprattutto lo scenario sorretto anche  ieri dal presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. In quanto “la scuola anche nelle ultime analisi fatte si conferma contribuire in maniera assolutamente marginale alla curva di trasmissione di SarsCov2”.  Con la stagione sciistica messa nel congelatore, il ritorno sui banchi alle superiori (nelle zone gialle) e alle medie (nelle zone rosse) dovrebbe essere, seppure a scaglioni, facile. Curva del contagio permettendo, ovvio. Ma non sarà uno schioccar di dita. Perché in vista del 3 dicembre, quando scadrà l’ultimo dpcm, si preannuncia battaglia.  

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Mercoledì nove dicembre. E’  la data della riapertura – “graduale” – delle scuole in Italia con il 50 per cento di studenti presenti. E’ l’obiettivo della ministra Lucia Azzolina. Ovvero il “prima di Natale”, annunciato in tv dal premier Giuseppe Conte. E soprattutto lo scenario sorretto anche  ieri dal presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. In quanto “la scuola anche nelle ultime analisi fatte si conferma contribuire in maniera assolutamente marginale alla curva di trasmissione di SarsCov2”.  Con la stagione sciistica messa nel congelatore, il ritorno sui banchi alle superiori (nelle zone gialle) e alle medie (nelle zone rosse) dovrebbe essere, seppure a scaglioni, facile. Curva del contagio permettendo, ovvio. Ma non sarà uno schioccar di dita. Perché in vista del 3 dicembre, quando scadrà l’ultimo dpcm, si preannuncia battaglia.  

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Le squadre all’interno del governo sono note: da una parte il M5s e Italia viva che spingono per le riaperture e dall’altra il Pd e il ministro Roberto Speranza che frenano. La novità di queste ore, però, è un’altra. Il Pd, a livello parlamentare, sembra non seguire la linea ultra rigorista. Come dimostra la lettera dei senatori  di maggioranza della commissione Cultura nella quale si chiede al premier di attivarsi prima di Natale. Un accorato appello: fate presto.  Una raccolta di firme – la prima è quella di Riccardo Nencini – dalla genesi complicata. Perché i senatori dem, dicono dal M5s, avevano dei dubbi. O meglio, raccontano i parlamentari grillini, dei chiari ordini dal Nazareno: “Non dobbiamo appiattirci su questa battaglia, che sarà monetizzata solo dalla ministra Azzolina”. Alla fine la missiva indirizzata a Palazzo Chigi è partita da Palazzo Madama. “Chiediamo in vista dell’imminente scadenza del dpcm di considerare la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado una assoluta priorità per il paese”. Alla Camera, però, niente  bis. “Ha bloccato tutto Franceschini”, dicono dal M5s. 


Raccontano infatti di una telefonata partita ieri mattina dal ministero dei Beni culturali alla deputata dem Flavia Piccoli Nardelli, componente della commissione cultura, scienza e istruzione di Montecitorio: non firmate. Un film già visto anche nei giorni scorsi, con una scena simile. Era pronto un comunicato stampa a firma Pd per chiedere scuole aperte, ma poi è stato stoppato all’ultimo momento con  una telefonata dal Nazareno. Leggende, guerre intestine, dinamiche impazzite? Eppure sabato scorso i dem – seppur senza tanto riscontro mediatico – hanno lanciato gli Stati generali della scuola. Un’iniziativa che, a detta degli stessi parlamentari Pd, sarebbe stata “una farsa”. Perché - come si si è sfogata una pattuglia di deputate dem - “fosse per Zingaretti e Franceschini chiuderebbero tutto, anche le scuole dell’infanzia pur di non cedere terreno politico ai grillini”.
Il segretario del Pd ripete che la decisione spetta al governo e che si decide sulla base dei dati. Dunque non delle emozioni o delle battaglie politiche: “Decide la scienza”. 

Di sicuro, un po’ di confusione nel tira e molla continuo e nel dover piantare la bandierina su questo o quel provvedimento c’è. E la scuola non ne è immune. Anzi. Anna Ascani, viceministra dell’Istruzione, pochi giorni fa proprio su questo giornale ha detto che “gli studenti ci chiedono di tornare a scuola e noi glielo dobbiamo”. Ma poi ieri mattina, dopo le parole di Conte, ha frenato: “Credo che più degli annunci servano i fatti”.

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Riferimento chiaro  al nodo dei trasporti, seguiti dalla questione dei tamponi veloci e al problema dei buchi in organico (mancano ancora i docenti titolari delle materie che dovevano arrivare a settembre ma sono rimasti  in sospeso in attesa delle nuove graduatorie). 
 

Azzolina e Conte, forti dell’avallo del Cts, puntano però dal 9 dicembre a far ritornare in classe più studenti possibili. L’idea è quella di ridurre la Dad (didattica a distanza al 50 per cento) per le superiori nelle zone gialle e di usare lo stesso schema con le medie nelle regioni più a rischio. Ma in mezzo ci sono i dubbi del Pd di governo, così come quelli dei sindacati della scuola. Fronti che si saldano. Si gioca ormai su mille tavoli. E Azzolina oggi incontrerà i sindaci delle quattordici città metropolitane (Roma, Genova, Napoli, Milano, Torino, Palermo, Bari, Catania...) per assicurarsi che non facciano scherzi quando ci sarà il nuovo dpcm. “Non è che noi riapriamo le scuole e voi dopo le richiudete?”.

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