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Il racconto

Cercando Ida, la moglie dell'ex rettore. "Il M5s non voleva Gaudio e lui ha rinunciato"

Una giornata tra i Parioli e la Tuscolana fino a Cosenza per indagare sui veri motivi del no: così un romanzo urbano diventa una faccenda politica

Simone Canettieri

Sulle tracce della signora Cavalcanti, la consorte del commissario designato che ha rifiutato l'incarico in Calabria. Parla il fratello: "Mia sorella non voleva trasferirsi a Catanzaro? Macché. Eugenio non aveva la copertura politica per una missione del genere e lo ha capito"

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“Mia sorella, Ida, è la piccolina di casa e ha la testa dura. Carattere forte. Da sempre. Ma da qui a dire che mio cognato, Eugenio, abbia rinunciato solo per lei alla nomina di commissario alla Sanità in Calabria ce ne corre. Insomma, la verità è un’altra. Usciamo dal grottesco, suvvia”.

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“Mia sorella, Ida, è la piccolina di casa e ha la testa dura. Carattere forte. Da sempre. Ma da qui a dire che mio cognato, Eugenio, abbia rinunciato solo per lei alla nomina di commissario alla Sanità in Calabria ce ne corre. Insomma, la verità è un’altra. Usciamo dal grottesco, suvvia”.

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La giornata passa alla ricerca di quella che pare essere la moglie d’Italia, Ida Cavalcanti in Gaudio, avvocato, consorte dell’ex rettore della Sapienza. Quella che “io a Catanzaro non ci vado, e dunque nemmeno tu”.

Sembra un romanzo urbano che si snoda tra la Tuscolana (dove “la moglie”  è amministratrice  di un laboratorio diagnostico  tra palazzoni sgarrupati) e i Parioli (dove “la moglie” vive con il magnifico marito). Invece è un romanzo politico. Arcitaliano, certo. 

      
“L’avvocato oggi non è venuta al lavoro, passa qui due volte a settimana, in genere. Ma è inutile cercarla: ci ha fatto sapere che non rilascia dichiarazioni”, dicono da sotto alla mascherina al laboratorio “Marcello Malpighi”. Centro convenzionato con la regione Lazio, ottimi fatturati, incastrato in uno slargo alla fine della Tuscolana. Inquadratura: zona popolare di Roma, kebab, negozio di tatuaggi e animali esotici, romani che si danno una mano, ma anche ristoranti regionali. Sirene di mille patrie. Per esempio, davanti al laboratorio, c’è un ottimo bar specializzato in dolci siciliani. Ma non calabresi, vabbè.

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Ida Cavalcanti, si pensa all’inizio, è attaccata al suo lavoro e magari anche a questo lembo di periferia. Chissà. Meglio provare a casa: Parioli, altro clima, domestiche a passeggio con i cani  e avvocati che vanno a pranzo. Le bandiere delle ambasciate. Monopattini ovunque. Anche sotto casa della famiglia Gaudio. “Sì, sono i miei vicini, la signora Ida è mite, ma molto sicura di sé”, si limita a commentare un uomo prima di entrare nella Smart. Il mito cresce e i Parioli assolati danno certezze: altro che Catanzaro, Roma è il suo regno.  

 
Allora bussiamo agli amici. Ecco chi  conosce bene la coppia:  “Ida non è una facilissima: è rigida.  L’altro giorno pare che abbia cacciato urla per 24 ore contro Eugenio, che era distrutto e alla fine ha detto no”. Ma davvero davvero il caso si chiude così in una commedia da film? Con due foto di celebri film su Instagram? 

Bisogna scendere in Calabria, a Cosenza. Dove abitano i fratelli (e la mamma novantenne) di Ida: Vittorio, Soluzzo e Paola, che da un po’ si è trasferita fuori città. Cognome nobile e da dolce stilnovo. Famiglia di magistrati, padre e nonno, da sempre “con la virtù del centro”. D’altronde anche Eugenio Gaudio è figlio di un senatore della Dc, Domenico. 

 

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Vittorio Cavalcanti, 69 anni, è il fratello più grande, è un avvocato ed è stato sindaco di Rende per il Partito socialista, corrente Mancini. Racconta al Foglio: “Ho parlato anche oggi con mio cognato e mia sorella, questa vicenda è surreale: non si tratta di una rinuncia, ma di una non accettazione”.

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In che senso? “Eugenio sapeva, ma lo ha capito  meglio subito dopo la nomina, che non aveva una copertura politica piena da parte della maggioranza di governo visto  il compito complicatissimo che lo attendeva”. Oh, lo ha detto. “I grillini, a partire da Nicola Morra, volevano Gino Strada e basta. E hanno minacciato di non votare il decreto Calabria. Il Pd, vista la matrice cattocomunista, è rimasto come sempre acquattato. E nel frattempo sono uscite le peggiori cose su Eugenio”.

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L’inchiesta. “Esatto, ma secondo lei i grillini, maggioranza in Parlamento, l’avrebbero mai fatta passare? E poi vogliamo dire che gli hanno dato del sessista per aver partecipato a un concorso di bellezza?”. Gli hanno dato anche del massone. “Appunto! Sa l’unica volta che ho visto mio cognato con un grembiule quando è stato?”. Quando? “Quando mi aiutava a preparare l’amatriciana. E poi i social li conosciamo, no?”. E sua sorella? “Magari non le andava di tornare, giusto. Magari è di Cosenza, storica rivale di Catanzaro. Magari tutto. Ma basta con il grottesco. C’è già la nostra povera Calabria”. 

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