PUBBLICITÁ

Il primo vaccino è un sistema di regole e valori condivisi

Carlo Alberto Carnevale Maffè

Come affrontare la pandemia. Oltre a Test, Trace & Treat, in Italia è venuto meno il Trust nelle istituzioni, eroso da anni di populismo

PUBBLICITÁ

Le “3T”che mancavano, in realtà, erano quattro. Oltre a “test, trace & treat”, è venuto meno, in questo paese e forse anche in altre democrazie occidentali, anche il “trust” istituzionale, quel collante culturale e pre-giuridico fatto di valori condivisi e di fiducia nel rispetto delle regole comuni che costituisce il fondamento delle comunità politiche. I paesi con una classe politica “inclusiva”, secondo la terminologia proposta da Acemoglu e Robinson nel loro libro Why Nations Fail?, costruiscono il successo nazionale sul rispetto delle regole, dei contratti economici e dei diritti individuali, contribuendo al saldo positivo del trust istituzionale; al contrario, quelli con élite politiche “estrattive” saccheggiano il patrimonio comune con promesse insostenibili e con l’arbitrio irresponsabile, minando così alle fondamenta le basi della fiducia collettiva.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Le “3T”che mancavano, in realtà, erano quattro. Oltre a “test, trace & treat”, è venuto meno, in questo paese e forse anche in altre democrazie occidentali, anche il “trust” istituzionale, quel collante culturale e pre-giuridico fatto di valori condivisi e di fiducia nel rispetto delle regole comuni che costituisce il fondamento delle comunità politiche. I paesi con una classe politica “inclusiva”, secondo la terminologia proposta da Acemoglu e Robinson nel loro libro Why Nations Fail?, costruiscono il successo nazionale sul rispetto delle regole, dei contratti economici e dei diritti individuali, contribuendo al saldo positivo del trust istituzionale; al contrario, quelli con élite politiche “estrattive” saccheggiano il patrimonio comune con promesse insostenibili e con l’arbitrio irresponsabile, minando così alle fondamenta le basi della fiducia collettiva.

PUBBLICITÁ

 

Proviamo a cercare qualche indizio sul livello di “trust” presente oggi tra i cittadini e le imprese italiane cominciando dai più recenti dati macroeconomici. A valle della prima ondata del virus, l’industria ha reagito meglio del resto dell’economia, facendo registrare un balzo trimestrale del +26,4 per cento con il quale ha più che proporzionalmente trascinato il recupero (+16,1 per cento) del pil nello stesso periodo. Una delle ragioni della resilienza del settore industriale è legata all’elevato livello di trust organizzativo oggi necessario per partecipare alle catene globali del valore, dove i processi sono formalizzati, le regole di qualità standardizzate, le certificazioni sui processi una condizione necessaria alla presenza sul mercato. Anche dopo lo shock della pandemia, infatti, per appartenere alle filiere industriali è condizione organizzativa ineludibile saper alimentare il meccanismo di scambio tra gli attori di informazioni tecniche, commerciali e di servizio, basate quasi sempre su formati standardizzati: il tutto si basa su un patrimonio di trust che nel tempo premia il rispetto delle regole ed espelle, prima o poi, i millantatori e i ciarlatani.

 

PUBBLICITÁ

Nella politica italiana di questi ultimi anni è successo il contrario: la selezione avversa innescata dal populismo ha marginalizzato chi faceva professione di fiducia nei principi liberali e ha invece premiato e promosso i cialtroni, gli spacciatori di bufale, gli incompetenti, gli abili mentitori. Nell’industria vige un circolo virtuoso: il trust favorisce la definizione di regole comuni, il rispetto delle quali rafforza il trust. Nei territori della politica italiana si è invece innescato un circolo vizioso: il già scarso livello di fiducia nelle istituzioni nazionali ed europee viene fomentato dai “vaffa”, dall’uno-vale-uno, dalle scatolette di tonno parlamentare, dalle piattaforme di voto plebiscitario manipolate da privati, dagli infami sobillatori della xenofobia; quando poi, sospinti dal voto populista, a occupare le istituzioni finiscono – grazie a una manciata di click – arrivisti senza scrupoli, incapaci conclamati e bugiardi patentati, il cerchio si chiude; il trust residuo finisce nel gorgo nero dell’opportunismo cinico, prodromo del tutt’altro che improbabile default finanziario, oltre che istituzionale. Non c’è da stupirsi se tutto questo viene chiaramente riflesso nei dati sociologici.

 

L’Italia è il paese europeo con il minore livello assoluto di fiducia nell’Unione europea: solo il 28 per cento del campione rilevato in estate dall’Eurobarometro della Commissione Ue afferma di credere nel ruolo delle istituzioni dell’Unione, facendo registrare, proprio dopo il Covid-19, un crollo del 10 per cento rispetto all’autunno scorso. Anche per senso di appartenenza all’Ue l’Italia è ultima: solo il 48 per cento dei cittadini si sente effettivamente europeo, peggio di Bulgaria e Grecia. La sfiducia, incendio che devasta le istituzioni comuni sul quale gettano benzina i sovranismi di destra e di sinistra, qui sfocia nell’ottusa ingratitudine, considerato che l’Italia non è per ora finita a un passo dalla crisi finanziaria proprio grazie all’ombrello monetario della Bce. Il paradosso autolesionista del nazionalismo si coglie nel dato, perfino peggiore di quello precedente, sul livello di fiducia nelle istituzioni italiane: secondo il rapporto Eurispes, che analizza il fenomeno da decenni, nel 2020 la quota di chi ha un atteggiamento positivo si ferma al 14,6 per cento (-6,2 per cento rispetto al 2019).

 

Altro indice di mancanza di “trust” nelle istituzioni e nella loro capacità di fornire prospettive stabili per il futuro: la propensione al risparmio delle famiglie italiane è raddoppiata rispetto allo scorso anno, con un picco di oltre il 18 per cento, e i depositi su conto corrente sono arrivati a valere quanto tutto il pil previsto nel 2020. La disastrosa performance delle istituzioni centrali italiane di fronte alla pandemia, certificata nella devastante accoppiata tra crollo del pil in doppia cifra e tasso di vittime tra i più alti al mondo, stride nel contrasto con altre nazioni democratiche che, proprio facendo leva sulla fiducia, hanno saputo ottenere risultati molto migliori del millantato “modello italiano”.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Trust istituzionale e coesione politica, pur entro un vivace dibattito civile, sono unanimemente riconosciuti come le armi più efficaci con le quali Taiwan – 24 milioni di abitanti, a un passo dalla Cina di Xi – ha combattuto efficacemente il virus. Dall’inizio dell’epidemia, sono stati rilevati solo 550 casi (quasi tutti importati) e 7 (sette!) vittime. Da oltre 200 giorni consecutivi non si registra un solo caso di trasmissione interna al paese, che quest’anno vedrà una crescita economica superiore al +1,5 per cento, dopo il record (+3,3 per cento) del terzo trimestre. Il capitale di fiducia democratica ha consentito al governo di Taipei, composto in buona parte da ministri con robusti curricula professionali (il vice premier è un epidemiologo), di ricorrere a interventi drastici e immediati per prevenire e limitare la trasmissione del virus, usando tecnologie di tracciamento e isolamento dei contagi che hanno saputo coniugare rispetto dei diritti dei cittadini con la massima efficacia epidemiologica. In una pandemia, la privacy assoluta eretta a totem dogmatico, anche in spregio alle chiare indicazioni del Gdpr in tema (il General Data Protection Regulation della Ue)), è di fatto una dichiarazione di aperta sfiducia nei confronti delle istituzioni sanitarie. Il governo italiano l’ha implicitamente giustificata, ammettendo con ciò di non meritarsi alcun trust, quando ha vietato per decreto legge il rilevamento automatico – perfino quello volontario – dei dati relativi a luogo, modalità e grafo sociale dei contagi: sono dati che per epidemiologi e scienziati costituiscono informazioni preziosissime per isolare i contagi e bloccare le catene trasmissive.

 

PUBBLICITÁ

Arrivare a impedire per legge la “data donation”, ovvero la condivisione volontaria da parte dei cittadini di informazioni a scopi scientifici e di tutela della salute pubblica, è insieme il surreale paradosso e il contrappasso giuridico di una classe politica che sulla distruzione sistematica della fiducia nella rappresentanza parlamentare e nelle regole delle democrazie liberali ha costruito le proprie miserabili fortune elettorali. Se a questo sconfortante quadro si aggiungono l’epidemia subculturale del negazionismo complottista, lo scandalo della diffusione se non addirittura della legittimazione di fake news da parte di frange del settore editoriale, nonché il cinico opportunismo politico di chi cavalca senza scrupoli il disorientamento popolare, si ottiene il perfetto brodo di coltura per il contagio sociale, oltre che biologico, che porta all’erosione del trust istituzionale. Il tutto con devastanti effetti sull’efficacia e l’efficienza degli interventi di contrasto al Covid-19, che è, ricordiamolo, una “malattia sociale” e ha per ora solo una profilassi pubblica e condivisa. Il vaccino più immediato ed efficace, disponibile in milioni di dosi e in grado di isolare e contenere l’epidemia, arriva – prima che dai laboratori di ricerca – dal sistema di regole e valori condivisi di una comunità nazionale.

 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ