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L'emergenza

Covid, Conte: "No al lockdown, il Dpcm non cambia". L'esercito a Napoli

Il premier riunisce i capi delegazione e insiste: "Rimane il metodo delle ordinanze, no all'emotività". Venerdì si decide sulla Campania

Simone Canettieri

Primi risultati delle zone arancioni e rosse. II rapporto contagiati/tamponi scende al 14.4 per cento

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Il metodo, almeno per ora, non cambia: non ci sono nuovi dpcm all’orizzonte. Il governo continuerà dunque a usare il metodo adottato finora: cabina di regia con i dati e, a seconda dell’algoritmo, partiranno le ordinanze del ministro Roberto Speranza per cambiare colore alle regioni più in crisi.

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Il metodo, almeno per ora, non cambia: non ci sono nuovi dpcm all’orizzonte. Il governo continuerà dunque a usare il metodo adottato finora: cabina di regia con i dati e, a seconda dell’algoritmo, partiranno le ordinanze del ministro Roberto Speranza per cambiare colore alle regioni più in crisi.

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E domani  nuova infornata di provvedimenti. Al termine di una riunione fiume dei capi delegazione con il premier – inframezzata anche dalla presenza dei vertici del Cts e dell’Iss  – la linea sembra non cambiare. Le pulsioni da lockdown che abitano dentro  pezzi della maggioranza, a partire dal Pd, al momento non ottengono il risultato sperato. E anche le scuole  elementari e medie rimangono aperte. Perché, come ha ribadito Silvio Brusaferro, “la fascia più a rischio per il contagio rimane quella tra i 14 e i 18 anni”. Nel corso del vertice, durato cinque ore, succedono comunque diverse cose: Conte comunica ai capi delegazione che sarà sempre Domenico Arcuri a occuparsi della distribuzione del vaccino. E poi sempre da Palazzo Chigi si decide di battere un colpo su Napoli: esercito e Protezione civile allestiranno ospedali da campo in città.

  

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E questo è il segnale di una situazione che ormai è esplosiva in Campania. Il M5s chiede con forza un intervento del governo: la regione a oggi continua a essere classificata come gialla, quindi sottoposta alle restrizioni più blande. L’ispezione dei Nas, inviati da Speranza per controllare i dati sulle reali terapie intensive a disposizione di Napoli, ha chiuso l’istruttoria. Ma la decisione sulla Campania non arriverà prima di domani, quando ci saranno i nuovi dati e le nuove ordinanze del ministero della Sanità.

 

Preoccupano Napoli e Caserta, più delle altre province. Ma l’ipotesi di procedere con zone rosse solo per le province non sembra fattibile. La regione governata da De Luca, dunque, si appresta a cambiare colore e corre verso il rosso. Nel frattempo però, è la linea di Conte, “il governo non rimane con le mani in mano: se c’è stress sulle strutture sanitarie si interviene con l’esercito e con la possibilità di nuovi Covid hotel a Napoli”.  Un’operazione che il premier  concorda con il capo della Protezione civile Borrelli che lavorerà alle falde del Vesuvio con il comando operativo interforze. Si va avanti dunque a colpi di bisturi per scongiurare a tutti i costi un altro lockdown diffuso.

 

  

Il tutto nel giorno in cui la curva epidemica inizia a mostrare primi segnali di stabilizzazione, anche se ieri l’Italia ha superato il milione di contagi totali da Covid-19 – compresi guariti e vittime – dall’inizio della pandemia lo scorso febbraio. Ieri i positivi sono stati   32.961 (contro i 35.098 di due giorni fa), in calo così come il rapporto tra positivi e tamponi effettuati.

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Primi segnali positivi, ripetono durante la riunione del governo i rappresentanti del mondo scientifico Agostino Miozzo, Silvio Brusaferro e Franco Locatelli. Dati che, tengono a specificare i tre, “vanno però presi con grande cautela perché non indicano assolutamente che il paese sia o sarà a breve fuori pericolo”.  Il numero dei decessi toccato ieri lo ricorda meglio di qualsiasi cosa: 623 in un giorno. E cioè il dato più alto della seconda ondata, che porta il totale delle vittime a 42.953.

  

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In tutto questo torpore, con il Pd che spinge con Dario Franceschini per arrivare a misure più stringenti, il M5s si sveglia dal torpore per aprire due fronti. C’è quello della Campania, appunto. Ma c’è anche la questione calabrese. Mentre Conte è a Palazzo Chigi, Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, riunisce i colleghi calabresi al Senato. Nel mirino c’è Giuseppe Zuccatelli, il neo commissario che i grillini non vogliono costi quel costi. Gli preferiscono Gino Strada e pur di toglierselo dai piedi sono pronti a usare tutte le armi a loro disposizione a partire da quella del ricatto politico. Che suona così:  se non arriverà lo stop alla nomina di Zuccatelli non voteremo il decreto Calabria quando arriverà a Palazzo Madama per la conversione. Un focolaio, certo, ma che rende bene l’idea del clima.

 

Ma il vero fuoco è la tenuta di Conte sulla linea del no al lockdown. Un ragionamento che continua a ripetere appena può con chiunque: “Non dobbiamo farci prendere dall’emotività, dalle immagini che provengono dagli ospedali, la situazione è seria, ma adesso dobbiamo rimanere lucidi e continuare con lo schema utilizzato finora”, è il ragionamento del premier.

 

Che, per la prima volta, inizia a essere se non ottimista, almeno fiducioso sulla piega presa dalla curva. E per farlo  a Palazzo Chigi snocciolano i dati del Comitato tecnico scientifico: “Siamo passati da una crescita del  cento per cento la settimana della prima metà di ottobre, ad una crescita del settanta per cento la settimana della seconda metà di ottobre, a una crescita del venticinque per cento nell’ultima settimana”. Questo significa che i provvedimenti sulle zone arancioni e rosse iniziano a dare i primi frutti. La prova in questo senso sarà tra una settimana: quando si potrà valutare, per esempio, se le zone rosse potranno diventare arancioni. Uno scenario che però al momento nessuno vede come plausibile. Dunque il metodo non cambia. Anche se il Cts con una lettera ha chiesto al governo di rivedere i 21 parametri che portano all’algoritmo che divide l’Italia in fasce d’emergenza. Un aggiustamento in corso d’opera.

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