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L'intervista

Covid, il governatore leghista Fedriga: "Conte ci ascolti, copi il modello Merkel"

Il presidente del Friuli Venezia Giulia: "La cancelleria ha coinvolto tutti. Non ho paura della zona rossa, ma dei contagi"

Simone Canettieri

E sulle contestazioni a Bergamo sotto casa di Gori, il leghista dice: "Basta personalismi, abbassiamo tutti i toni".

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Massimiliano Fedriga, voi governatori della Lega siete autonomisti a targhe alterne?

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Massimiliano Fedriga, voi governatori della Lega siete autonomisti a targhe alterne?

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“Sento fare questi ragionamenti da esponenti politici e li trovo squallidi”.

 

La Lombardia di Attilio Fontana prima ha quasi proclamato il lockdown, poi ha chiesto un intervento del governo, poi si è ribellata contro la scelta del governo.

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“E’ un problema di metodo: non si può chiudere la Lombardia con un algoritmo”. Sì, ma insomma autonomisti un giorno sì e l’altro no? “Strumentalizzare le istante dei territori, anche di centrosinistra, è squallido. Qui non si parla di competenze, ma di pandemia.  Conte copi la Merkel”, dice al Foglio il presidente del Friuli Venezia Giulia. 

 

In che senso presidente Fedriga?

“La cancelliera prima di assumere importanti decisioni ha convocato i  Länder e ha deciso e condiviso  i provvedimenti”. Più Merkel meno Conte? (Ride). “Sì, diciamo di sì”. 

 

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Torniamo in Italia, da questa situazione come se ne esce?

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“Con il buonsenso. In realtà, le regioni che richiedono misure più stringenti continuano ad attuarle. Penso alla Campania, ma anche alla Puglia.  Ma bisogna parlarci, non si può lasciare tutto a un calcolo matematico. Serve un confronto. Chiudere una regione come la Lombardia, prima per il pil nel paese, in base a un  calcolo matematico è  sbagliato: bisogna tener conto di tutto, delle ricadute sanitarie ma anche di quelle economiche e sociali”. 

 
Ma la pandemia continua a mietere vittime: ha paura che il suo Friuli Venezia Giulia finisca nella zona rossa?

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“Temo i contagi, non il colore che ci potrebbe assegnare il governo. Però penso che occorra cambiare la prospettiva”. 

 

Cioè?

“Serve una collaborazione reale con lo stato centrale. Altrimenti diventa tutta una farsa. Non si può decidere da dietro a un computer il destino di milioni di persone. Le misure più stringenti vanno bene, ci devono essere. Anzi, ben vengano dove servono. Ma prima dobbiamo parlare con il governo,  condividere le decisioni”. 

 
Lo ammetta: ce l’ha con il ministro della Salute Roberto Speranza?

“No, con lui ho un ottimo rapporto: non credo che quelle delle ultime ore siano scelte solamente del suo ministero, saranno state condivise. Qui non vogliamo  riversare  le responsabilità su Roma, ma serve equilibrio, so che è difficile, ma serve. D’altronde non ci sono verità assolute: parliamo, decidiamo insieme”.

 

Anche perché c’è una brutta aria nel paese: l’altra notte, a Bergamo, i manifestanti sono andati sotto casa del sindaco Giorgio Gori. C’erano anche bandiere della Lega.

“Non bisogna personalizzare e prendersela con le singole persone, soprattutto se si fa una battaglia legittima. Capisco che i cittadini, a volte, non capiscano alcune decisioni, ma, lo ripeto, non bisogna personalizzare. Lo dico per il caso accaduto a Gori, ma anche per i sindaci di sinistra che, a parti inverse e soprattutto nella prima ondata, hanno agitato le piazze contro i presidenti di regione. Il mio, se me ne date la possibilità, è un appello, rivolto a tutti, insomma”. 

 
Intanto, da più parti nel governo si torna a parlare di rivedere il Titolo V della Costituzione, di riportare la Sanità sotto lo stretto controllo dello stato centrale: teme questo scenario?

“Anche su questo dibattito trovo delle strumentalizzazioni politiche. Ci sono sistemi regionali che hanno funzionato, e stanno reggendo bene, forse dovremmo mettere in discussione i tagli alla Sanità, operati dai governi nazionali. E poi  i commissariamenti delle regioni sulla Sanità non hanno portato a grandi performance. La Sanità calabrese, da molti criticata, è da anni sotto gestione commissariale, per esempio. Quindi risponde al governo, non alla regione. Quindi prima di pensare di ritornare a centralizzare i servizi, lo stato dovrebbe rendersi conto dei propri limiti”. 

 
Fedriga, già parla da presidente della Conferenza stato-regioni.

“Ci sono diverse ipotesi in campo: non è una questione di persone, ma di modalità. E  questo organismo ha dimostrato che i presidenti possono tirare tutti dalla stessa parte, al di là del colore politico”. 

 

Ma Stefano Bonaccini ormai rappresenta una netta minoranza all’interno dello scacchiere: la maggioranza dei territori è in mano a voi del centrodestra.

“E’ stato proprio Bonaccini a rimettere il suo mandato e a porre una questione di rappresentanza. Vedremo. L'importante, adesso, è la nostra unità”.

 

Addio Trump, si sgonfierà anche l’onda sovranista in Italia?

“Non è questione di sovranisti, mondialisti o populisti. La vera sfida è come interpretare il rapporto con i cittadini”.

 

La Lega ha perso un grande punto di riferimento con l’uscita di scena di Trump.

“Gli Stati Uniti rimarranno un punto di riferimento dell’Italia, e non solo della Lega”.

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