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La triste anarchia delle fonti del potere

Giuliano Ferrara

Salvini che fa la faccia feroce a Fontana, Zingaretti che inscena un processo a mezza bocca a Gualtieri e Conte: non ce lo possiamo permettere. Con il ritorno del virus è l’ora del conformismo tranquillo. La lezione di Angela Merkel

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È di nuovo l’ora del conformismo tranquillo, semplice, di senso comune. Angela Merkel dà il ritmo cullando materna un discorso prepolitico, di evidenza lenta e trascinante, autorevole e sincero. Dice che siamo sorpresi, i dati si sono imbizzarriti oltre le aspettative, tutto rischia di andare fuori controllo, ogni giorno è prezioso, proviamo a salvare la scuola e quel che resta del lavoro e dell’industria e dei servizi, ma chi ha più di 65 anni deve ridurre i contatti al massimo, dentro e fuori casa, viaggiare e fare festa è sconsigliato per chiunque, molto si può fare e si fa negli ospedali e nei centri di assistenza e cura, eppure tutto alla fine è nelle mani di cittadini che siano decisi a distanziarsi per non comunicarsi l’infezione da virus, e se il confinamento della scorsa primavera era un ordine a cui obbedire, le restrizioni in parte volontarie imposte oggi da una visione ragionevole delle cose impongono di conformarsi.

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È di nuovo l’ora del conformismo tranquillo, semplice, di senso comune. Angela Merkel dà il ritmo cullando materna un discorso prepolitico, di evidenza lenta e trascinante, autorevole e sincero. Dice che siamo sorpresi, i dati si sono imbizzarriti oltre le aspettative, tutto rischia di andare fuori controllo, ogni giorno è prezioso, proviamo a salvare la scuola e quel che resta del lavoro e dell’industria e dei servizi, ma chi ha più di 65 anni deve ridurre i contatti al massimo, dentro e fuori casa, viaggiare e fare festa è sconsigliato per chiunque, molto si può fare e si fa negli ospedali e nei centri di assistenza e cura, eppure tutto alla fine è nelle mani di cittadini che siano decisi a distanziarsi per non comunicarsi l’infezione da virus, e se il confinamento della scorsa primavera era un ordine a cui obbedire, le restrizioni in parte volontarie imposte oggi da una visione ragionevole delle cose impongono di conformarsi.

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Se questa è la realtà sembra un mattocchio, un deplorable fra tanti, il senatore Salvini che fa la faccia feroce al presidente della giunta lombarda. Con quei dati, il presidente concorda con il ministro della Salute misure di chiusura notturna della grande città metropolitana, è ridicolo che un capopartito lo convochi per chiedergliene conto. E non si capisce francamente dove trovi l’energia l’esausto, fortunato, talvolta modestamente ingegnoso e sempre sottotonico Zingaretti per inscenare un processo a mezza bocca a Gualtieri e Conte, con il dibattimento affidato a parlamentari che non sono ancora in grado di convenire sul lavoro a distanza, un processo su questioni magari di somma importanza che non devono però essere ridotte ad affari di partito e di delegazione nell’esecutivo.

 

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Le regioni devono collaborare con lo stato e le altre autorità in un clima di emergenza e di coesione istituzionale, non possono delegare ai partiti di origine dei presidenti la supervisione sulle decisioni collegiali che riguardano l’insieme dei cittadini. Il potere cambia, spesso con repentina radicalità, e ci accorgiamo del fatto che assemblee e giunte regionali e presidenti non sono un’articolazione amministrativa decentrata ma la fonte normativa e prescrittiva di nuovi obblighi di stato validi per tutti, un discorso che in altri termini vale anche per i sindaci, ma se il potere appunto cambia deve cambiare anche il vizietto, troppo ordinario e ormai banale, dei pieni poteri.

 

Ci manca solo il gioco a dama in cui le regioni, con i poteri che nel concreto si sono costruite nella pandemia, fungano da pedine, chi al nord chi al sud, chi con il centrosinistra chi con il centrodestra. Ma scherziamo? Abbiamo nostalgia di un ordinamento fondato su Parlamento e partiti politici, d’accordo, ma questo non implica nuova chiacchiera su verifica e rimpasto al di fuori dei canoni istituzionali e delle procedure riservate di dialogo nella classe dirigente. Insomma, siamo vivi e però non dobbiamo incasinarci. Le regole del confinamento volontario in corso di emanazione e di pratica, di fronte alla divinità Esponenziale, valgono anche per la messa in scena della politica.

 

Non si può passare da una primavera di combattimento fondata su certezze anche troppo ingombranti a un autunno e a un inverno di triste anarchia delle fonti del potere. Non ce lo possiamo permettere. Come non ci possiamo permettere atteggiamenti superciliosi, sussiego, superficialità nella valutazione delle cose che si cerca di fare, come si dice, top down. Su certe furbate l’impostore che occupa la Casa Bianca si è beccato bei ceffoni e rischia con ogni probabilità il calcio in culo definitivo il 3 novembre. Anche rispettabili figure sonnolente e obliterate dal tempo sono in grado di rimpiazzare chi è troppo vivace nello scaricabarile, troppo incline a far fessi i cittadini con comportamenti ondeggianti e demagogici.

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