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L'intervista

Sorpresa, c'è un imprenditore che difende Chiara Appendino

Marco Boglione, patron di Robe di Kappa, al Foglio spiega perché la sindaca di Torino "ha fatto bene"

David Allegranti

"Appendino è stata un sindaco assolutamente rassicurante dal punto di vista estetico e sociale ma rivoluzionario nei contenuti", dice al Foglio

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Roma. Sorpresa, a Torino c’è un imprenditore che difende l’operato di Chiara Appendino. Si chiama Marco Boglione, patron di Robe di Kappa fra le altre cose.

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Roma. Sorpresa, a Torino c’è un imprenditore che difende l’operato di Chiara Appendino. Si chiama Marco Boglione, patron di Robe di Kappa fra le altre cose.

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Con l’addio di Appendino alle scene torinesi, la città è a una svolta?

“Se Torino fosse a una svolta, wow, sarebbe fantastico. È nelle svolte e con le svolte che si va avanti evidentemente. Ma intanto bisogna partire dal contesto. Se la vediamo da un certo punto di vista, è da 20 anni che Torino viaggia con il piede giù sull’acceleratore andando in contro sterzo. Non è mai stata ferma. Ma il contesto, italiano ed europeo, è importante, ed è quello che è. Dunque non si può parlare di Torino – una città che tiene il bastione come tante altre – e di che cos’è, se non si parla prima di dove è. Comunque, in questi anni in Italia c’è stato un enorme cambiamento politico. Mi riferisco ai Cinque stelle, che con il governo Conte hanno espresso sicuramente dei cambiamenti, così come lo hanno fatto anche a Torino”.

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Quindi il giudizio su Chiara Appendino è positivo?

“Appendino è stata un sindaco assolutamente rassicurante dal punto di vista estetico e sociale ma rivoluzionario nei contenuti. Che cos’altro poteva fare? Si è pure beccata il Covid… La vera priorità di Torino è l’economia che non riparte, ma su quello non c’entra il sindaco. Non è il sindaco che deve occuparsi dell’economia. Ci sono altre istituzioni, come la Regione, le Camere di Commercio, l’Unione degli Industriali. Al sindaco spetta la sana amministrazione della macchina della città, a cominciare dai conti e dalla finanza. E se uno guarda il bilancio, che ancora non è uno spettacolo, da quel punto di vista l’amministrazione non ha fatto male. Perché ha messo sotto controllo i costi, ha ridotto la spesa pubblica”.

 

Torino dunque funziona, secondo lei?

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“La città è stata amministrata ed è vivibilissima in questo momento. Non siamo andati indietro. Per me il sindaco è un prefetto locale. Io lo vedo così. Non è l’amministratore delegato di un’azienda che decide le strategie. È responsabile del bilancio, fra le altre cose. Torino, per la situazione in cui è, non ha assolutamente di che preoccuparsi. Non stiamo precipitando nel baratro, ora dobbiamo stare belli concentrati a non sbagliare le curve, tenendo bene giù il piede sull’acceleratore. Poi un giorno ci ritroveremo in autostrada tutti insieme”.

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Ma la città non ha perso eventi culturali? Non ha perso occasioni? La giunta ha perso pezzi, la maggioranza pure. Alcune persone scelte da Appendino sono state costrette a dimettersi, come Paolo Giordana e Luca Pasquaretta.

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“E allora? È ordinaria amministrazione. I Comuni sono macchine complicatissime e come nelle aziende nelle maggioranze politiche ci sono gli azionisti. Insomma, le cose che mi dice non mi sorprendono. Non c’è stata alcuna sbavatura. Ci sono dei procedimenti penali in corso nei confronti di Appendino, adesso aspettiamo la magistratura. Sono stati fatti sicuramente degli sbagli, io però non la vedo così negativa. Poi adesso è tutto molto complicato e reso complicatissimo dal Covid. E la questione non riguarda solo Torino. Tutto il mondo è più indietro rispetto a due anni fa. E noi siamo pure più avanti degli altri”.

 

Allontanandoci per un momento da Torino, che ne pensa del dibattito sull’utilizzo delle risorse europee per la crisi? Come vanno usate?

“Sicuramente c’è bisogno di risorse. Ma, e parlo da imprenditore, le risorse sono una condizione necessaria ma non sufficiente. Dobbiamo funzionare meglio. Non serve mettere altri soldi su una macchina che non è efficiente, non è veloce, non è flessibile e non comunica a tutti dove vuole andare. Penso che l’Europa voglia questo segnale dall’Italia. Quando c’è il progetto, il problema dei soldi non esiste mai. Neanche per le aziende. Tutta la massa finanziaria mondiale, che è quella che governa il mondo, vuole solo investire in cose che funzionano. E che cosa c’è di meglio dei grandi paesi dotati di cultura, che potrebbero innescare dei percorsi virtuosi di crescita economica. Avrebbero tutte le risorse per farlo. L’Italia è piena di risorse, per farla funzionare bene bisogna essere tutti d’accordo su dove dirigerla”.

 

Ma a lei il reddito di cittadinanza piace?

“Come imprenditore, no. Come cittadino forse anche sì. Il reddito di cittadinanza è la cassa integrazione dei cittadini. Il problema è che siccome la macchina funziona malissimo, e non è né di destra né di sinistra. Anche in Germania ci sono tutele simili. Vede, i politici dovrebbero mettersi d’accordo e fare prima il trailer del film, spiegando ai cittadini che cosa vogliono fare, chiedendo a tutti di darsi una mano”.

 

Giuseppe Conte lo sta facendo?

“Anche lui si è barcamenato, ha fatto quello che ha potuto, è lì per caso, non lo vedo però come un visionario che immagina i prossimi 30 anni e ottiene il consenso del 50 per cento alle elezioni. Certo, è stato bravissimo anche lui. Tutti a dire adesso ‘ha sbagliato questo, ha sbagliato quest’altro’, ma tutti sbagliamo. Non lo invidio neanche per un minuto. Il governo è una cosa complicatissima. Una giunta comunale moltiplicata per 1500. Tante cose le avrei fatte in maniera diversa, ma anche lì massimo rispetto. Non abbiamo bisogno di guardare nello specchietto retrovisore. Dobbiamo guardare avanti. Per fare questo però serve una visione dei prossimi 20-30 anni che ancora manca”.

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