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Il reportage

Latina caput mundi: qui la prima stretta anti Covid. "C'è la crisi, ma regge la sanità"

Viaggio nella città diventata esperimento per rallentare il contagio. Silenzio nella via della movida dove rimangono solo le luminarie di Calcutta

Gianluca De Rosa

La provincia pontina è stata la prima, l'8 ottobre, ad attuare un’ordinanza regionale molto stringente, allentata però con l'ultimo Dpcm

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C’è un posto in Italia dove il Dpcm firmato dal presidente Conte alcuni giorni fa ha avuto un effetto paradossale: allentare le regole anti-Covid. Nella provincia di Latina dallo scorso 8 ottobre era in vigore un’ordinanza regionale molto stringente, tanto da diventare subito un modello. 

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C’è un posto in Italia dove il Dpcm firmato dal presidente Conte alcuni giorni fa ha avuto un effetto paradossale: allentare le regole anti-Covid. Nella provincia di Latina dallo scorso 8 ottobre era in vigore un’ordinanza regionale molto stringente, tanto da diventare subito un modello. 

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“Il minilockdown di Latina”, titolavano i giornali. In pochi giorni, complici il focolaio del comizio di Salvini a Terracina e un altro all’interno di una clinica di Aprilia, si era passati da un aumento giornaliero medio di 20 casi a 50, un balzo di oltre il 150 per cento.

L’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, allora, si era deciso a trasformare la provincia in zona rossa. Lockdown nell’agro pontino, un ritorno improvviso e circoscritto ad alcuni mesi fa.

Poi, grazie alla mediazione dei sindaci e alle pressioni delle associazioni di categoria, si era optato per una versione più soft: mascherine anche all’aperto, chiusura dei locali a mezzanotte (D’Amato avrebbe preferito le 22), alle nove stop alla somministrazione di bevande a chi non è seduto, ai tavoli di bar e ristoranti massimo quattro persone, a banchetti e matrimoni non oltre 20.

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Molte di queste regole, alcuni giorni dopo, sono diventate il canovaccio del Dpcm del governo.

 

Così l’Italia si è adeguata a Latina. Anzi, qui, come dicevamo, il provvedimento governativo ha allentato le maglie dell’ordinanza regionale. Per il prefetto del capoluogo pontino, Maurizio Falco, il Dpcm, posteriore all’ordinanza, lo emenda: stop dunque alla regola del massimo di quattro persone al tavolo e al resto delle misure più restrittive. Tutto come nel resto d’Italia.

Seduto alla sua scrivania, Damiano Coletta, cardiologo, e sindaco eletto con Italia in Comune (il movimento di Federico Pizzarotti) nella città che Benito Mussolini edificò con il nome di Littoria come simbolo potente della bonifica dell’agro pontino, spiega al Foglio: “Qui il problema è stato la gestione degli asintomatici. Quando i casi si sono all’improvviso più che raddoppiati, ancora prima dell’ordinanza regionale, abbiamo introdotto l’obbligo delle mascherine anche all’aperto”, racconta.

“Alla Regione abbiamo anche chiesto l’installazione di altri due drive-in per i tamponi, in questo modo stiamo riuscendo a fare uno screening di massa, ma siamo ancora molto preoccupati”.

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Sotto i portici squadrati e il grande orologio della torre civica razionalista che ospita il municipio, seduti sui gradini, intanto, un gruppo di ragazzini, ordinariamente se non per le mascherine sul volto, gioca con le carte Magic, mentre due giovanissimi si riprendono ballando per Tik Tok, altri due li guardano divertiti fumando e ascoltando musica. “Mangio la pizza e sono il solo sveglio… in tutta la città…”, strilla la cassa poggiata sul gradino. Canta Calcutta, anti pop star che a Latina è nato e cresciuto e che adesso, ancora trentenne è onorato come Lucio Dalla a Bologna, con un’intera via addobbata con luminarie che recitano il testo di una sua canzone. È quella che a Latina chiamano la “via dei pub”, il centro della movida convenzionale, una “elle” un po’ storta, dove in 700 metri, tra via Neghelli e largo Ascianghi ci sono oltre 20 locali. E qui nonostante l’interpretazione prefettizia, si continuano a far sedere, tutte all’esterno, al massimo quattro persone per tavolo, numeri lontanissimi dalla normalità, sovrapposizione di regole a parte.

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“Il venerdì e il sabato sera prima delle nuove regole lavoravamo con 6-7mila persone che adesso non possiamo più accogliere. Inoltre, i nostri clienti sono tutti ragazzi giovani che venivano a divertirsi tra le 23 e le 2 di notte, ora che chiudiamo a mezzanotte non abbiamo più incassi, non sopravviveremo a lungo”, dice Antonio Avella, 37 anni, gestore di uno dei locali della strada. Mentre parla lo interrompe Michele, un amico, rappresentante di commercio per la Martini: “Purtroppo a Latina non si fa più un euro”, conferma. “Ormai io lavoro solo su Frosinone, qui i focolai di agosto sul litorale e il casino di adesso hanno fiaccato tutto”.

Tutti e due sono convinti che non sia solo il Covid a rovinare gli affari, ma anche la mentalità del luogo, non propriamente accomodante e propositiva. “Qui la gente è diffidente per natura”, spiega Avella che con la moglie si occupa anche dell’organizzazione dell’International circus festival di Latina. “In quattro serate ospitiamo i migliori circensi del mondo – racconta – c’è il corpo di ballo del Cirque du Soleil, ogni anno vendiamo circa 11mila biglietti a persone provenienti da tutto il globo, ma a Latina non riusciamo a staccare oltre 200 ticket. C’è questa mentalità molto anni 80 per cui i circensi so’ zingari e ladri maledetti, non c’è modo di estirparla”.

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Per non perdere alcune convenzioni pubbliche Avella ha organizzato l’evento anche quest’anno. “I Vigili del fuoco hanno ridotto la platea da 1.400 a 80 posti a serata, ma comunque senza stranieri a Latina non siamo riusciti a vendere più di 27 biglietti”.

Una diffidenza che si fa rancore e disprezzo per i concittadini di successo. Tiziano Ferro, anche lui nato e cresciuto a Latina, recentemente ha acquistato una casa in pieno centro ed è tornato qui alcuni giorni con il compagno. “Tutti a dire che è un poveretto che non se lo fila nessuno, non si capisce perché, lui ha persino dedicato una canzone a questa città”, dice Avella. 

Rancorosi o meno, comunque, i cittadini di Latina saranno i primi a vedere se le misure anticovid hanno funzionato. “Per adesso – dice Giorgio Casati, direttore dell’Asl del capoluogo pontino – non possiamo ancora dirlo, ma in questo momento il sistema sanitario della provincia regge. Abbiamo 2 persone in terapia intensiva su 6 posti, e l’ospedale Goretti è già stato ospedale Covid siamo pronti anche a un peggioramento, ma speriamo non accada”.

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