PUBBLICITÁ

Viva la destra che esce dal suo lockdown

Il governo giallorosso ha creato le condizioni non solo per schiacciare il grillismo ma anche per rendere il modello della leadership salviniana incompatibile con la realtà. Indagine su una svolta non impossibile, che non passa però dalla teoria Pera

Claudio Cerasa

Per quanto possa essere strumentale, la svolta esiste, è sul tavolo, è visibile, è presente, è un fatto ed è un’altra buona ragione per ringraziare chi un anno  fa, da Matteo Renzi a Nicola Zingaretti, fece di tutto per far nascere un governo che non ha avuto solo il merito di rendere il grillismo meno offensivo di un tempo. Ma ha avuto anche l’effetto di rendere il salvinismo sempre più incompatibile con la realtà.

PUBBLICITÁ

Quando i numeri della pandemia tornano a essere purtroppo le uniche notizie che contano, provare a parlare di qualsiasi altra notizia che non riguardi la progressione dei contagi, l’affollamento delle terapie intensive e l’aumento del numero dei morti diventa complicato e la tentazione di chiudere gli occhi su tutto il resto è comprensibile ed è persino naturale. Chiudere gli occhi su tutto il resto sarebbe però oggi uno sbaglio colossale e ci impedirebbe per esempio di mettere in rilievo tutte quelle notizie capaci di ricordare una verità incoraggiante che ha a che fare con le differenze di fondo tra la prima e la seconda ondata pandemica. E le differenze di fondo non hanno a che fare solo con la presenza di un sistema sanitario meno impreparato ad affrontare il virus rispetto a sei mesi fa. Ma hanno a che fare anche con la presenza sulla scena politica di alcune geometrie interessanti che riguardano il fronte uscito forse maggiormente trasformato da questo anno di pandemia: il centrodestra.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Quando i numeri della pandemia tornano a essere purtroppo le uniche notizie che contano, provare a parlare di qualsiasi altra notizia che non riguardi la progressione dei contagi, l’affollamento delle terapie intensive e l’aumento del numero dei morti diventa complicato e la tentazione di chiudere gli occhi su tutto il resto è comprensibile ed è persino naturale. Chiudere gli occhi su tutto il resto sarebbe però oggi uno sbaglio colossale e ci impedirebbe per esempio di mettere in rilievo tutte quelle notizie capaci di ricordare una verità incoraggiante che ha a che fare con le differenze di fondo tra la prima e la seconda ondata pandemica. E le differenze di fondo non hanno a che fare solo con la presenza di un sistema sanitario meno impreparato ad affrontare il virus rispetto a sei mesi fa. Ma hanno a che fare anche con la presenza sulla scena politica di alcune geometrie interessanti che riguardano il fronte uscito forse maggiormente trasformato da questo anno di pandemia: il centrodestra.

PUBBLICITÁ

 

Possono sembrare solo piccoli dettagli, ma negli ultimi giorni il centrodestra ha disseminato sul terreno alcuni indizi utili a individuare quello che fino a un anno fa sarebbe stato impensabile: la volontà da parte della coalizione guidata da Matteo Salvini di superare, anche per volontà dello stesso Salvini, la truce stagione del salvinismo. Nasce così, per allargare il perimetro del centrodestra, l’idea di scommettere alle prossime comunali su volti non riconducibili a nessuno dei leader dei partiti di centrodestra – anche se immaginare una svolta moderata candidando Massimo Giletti a Roma è come iniziare un percorso di disintossicazione dall’alcol promettendo di iniziare a bere solo vodka liscia. Nasce così, per allargare il network europeo del centrodestra, l’idea di Salvini di lasciare organizzare a Giancarlo Giorgetti un tour nelle capitali europee per provare a far dialogare la Lega con la famiglia dei partiti più vicini ai popolari della Merkel – l’idea di Giorgetti non è quella di portare la Lega nel Ppe, sa che è dura, ma è provare a valutare se nel gennaio del 2022, quando il presidente del Parlamento europeo toccherà al Ppe, ci saranno i presupposti o meno per far convergere su quel nome i voti degli europarlamentari leghisti. Nasce così, infine, l’idea di offrire un’inattesa sponda non solo sul tema dello scostamento di Bilancio – il centrodestra ha scelto di astenersi anche qui mentre ha deciso di votare contro la nota di aggiornamento al Def – ma anche sul tema del Recovery fund – il centrodestra si è astenuto sulla risoluzione della maggioranza sulle linee programmatiche del Recovery fund e per motivare questa scelta sorprendente Salvini è arrivato a dire che “l’Europa sta cambiando nella direzione che volevamo noi, la Banca centrale europea, con anni di ritardo, sta facendo finalmente quello che chiedevamo noi” che “il Recovery fund è completamente diverso dalla logica del Mes” (qui Salvini ha ragione ma non per il motivo che crede lui, perché la linea di credito del Recovery presenta condizionalità infinitamente più vincolanti rispetto a quelle Mes).

 

PUBBLICITÁ

Due giorni fa, per spiegare il tentativo di svolta della Lega, Giancarlo Giorgetti si è spinto fino a dire che “in un mondo che cambia cambiamo pure noi” e ha messo nero su bianco quello che un anno fa sarebbe stato impensabile immaginare, ovverosia che nella Lega “c’è una sensibilità ambientale che prima non c’era, perché noi eravamo per uscire dall’euro ma, ora che siamo dentro, uscire è complicato: dobbiamo fare gli interessi nazionali in Europa”. Il tempo ci dirà se la svolta della Lega è dettata da un tentativo sincero di mutazione genetica (ma si può essere europeisti con un alleato in Europa di nome AfD e con un senatore no euro alla guida del dipartimento economico?) o se è invece  solo  una scelta dettata da una fredda indicazione offerta dall’algoritmo del consenso (i serbatoi del nazionalismo si sono svuotati, l’immigrazione non fa più presa e come da vecchio aforisma di Vujadin Boskov squadra che non vince di solito si cambia). Ma per quanto possa essere strumentale, la svolta esiste, è sul tavolo, è visibile, è presente, è un fatto ed è un’altra buona ragione per ringraziare chi un anno  fa, da Matteo Renzi a Nicola Zingaretti, fece di tutto per far nascere un governo che non ha avuto solo il merito di rendere il grillismo meno offensivo di un tempo. Ma ha avuto anche l’effetto di rendere il salvinismo sempre più incompatibile con la realtà. Al punto da costringere tutto il centrodestra a porsela sottovoce una domanda che forse oggi il solo a non porsi tra gli intellettuali veri di destra è il nostro amico Marcello Pera ancora convinto che Matteo Salvini possa essere l’erede naturale del Cav. E la domanda che tutto il centrodestra, escluso Pera, si pone oggi in fondo è questa: in un mondo che muta, il centrodestra può permettersi di cambiare senza pensare di sostituire chi incarna la sua leadership? Tic tac tic tac.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ