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L'emergenza

Passato il Dpcm, rimane il caos trasporti. E Azzolina se la prende con De Micheli

La titolare dell'Istruzione definisce “irresponsabili le regioni che non devono scaricare le loro colpe su studenti e insegnanti” però ce l’ha anche con con la collega dei trasporti

Simone Canettieri

La situazione è “critica”, ha ammesso Conte a proposito delle immagini che rimbalzano da Roma e da Milano: metro affollati, tram con i passeggeri stipati, studenti appiccicati sugli autobus.  

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“Se la smentisco io sembra un attacco alla De Micheli, se la smentisci tu, presidente, è la voce del governo”.  Lunedì notte, dalla Conferenza delle regioni esce fuori la proposta di procedere con la didattica a distanza per gli studenti delle superiori.

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“Se la smentisco io sembra un attacco alla De Micheli, se la smentisci tu, presidente, è la voce del governo”.  Lunedì notte, dalla Conferenza delle regioni esce fuori la proposta di procedere con la didattica a distanza per gli studenti delle superiori.

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La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina è furiosa: “E’ un’idea folle”. E così telefona al premier Conte per capire come evitare il caso. Alla fine sarà Palazzo Chigi a sgomberare il campo: tutti a scuola. Ma il problema rimane: i trasporti, soprattutto nelle grandi città, rischiano di essere un veicolo per il contagio del virus. 

La situazione è “critica”, ha ammesso Conte a proposito delle immagini che rimbalzano da Roma e da Milano: metro affollati, tram con i passeggeri stipati, studenti appiccicati sugli autobus.  Azzolina definisce “irresponsabili le regioni che non devono scaricare le loro colpe su studenti e insegnanti” però ce l’ha anche con con la collega dei trasporti De Micheli: “La differenziazione degli orari è già prevista. È scritta nero su bianco nelle linee guida approvate a giugno e firmate dalle regioni stesse”. 

  
Dal ministero dei Trasporti, invece, si difendono così: “Scopriamo ora questo problema, finora non ci erano arrivate segnalazioni dalle regioni”.  Surreale. Tutto surreale.

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Forse fuori tempo massimo, oggi la ministra dei Trasporti Paola De Micheli vede le associazioni che rappresentano le aziende del trasporto pubblico locale e i rappresentanti di regioni (Stefano Bonaccini) e comuni (Antonio De Caro) per monitorare gli ultimi dati disponibili sui flussi di passeggeri e ipotizzare i primi interventi. 

Il governo però potrebbe intervenire ben prima della scadenza del Dpcm fissata al 13 novembre per adottare una serie di misure che consentano di alleggerire la pressione sui mezzi pubblici, come proposto più volte dagli esperti del Cts: controlli su bus e metropolitane, orari di ingresso e uscita scaglionati per uffici e scuole superiori, apertura delle Ztl, ulteriore potenziamento dello smart working.  
Ma sulla scuola si è consumata anche un’altra tensione, tutta interna al Pd. In conferenza stato-regioni la proposta della didattica a distanza è stata annunciata da Stefano Bonaccini, su spinta dei governatori di centrodestra Luca Zaia e Giovanni Toti. Ma questa idea ha trovato però il muro di Nicola Zingaretti, in versione governatore del Lazio,   inflessibile sull’argomento. Uno scontro nello scontro solo rinviato, forse. Perché prima o poi, se i dati saranno confermati, si dovrà arrivare a una decisione. Magari lasciando alle varie regioni e ai singoli comuni il modo di organizzare trasporti e lezioni.

 

Ma anche su questo punto la confusione c’è, e pure tanta. Negli allegati al Dpcm viene confermata una capienza massima per il Tpl “non superiore all’80 per cento” che però, fanno notare dal Cts, in molti casi si è già tradotta nel 100 per cento. Ecco perché gli scienziati avevano chiesto che si tornasse a un’occupazione del 50 per cento, una percentuale che, secondo l’Associazione delle aziende del Tpl (Asstra), lascerebbe però a piedi circa 275mila persone al giorno.

 

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All’ombra di questa battaglia, c’è anche la contestata vicenda delle feste in casa proibite e delle cene con non più di sei persone nelle abitazioni private. Un allarme lanciato in tv da Roberto Speranza, titolare della Salute, pronto a ricorrere alle maniere forti (le famose segnalazioni-delazioni) pur di impedire questi appuntamenti. Alla fine tutto si è tramutato in una “raccomandazione”, categoria giuridica un po’ vaga, che ha comunque visto perdente Speranza. Dal ministero della Salute si sfogano così: “Il 75 per cento dei contagi proviene dalla cosiddetta filiera corta. Noi l’avevamo detto, si è deciso di procedere in un altro modo. Non vorremo un domani trovarci a essere stati facili profeti”.

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