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Prudenza, non paura

Virus, paura e burocrazia: occhio all’ondata di ritorno dei cretinismi

Claudio Cerasa

Contro le campagne no mask. Contro gli appelli alle delazioni. La responsabilità  di cui ha bisogno l’Italia oggi è più quella dello stato che dei  suoi cittadini. Che cosa manca al governo per poter dire, nella nuova fase pandemica, “whatever it takes” 

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Hendrik Streeck è uno dei virologi più famosi di Germania e qualche giorno fa ha offerto una buona fotografia per inquadrare la fase della pandemia che sta vivendo il suo paese: “La verità è che 20 mila infezioni al giorno possono suonare come un’apocalisse ma in realtà questi numeri non devono farci paura perché un decorso lieve o senza sintomi non dà un grosso contributo allo sviluppo delle infezioni. E per questo, quello che dobbiamo fare è vivere con intelligenza e attenzione nella nuova normalità, facendo in modo che ogni paziente possa trovare le cure adeguate negli ospedali e ricordandoci che con questo virus dovremo comunque imparare a conviverci”.

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Hendrik Streeck è uno dei virologi più famosi di Germania e qualche giorno fa ha offerto una buona fotografia per inquadrare la fase della pandemia che sta vivendo il suo paese: “La verità è che 20 mila infezioni al giorno possono suonare come un’apocalisse ma in realtà questi numeri non devono farci paura perché un decorso lieve o senza sintomi non dà un grosso contributo allo sviluppo delle infezioni. E per questo, quello che dobbiamo fare è vivere con intelligenza e attenzione nella nuova normalità, facendo in modo che ogni paziente possa trovare le cure adeguate negli ospedali e ricordandoci che con questo virus dovremo comunque imparare a conviverci”.

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Le parole di Hendrik Streeck arrivano da un paese come la Germania il cui decorso pandemico appare grosso modo simile a quello italiano e sono utili da ascoltare perché ci permettono di ragionare su quella che è a suo modo una piccola emergenza: l’ondata di ritorno del cretinismo sanitario.

 

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Il cretinismo sanitario è diffuso ed è trasversale e riguarda due categorie di soggetti politici. Il primo soggetto corrisponde al profilo del politico che dopo aver sostenuto per molto tempo che non vi era alcuna emergenza sanitaria tale da giustificare misure di emergenza oggi rimprovera chi si trova al governo di non essersi fatto trovare pronto di fronte alla nuova emergenza (e ovviamente lo fa subito dopo aver invitato il paese a ribellarsi all’uso delle mascherine per strada). Il secondo soggetto corrisponde invece al profilo del politico che, dopo aver avallato giustamente il rinnovo dello stato d’emergenza, continua a dare l’impressione di voler considerare come un’emergenza prioritaria più la guerra contro la presunta indisciplina degli italiani che la guerra contro l’effettiva indisciplina della politica.

 

Il secondo soggetto, oggi, è quello più interessante da mettere a fuoco perché volontariamente o involontariamente rischia di essere veicolo di molte forme di cretinismo. E’ una forma di cretinismo voler vietare le feste in casa (l’articolo 14 della Costituzione, il domicilio è inviolabile, dovrebbe ricordare che ci sono cose che si può suggerire di evitare senza chiedere di vietare), è una forma di cretinismo pensare che per proteggersi dal virus sia necessario alimentare la politica della delazione (e a volte le cretinate possono arrivare anche dalla bocca di ministri quasi impeccabili come Roberto Speranza), è una forma di cretinismo colpevolizzare la movida dei giovani (se ci sono norme che non vengono rispettate le si facessero rispettare), così come è purtroppo una forma di cretinismo non rendersi conto che il problema degli italiani oggi non è l'idea di vedersi ristretto il perimetro delle proprie libertà ma è quello di non registrare a fronte di una propria disciplina una simmetrica disciplina dello stato.

 

E qui andiamo al cuore di un problema nel problema, che ha a che fare con quello che potremmo volgarmente definire il rischio di pandemia burocratica. Abbiamo registrato che gli italiani sono pronti a rispettare le regole (nella giornata dell’11 ottobre, 54.786 italiani controllati e appena 234 persone sanzionate). Abbiamo registrato che le scuole italiane stanno tutto sommato reggendo (secondo l’ultimo monitoraggio dei Miur, gli studenti contagiati rispetto al totale sono stati lo 0,021). Abbiamo registrato che i fenomeni di negazionismo esistono più nei talk-show che nelle piazze (chiedere a Pappalardo). Abbiamo registrato che gli italiani sembrano essere diventati meno diffidenti anche rispetto a Immuni (due milioni di download nelle ultime due settimane, contro i quattro milioni di download da giugno a settembre). Abbiamo registrato che al momento il numero di contagi quotidiani dell’Italia continua a essere inferiore rispetto a quello del resto d’Europa (mezzo continente vorrebbe avere ora i problemi che ha il nostro paese). Ma più passa il tempo e più ci si rende conto che accanto alla paura del virus sta emergendo una paura simmetrica che è quella relativa alla paura della quarantena burocratica. E le domande che molti di voi si saranno certamente sentiti porre in questi giorni da un qualsiasi conoscente alle prese con la burocrazia da Covid – come fare un tampone in fretta, come evitare di finire in un assembramento per fare un test, quando sarà possibile fare i test dal pediatra, quanto ci vuole per rafforzare il monitoraggio in casa, quanto occorre aspettare ancora per avere un vaccino anti influenzale, perché l’Italia continua a fare meno tamponi rispetto a quelli che fanno Germania, Francia e Inghilterra – sono domande a cui il governo dovrà rispondere non limitandosi a elencare le molte cose positive fatte in questi mesi sul fronte sanitario ma ricordandosi che mai come oggi la responsabilità di cui ha bisogno l’Italia è più quella dello stato che dei suoi cittadini. E prima di chiedere ai cittadini di fare tutto ciò che è necessario fare per proteggersi dal virus occorrerebbe chiedersi se arrivati a questo punto della pandemia il governo guardandosi allo specchio possa dire di aver messo davvero in campo sul fronte sanitario il suo whatever it takes. 

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